venerdì, Marzo 29, 2024

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Ivana Spagna: “Tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il cuore” – INTERVISTA

A tu per tu con la popolare cantante veneta, in uscita con il disco “1954”, disponibile dal 25 ottobre

Ci sono artisti dotati di grande sensibilità, in cima a questa lista troviamo Ivana Spagna, che abbiamo incontrato in occasione dell’uscita di “1954”, lavoro che arriva a dieci anni di distanza dal suo ultimo disco in studio. Anticipato dai singoli Cartagena e Nessuno è come te, l’album contiene nove tracce inedite più la cover di “Se io se lei” di Biagio Antonacci, le collaborazioni con Jay Santos e gli Audio 2, diverse sfumature musicali e, soprattutto, tanto cuore. Lo si percepisce sin dal primo ascolto, lo dimostra anche la nobile iniziativa che vedrà devolvere un euro per ogni copia venduta all’Associazione Onlus “City Angels”, che da venticinque anni offre sostegno e solidarietà ai senzatetto e alle persone in difficoltà.

Ciao Ivana, bentrovata. Che sapore ha per te questo ritorno musicale?

«Beh, per me ha un sapore bello pieno, perché ho voluto inserire tutto ciò che mi sono sentita di mettere in quest’album, non sono stata lì a ragionare più di tanto, ho seguito solamente l’emozione, sia nelle cose che ho scritto che nelle canzoni che ho scelto composte da altri autori. Quello che mi ha emozionato è finito in questo album, per cui direi proprio un sapore bello pieno. Io sono nata nel ’54, non ho più voglia di giocare a nascondere un anno, due o tre, sono fiera della mia età. Invecchiare alla fine, con tutto quello che ne comporta, è un regalo perché non tutti riescono. In più, una donna quando tocca i sessanta è vecchia, mentre un uomo è considerato affascinante, hai capito? Mi sono tolta questo peso, ho 64 anni, così lo sanno tutti e io mi sento più leggera».

“Tra il dire e il fare c’è di mezzo il cuore” canti in “Prigioniera nel tuo nido”. A tal proposito ti chiedo: quanto cuore c’è in questo disco?

«E’ un bellissimo brano di Luca Chiaravalli, questa frase in particolare perché, alla fine, c’è sempre di mezzo il cuore. In questo disco non c’è alcun tipo di ragionamento, ho deciso di metterci tutto il cuore del mondo, il criterio di selezione delle tracce è stato questo, compresa l’unica cover presente nel disco, vale a dire “Se io se lei” di Biagio Antonacci, un brano che avevo cantato una volta a Music Farm diversi anni fa, da quel momento mi sono ripromessa che, prima o poi, l’avrei inciso in un mio album. Così è stato».

Al contrario, quanto cuore c’è nella società che ci circonda?

«Oddio, per fortuna c’è anche cuore, ma ti dirò che c’è anche parecchia cattiveria. Alcune cose che vedo mi fanno stare male davvero, devo essere onesta, non è un mondo che mi piace tantissimo perché sta andando verso la violenza. Ci sono guerre indotte dalla smania di potere, dai soldi, dal petrolio, per cui è un mondo che sta peggiorando tantissimo. Sai, io non ho figli, li avrei voluti una volta, adesso sono felice di non averli avuti perché avrei paura, quando penso ai bambini sono preoccupata per loro, mi domando che mondo sia questo. Quando ero piccola si dormiva in casa con la chiave sulla toppa, oggi sarebbe impensabile, è diventato tutto molto più pericoloso, per fortuna ci sono tante buone e belle persone, ma molte altre seguono una tendenza che non mi piace».

In questo disco torni a raccontare la vita in tutta la sua straordinarietà, compresi i fatti inspiegabili che hai raccontato nel libro “Sarà capitato anche a te” e che ritroviamo anche nella canzone “Mi manchi tu”. Com’è nata?

«Questa canzone è nata dalla voglia di parlare di questo argomento che fa parte della mia vita, mi succedono delle cose strane a cui vorrei tanto poter dare una spiegazione. Non sono sogni, bensì veri e propri viaggi astrali, mi andava di mettere in musica questa tematica, anche Einstein parlava di dimensioni parallele, non lo dico di certo io, esiste un qualche cosa che và oltre la materia, ne sono convinta. E’ un discorso lungo da spiegare, non mi dilungo altrimenti non parliamo dell’album (sorride, ndr)».

Hai iniziato il primo tempo della tua carriera con la dance, cantando in inglese, poi sei scesa in campo nel secondo tempo con l’italiano, prima con “Il cerchio della vita”, mitologica colonna sonora del Re Leone e poi a Sanremo con “Gente come noi”. Ad oggi, potremmo definire questa nuova fase un po’ come un terzo tempo, che per gli amanti del rugby è anche il momento più bello e divertente. Ecco, come stai vivendo questa nuova fase della tua vita?

«La sto vivendo bene! Sì perché, secondo me, ad una certa età subentra una sorta di incoscienza che prima non c’era. Autoprodursi un album in una situazione discografica come quella che ormai dura da anni, dove non si vende niente se non in casi rarissimi, vuol dire essere incoscienti. Cantare è la mia vita, la mia più grande passione che col tempo è diventata anche un lavoro, per cui ho pensato: se non lo faccio in questa vita, in quella dopo non so se ci siano o meno studi di registrazione (ride, ndr). Così ho iniziato a lavorare a questo disco, era tanto tempo che desideravo farlo, però rimandavo e mi dedicavo anche ad altre cose. Un giorno mi sono messa al pianoforte ed è uscito fuori qualcosa che mi piaceva, quella canzone poi è diventata “Nessuno è come te”. Oggi come oggi non è facile arrivare alla gente, far conoscere la tua nuova musica. Se mi dai la possibilità, vorrei fare un ringraziamento per me importantissimo a tutte le radio indipendenti che stanno suonando il brano, mi stanno dando una mano incredibile, li ringrazio davvero di cuore.».

Oggi come oggi il termine “artista” viene un po’ troppo abusato, quale significato attribuisci a questa parola?

«Sono d’accordo, oggi viene utilizzata a sproposito, ma questa parola dovrebbe esaltare tutto ciò che ha veramente a che fare con l’arte, come la musica, la pittura, la danza. Una cosa è il talento, una cosa è la tecnica, ma i veri artisti possiedono una sensibilità che và oltre».

Un vero artista è sempre sincero, quindi sto per farti una domanda alla quale mi risponderai dicendo tutta la verità, nient’altro che la verità. Al Festival di Sanremo ci sei stata in gara per cinque volte, rientra tra i tuoi imminenti piani? C’è un brano che hai lasciato fuori da questo disco? Te lo chiedo in maniera diretta perché tanto è inutile girarci intorno

«Chi ha fatto Sanremo, me compresa, ha sempre voglia di ritornarci. Durante la lavorazione dell’album mi era stato proposto dal mio staff di tenere fermo il disco, presentare una canzone a Sanremo e fare uscire l’album dopo. Anni fa mi era già successo di essere esclusa, per cui non ho voluto correre il rischio di tenere fermo un disco in cui credo in funzione del Festival. Allora ho deciso di farlo uscire, inserendo all’interno tutte le canzoni che reputavo più belle, senza lasciare nulla al di fuori. Da novembre in poi mi metterò a comporre di nuovo, se uscirà qualcosa di bello mi presenterò, altrimenti pazienza. Logicamente mi farebbe piacere tornarci, o quest’anno o l’anno prossimo, perché se l’hai provato sai cosa vuol dire. E’ una settimana completamente fuori di testa, ti diverti alla fine, anche se magari ti incazzi pure per delle cose che succedono, ma è bello, è adrenalina pura. Poi, chi è che ti fa promozione più di Sanremo? In cinque giorni fai il lavoro di un anno!».

Per concludere, sono curioso di chiederti: qual è l’insegnamento più importante che hai appreso dalla musica in tutti questi anni di attività?

«L’umiltà, rimanere coi piedi per terra, perché la musica ti aiuta a gioire di cose belle e sopravvivere a quelle meno belle, ti insegna cos’è la vita, anche a prendere le botte, soprattutto se l’affronti con passione come l’ho vissuta io. Per me è stata una medicina nei momenti duri della mia vita, ma anche un insegnamento, mi ha aiutato a sopportare tanti momenti bui, colpi brutti dati anche dalla musica stessa, ma è capace di regalarti anche tanta euforia».

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.