A tu per tu con la rock band siciliana, in rotazione radiofonica con il nuovo singolo “La gitana”
Tempo di nuova musica per i Jack & The Starlighters, gruppo musicale nato nel 2002 e composto da Gioacchino Jack Cottone (voce), Dario Lo Giudice (basso), Danilo Mercadante (chitarra e tastiere) e Fabrizio Pacera (batteria e percussioni). In occasione della pubblicazione del loro nuovo singolo “La gitana”, approfondiamo la loro conoscenza.
Ciao ragazzi, inizierei col chiedervi come nasce il progetto Jack & The Starlighters e come descrivereste la vostra band?
«Nasce nel 2002, dall’unione di quattro musicisti, legati da uno sfegatato amore per il sound vintage, ma anche per il look. Una cosa che fa di noi una band, che più che seguire uno stile, segue una filosofia di vita».
“La gitana” è il titolo del vostro primo inedito, cosa rappresenta per voi questo pezzo?
«”La Gitana” è il nostro primo singolo ed è quello che meno degli altri che verranno rappresenta l’animo edito di Jack & the Starlighters. L’utilizzo di strumenti come la fisarmonica, normalmente non fanno parte del nostro percorso artistico. Ma forse è questo il motivo che ci ha spinto a utilizzare questo brano come singolo di debutto».
C’è una veste precisa che avete voluto attribuire al brano sia a livello di sonorità che dal punto di vista testuale?
«Una veste gitana, appunto, ma della Parigi colorata dal bohemienne e dai sapori dell’assenzio. Diciamo un viaggio onirico sulle rive della Senna, che vedono come protagonista, l’amore quasi impossibile di un aristocratico nei confronti di una gitana».
Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip girato nella vostra Palermo?
«L’unione fondamentale che si creava in quel periodo, a fine del Settecento, tra tutti i ceti sociali. Il tutto in un periodo preromantico che nella realtà a Palermo non è stato vissuto e che nel mio immaginario vive e avrei voluto vivere».
“La gitana” anticipa l’uscita del vostro nuovo disco, cosa potete svelarci a riguardo?
«Che sarà il lavoro di una vita, che racchiude tanti momenti della mia esistenza, autore della maggior parte dei brani. Ma anche la cooperazione con artisti made in Sicily. Tra i brani, anche uno scritto da mia moglie Nancy Ferraro».
Come valutate il livello generale del settore discografico?
«Considerato che ho mandato una quantità smisurata di mail alle case discografiche per fare conoscere la nostra realtà musicale, con scarso successo, penso che almeno sia una discussione discutibile in negativo».
E cosa ne pensate dell’attuale scena rock?
«Penso che attualmente non sia morta in Italia e che stia rinascendo, vedi il lavoro dei Maneskin. Ho notato anche la reunion de Le Vibrazioni, per me uno dei simboli della scena rock italiana. La fascia di mercato che prima era dedicata solo ai giovani, ora si è estesa a tutte le fasce di età. Buon per noi».
Oltre 4 mila concerti in giro per l’Italia, quanto conta per voi la dimensione live?
«Fondamentale. Perché è quella che ti informa più di un giornale di quello che vuole il pubblico, da te e dalla scena musicale in genere. È il sentirsi vivo, il provare continuamente ti porta un groove con la tua band. E poi ci sono le emozioni che vivi con il legame tra il pubblico e il performer».
Quale messaggio vorreste trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la vostra musica?
«Vorremmo trasmettere il ricordarsi che siamo vivi, che non siamo automi e che la musica non è chi è più veloce a esporre un testo o chi mette la giacca più bella. La musica è un esprimere sentimenti. E per esprimerli bisogna sentirli. Non rincorrere le mode».
Nico Donvito
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