Irama, il significato delle canzoni di “Antologia della vita e della morte”

Irama

Nuova musica per Irama che, a partire da venerdì 17 ottobre, ha reso disponibile il suo nuovo album “Antologia della vita e della morte”: scopriamo insieme il significato delle canzoni

È disponibile per Warner Music Italia “Antologia della vita e della morte”, il nuovo album di Irama. Artista tra i più amati e riconoscibili della scena musicale italiana, capace di spaziare tra mondi e generi diversi, il cantautore lombardo ha collezionato 53 dischi di Platino, 5 dischi d’Oro e oltre 2,5 miliardi di stream.

Dopo due anni di straordinari successi live, il nuovo progetto di Irama segna un ritorno profondo e necessario: un viaggio dentro se stesso, alla ricerca del senso delle cose, della memoria, del tempo che passa e si trasforma. L’album nasce da un periodo di isolamento creativo, da una chiusura voluta, quasi ascetica, in cui Irama ha cercato il silenzio per ritrovare la voce.

“Antologia della vita e della morte” racconta proprio questo: il ritorno all’intimità, alla casa come luogo fisico e simbolico, rifugio e teatro di fantasmi, di affetti e di ricordi. Ognuno dei 14 brani è una stanza che si apre e mostra un frammento diverso di vita, dove convivono fragilità e forza, desiderio e perdita, ombra e luce. È un’opera che esplora la linea sottile che separa la vita dalla morte, l’amore dal dolore, e che trasforma la vulnerabilità in materia viva, in poesia. 

Nel disco, Irama ha voluto al suo fianco alcune delle voci più rappresentative della musica italiana: Achille Lauro in “Arizona“, un duetto che fonde desiderio e istinto; Giorgia in “Buio“, dove l’amore e il dolore si confondono fino a diventare canto; ed Elodie in “Ex” (qui la nostra recensione), brano già ai vertici delle classifiche radiofoniche, un confronto acceso tra orgoglio e attrazione. Tra le collaborazioni del progetto anche quella con il produttore e arrangiatore Davide Rossi, noto per i suoi lavori con artisti internazionali del calibro di Coldplay e Duran Duran, che firma “Mi mancherai moltissimo“, uno dei momenti più intensi dell’album. 

Irama, il significato delle canzoni di “Antologia della vita e della morte”

Arizona (con Achille Lauro) 

«Ho finito di registrare il pezzo, la sto ascoltando… questa canzone è sesso: è carne che pulsa, è passione cruda. Mi serve la strofa di qualcuno che la possa cavalcare. Ho in mente la persona giusta».

Un duetto che racconta il desiderio e il sesso nelle sue forme: carne, ritmo e istinto che si incontrano senza pudore. Una corsa sfrenata tra eros e vertigine, dove la voce diventa pelle e il suono, respiro.

Senz’anima 

«La prima take l’ho vomitata, sporca, irripetibile. Ogni volta che provo a rifarla manca quell’urgenza, quell’intensità. E poi quella prima frase: “ma il dolore femmina…”, ogni volta mi disarma». 

Una confessione scarnata, registrata d’impulso: dolore e femminilità intrecciati in una verità irripetibile. È una ferita aperta che non chiede perdono, ma solo di essere ascoltata.

Buio (con Giorgia) 

«Ho appena finito di ascoltare la registrazione di Giorgia: mi ha fatto venire la pelle d’oca. “E ti ho odiato così tanto che ho spaccato le porte come un fiore in una teca che crescendo la rompe”».

Una voce che lacera e consola: l’odio e l’amore si scontrano in un urlo che fa fiorire il dolore. Giorgia trasforma la ferita in arte, e il buio diventa canto. 

Polvere 

«Ero in montagna, solo con una chitarra. “Rompimi le ossa finché non divento polvere.” Ho finito di scrivere Polvere e il brano era già nato. Spontaneo, come un graffio che non puoi trattenere. È la prima volta che scrivo con una chitarra, io che ho sempre avuto il piano come casa. Ne è uscito qualcosa di velenoso, ma insieme liberatorio: quasi una lama che taglia e subito apre aria. Lo sento: questa canzone troverà la sua forma vera nei concerti. È nata per quello. Vedo le persone davanti a me, sento che la cantano e che ci mettono tutta la loro voce dentro. Come se fosse loro, come se fosse sempre esistita». 

Un brano di rabbia e disillusione: il racconto di chi guarda una persona amata ora accanto a un altro, tra ricordi che bruciano e il bisogno di voltare pagina. “Spaccami le ossa fino a diventare polvere” è il grido di chi ha ingoiato veleno e ora vuole disfarsi del peso, trasformare il dolore in libertà.

Tutto tranne questo 

«Eppure, anche se provassi a ripercorrere tutto mille volte nella mia testa, non riuscirei a immaginarmi un finale diverso». 

L’impossibilità di un finale diverso: accettare la fine senza smettere di sentirne il peso. È la resa dolceamara di chi ha provato tutto, tranne l’oblio.

Galassie 

«Ogni volta che entravo da quella porta e ti vedevo, mi sentivo minuscolo. Paradossale: eri tu la bambina, eppure ero io, ogni volta, a dover imparare da te». 

Un ricordo fragile come una fotografia: la distanza infinita tra due mondi che si sfiorano. Una canzone sospesa, dove il ricordo si fa luce e silenzio.

Mi mancherai moltissimo 

«La riascolto e penso che sia la canzone che preferisco dell’album, forse una delle mie preferite in assoluto. Sono rimasto su quel tetto pensando a cosa avrei voluto dire se mi fossi tolto la vita». 

Un brano estremo, scritto nell’immedesimazione di chi è sul punto di farla finita. Irama si mette nei panni di quella voce, immaginando le ultime parole che direbbe: “mi mancherai moltissimo…”. Una confessione dolorosa e luminosa allo stesso tempo, dove l’addio è anche un atto d’amore.

48 ore 

«Ho 48 ore per togliere tutto questo casino… “E la casa senza i tuoi vestiti sparsi sembra un ufficio”». 

Due giorni per cancellare un amore che ancora abita la casa, e ogni stanza sa di assenza. È il tempo sospeso tra il distacco e il rimpianto, dove anche il silenzio ha il suono della tua voce.

Ex (con Elodie) 

«E nonostante tutto credi che ti ami come prima? “Sei fuori di testa…” Eppure me lo fai chiedere ancora». 

Un confronto teso e sensuale tra due ex che non riescono a smettere di desiderarsi. Orgoglio e attrazione si sfidano in un gioco pericoloso, dove nessuno vince davvero.

Giulia

«Ho registrato un nuovo brano in presa diretta. Ho fumato troppe sigarette, dovrei smettere. Comunque, questa canzone è proprio una ciliegina sulla torta, no?».

Una lettera aperta a una ragazza che resta nel pensiero, tra rimpianto e tenerezza. È la confessione di chi sa di non essere un angelo, ma non smette di cercare redenzione nello sguardo dell’altro. “Giulia, non fare finta che certe canzoni non ti piacciono…” — un ultimo tentativo di restare, almeno in una melodia.

Lentamente 

«Mi sembra uno di quei classici, cazzo. Sì, è questo». 

Un brano che racconta la fine di un amore consumato dalla routine e dalle finzioni. appuntamenti resta solo il vuoto di ciò che si spegne “lentamente”, quando ogni sentimento smette di bruciare. Una resa amara, detta con lucidità e malinconia. 

Circo 

«Una ballerina, punita dagli dèi e scacciata per l’invidia suscitata dalla sua bellezza, viene relegata in un circo: un luogo opprimente, dove gli applausi si mescolano a sguardi viscidi e al senso costante di prigionia. Lì, dove tutto sembra rappresentare l’inferno, scopre inaspettatamente l’amore, unica fiamma capace di riscattare la sua condanna. Ma la dea della bellezza, accecata dalla gelosia, non tollera quella felicità: spegne brutalmente quell’amore, uccidendo l’uomo che aveva osato amare la dannata». 

Favola oscura di una bellezza condannata: tra gabbie e riflettori, solo l’amore osa sfidare gli dèi. Una ballerina punita per la propria luce trova la libertà nell’amore, ma paga il prezzo della colpa divina.

Tu no 

«Un fottuto angelo. Ero solo un bambino: quel giorno sono entrato nella stanza per dirti che ti volevo bene. Tu mi guardavi dall’alto, eri felice… sapevo che avrei dovuto dirtelo. È l’ennesima canzone che ho scritto per te. Poi ho provato a mascherarlo, ma gli altri lo capiranno». 

Un ricordo d’infanzia che diventa preghiera: una confessione, un dialogo con chi non c’è più. Ogni parola è un tentativo di trattenere l’amore oltre la perdita.

Il giorno 

«Il dolore, scriveva Pavese, non è affatto un privilegio, un segno di nobiltà, un ricordo di Dio. Il dolore è una cosa bestiale e feroce, banale e gratuita, naturale come l’aria».

Un canto corale che mescola resa e fragilità: “Scusa, non ho più voglia di combattere…” è l’inizio di una preghiera laica, dove il panico diventa un nemico quotidiano e l’assenza di chi poteva difendere pesa come un macigno. Una canzone che unisce voci e dolore, cercando forza nell’insieme.

Scritto da Redazione RM
Parliamo di: