A tu per tu per la band al loro esordio discografico con l’album intitolato “Sono Lì”
Si intitola “Sono Lì” l’album che segna l’esordio della band IrreAle, fondata dalla cantautrice Irene Burratti e dal chitarrista Alessandro Usai. Approfondiamo la loro conoscenza.
Ciao Irene, benvenuta. Partiamo da “Sono Lì”, come si è svolto il processo creativo di questo progetto?
«Già dal primo brano Alessandro ha composto delle idee armoniche sulle quali io (Irene Burratti) ho messo melodie e testi. I due processi creativi a volte sono stati consequenziali ma spesso uno influenzava l’altro e viceversa. Questo ci ha permesso di non rimanere fermi sulle prime idee ma anzi di poter continuare a far dialogare parole e musica alla ricerca della nota e della frase migliore. Dopo la prima stesura di “Sono Lì” sono arrivati tutti gli altri pezzi, in maniera naturale, sempre scaturiti da tutte le esperienze di vita che intanto vivevamo. Di seguito abbiamo coinvolto a poco a poco quei musicisti amici e più affini alla nostra idea e abbiamo deciso di registrare e di credere nel progetto».
Quali riflessioni vi hanno ispirato durante la composizione di queste undici tracce?
«Il disco è nato da una forte esigenza narrativa, provare a mettere nelle canzoni parte del nostro vissuto. Le riflessioni che ci hanno ispirato sono quelle della vita e delle esperienze attraversate. Ogni traccia è una riflessione su qualcosa di realmente visto e interiorizzato; la canzone ha saputo cristallizzare quello stato d’animo. Abbiamo portato nel disco la convinzione che la musica cantautorale può muoversi in generi diversi e accogliere esperienza musicali personali di diversa natura».
A livello di musicale, che tipo di sonorità avete voluto di abbracciare?
«Abbiamo deciso di mantenere un sound acustico perché ci è sembrato coerente con i contenuti narrativi ed effettivamente più vicino al concetto di intimità che abbiamo cercato. Le chitarre acustiche dialogano molto fra loro e il pianoforte lega tutta la musica, inoltre la scelta di includere il vibrafono e le percussioni rende tutto un po’ sognante e sottolinea le diverse atmosfere. Abbiamo tenuto molto ad evidenziare anche degli episodi solistici per permettere a tutti i musicisti una totale libertà espressiva. Questa scelta è abbastanza ardita nella musica pop attuale ma è una forte caratteristica della nostra musica che non vuole rimanere in secondo piano rispetto alle parole ma vuole invece dialogare con la voce, sostenerla e allo stesso tempo farsi ispirare dai messaggi espressi».
Facciamo un breve salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di mettere in piedi il progetto IrreAle?
«Io (Irene, ndr) e Alessandro Usai, ci conosciamo da molto tempo ma collaboriamo assiduamente nella musica da ormai 8 anni. Il progetto irreale è iniziato circa tre anni fa quando sono arrivate le prime canzoni e le prime idee. Abbiamo così deciso di provare a metterle insieme».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato i vostri rispettivi percorsi?
«Fin da piccoli entrambi abbiamo amato e ascoltato una grande quantità di musica, dai più grandi jazzisti alla musica classica passando attraverso il pop e il rock. Per citarne alcuni tra i nostri ascolti a cui siamo più affezionati ci sono James Taylor, Pat Metheny, Pino Daniele. Nutriamo inoltre una forte ammirazione per alcuni cantautori del passato come Lucio Dalla, Tenco, Battisti e alcuni dei contemporanei, come ad esempio Niccolò Fabi. Chiaramente solo per citarne alcuni. Amiamo la loro forza narrativa e la loro estetica musicale. Abbiamo scoperto come questi autori siano riusciti ad influenzare la nostra musicalità e la nostra ispirazione».
Obiettivi e sogni nel cassetto per il futuro?
«Il nostro sogno è di poter portare in giro il nostro disco per poter, magari attraverso i live, raccontare questo nostro progetto dal vivo. Continuare a creare, avendo trovato un pubblico ricettivo, sarebbe davvero un altro sogno realizzato».
Per concludere, a chi si rivolge oggi la vostra musica e a chi vi piacerebbe arrivare in futuro?
«La nostra musica si rivolge ad un pubblico attento e sensibile, un pubblico che magari riconosca in noi qualche sfumatura del passato e una grande sincerità creativa. Ci farebbe molto piacere poter aggregare in un futuro una nicchia di persone che abbiano davvero voglia di ascoltare e cogliere ogni nostra attenzione sonora e verbale».
Nico Donvito
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