martedì, Marzo 19, 2024

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Jalisse: “Se non si legge il passato non si può interpretare il futuro” – INTERVISTA

A tu per tu con Alessandra Drusian e Fabio Ricci, in uscita con “Cavallo bianco”, cover dei Matia Bazar

Parlare di musica e scoprire ogni giorno cose nuove è l’aspetto più affascinante del mestiere/passione del giornalista, approfondire argomenti con professionisti del calibro dei Jalisse è sempre piacevole e stimolante. Si parte come sempre dal singolo in promozione, in questo caso “Cavallo bianco” (cover dei Matia Bazar), per poi spaziare con argomenti di vario genere e arrivare a parlare della musica trap, dell’Eurovision Song Contest, dei recenti impegni televisivi, del passato, del presente e del futuro.

Ciao Alessandra, ciao Fabio, bentrovati su RecensiamoMusica. Partiamo dal vostro nuovo singolo “Cavallo bianco”, cover della celeberrima canzone dei Matia Bazar, da cosa nasce?

«Tutto è partito da “Ora o mai più”, quando nel corso della terza puntata ci siamo aggiudicati a sorpresa la vittoria della serata anche grazie alla nostra personale versione di “Ti sento”. Il giorno dopo Carlo Marrale ci ha fatto i complimenti su Facebook, noi lo abbiamo chiamato e da lì è nata la voglia di fare qualcosa che riprendesse un brano storico dei Matia Bazar, insieme a Mariano Borrelli abbiamo pensato a “Cavallo bianco”». 

Nel corso della trasmissione condotta da Amadeus, infatti, ricordo che la stessa Loredana Bertè disse che Alessandra sarebbe perfetta come voce dei Matia Bazar e, a giudicare dalle grandissime ugole che si sono alternate negli anni, direi che non poteva rivolgere complimento migliore…

«Loredana è straordinaria, oltre che molto gentile. Recentemente siamo andati a trovarla in concerto a Jesolo, quando le abbiamo che stavamo per incidere questo singolo, con la sua solita e inconfondibile scioltezza ha detto ad Alessandra: “beh, solo te potevi cantarla!” (ridono, ndr), è stata geniale. Siamo molto contenti del risultato finale, perché questa è una versione totalmente nostra, abbiamo stravolto l’arrangiamento pur rispettando l’originale».

Un progetto che nasce dalla collaborazione con Carlo Marrale, storico cantante e chitarrista tra i fondatori della band, com’è avvenuto questo incontro?

«Veramente con grande semplicità, tutto è nato dal suo post, poi ha molto apprezzato la scelta di “Cavallo bianco”, un pezzo magari meno conosciuto rispetto alle hit dei Matia Bazar ma, allo stesso tempo, importante perché appartiene alla tradizione della grande musica italiana, pubblicato nel ’76. Carlo è stato molto carino ad aver voluto prendere parte al brano, le sue chitarre lo impreziosiscono ancora di più». 

Tra l’altro “Cavallo bianco” era il lato B del 45 giri di “Per un ora d’amore”, pensate che tempi che erano quelli, mentre adesso si fatica a trovare un lato A. In tal senso, credete che questo tipo di operazioni come la vostra siano importanti per andare a recuperare quella qualità che oggettivamente si è un po’ persa per strada? 

«Tra l’altro, sia “Cavallo bianco” che “Per un ora d’amore” entrarono in classifica, non solo in Italia ma anche all’estero. Due pezzi usciti in piena era rock progressive, che rappresentavano i primi passi di una formazione eccezionale che vedeva Aldo Stellita come bassista e autore del testo, Piero Cassano alle tastiere, Carlo Marrale alle chitarre, Giancarlo Golzi alla batteria e la grande voce di Antonella Ruggiero.

Da quando abbiamo fondato i Jalisse, per noi è sempre stata fondamentale la qualità, non abbiamo mai voluto seguire il mercato e le varie mode, ci siamo concentrati su progetti che potessero suscitare interesse, cercando di onorare il più possibile la grande storia della musica italiana. Il mondo cambia in continuazione, le produzioni si rinnovano, ma crediamo sia fondamentale tornare a porre l’accento sulla qualità. La trap è un fenomeno mondiale, non solo Italia, che in America esiste ormai da tempo, non rappresenta né uno scandalo né un miracolo. Le mode cambiano, si alternano, possono arrivare in anticipo o in ritardo, ma non dobbiamo mai dimenticare il nostro passato». 


© foto di Marco Piraccini

Oltre che un omaggio, pensate che possa trattarsi anche di un’operazione educativa, che le cover siano un modo per dire alle nuove generazioni: “oh, guardate che un tempo c’era anche questo”?

«Sicuramente sì, molti giovani d’oggi prendono tanto dal passato, magari camuffandolo o non dichiarandolo apertamente. Non si sono inventati niente a livello sonoro, la TR-808 della Roland è una drum machine nata nei primi anni ’80, non è uno strumento nato con la trap, anzi. Sicuramente la tecnologia permette oggi maggiori modifiche ed effetti impensabili quarant’anni fa, con un software e dei plug-in si riesce a fare tutto, l’home recording è diventata alla portata di tutti. La storia è sicuramente fondamentale, se non si legge il passato non si può interpretare il futuro». 

Nell’attuale scenario discografico, per fortuna, ci sono anche realtà interessanti, tra queste vorrei parlare con voi di Mahmood, che ha vinto Sanremo e si appresta a rappresentarci all’Eurovision Song Contest, manifestazione a cui siete molto legati e che nel ’97 vi ha visti classificarvi al quarto posto. Un pronostico su questa imminente edizione?

«Innanzitutto ci teniamo a rivolgere un grosso augurio a Mahmood e a tutto il suo team, stanno facendo veramente un grandissimo lavoro. Ecco, lui è l’esempio perfetto che si ricollega a quanto appena detto, perché sta utilizzato le nuove tecnologie a servizio della sua voce, il ragazzo sa cantare ed è anche molto internazionale come figura e come personaggio, sicuramente saprà rappresentare l’attuale musica italiana all’estero. Non abbiamo ancora sentito i brani delle altre nazioni partecipanti, ma non vediamo l’ora che arrivino le semifinali per poter seguire come sempre, perché l’Eurovision va visto e ascoltato nel momento in cui viene trasmesso per lasciarti prendere dalle giuste emozioni. Siamo certi che Mahmood se la caverà molto bene, poi se non arriva primo non è un problema, tanto siamo abituati a non vincere (sorridono, ndr)». 

A proposito di non vittorie, possiamo affermare che classificarvi secondi a “Ora o mai più” e a “Tale e quale Show” (nel caso di Alessandra) forse, a questo giro, è stata un po’ una fortuna? L’esperienza a volte insegna che è meglio partecipare e fare bella figura…

«Bravo, è vero, abbiamo pregato di non vincere “Ora o mai più”, perché sappiamo quanto può costare e scottare una vittoria, il rischio di essere messo nel mirino c’è sempre, diventi facilmente attaccabile. Abbiamo vissuto il nostro ritorno in tv nel migliore dei modi, con lo spirito giusto e questo da casa è arrivato, la prima puntata è stata tosta ma, piano piano, siamo riusciti ad abbattere i pregiudizi, a capire bene le dinamiche perché, comunque, quella dello scorso anno è stata una trasmissione pilota. Anche per quanto riguarda “Tale e quale Show”, siamo felicissimi del secondo posto di Alessandra, perché alla fine quello che conta davvero è dare il massimo, le posizioni in classifica possono dire tutto ma anche niente».

Vi piacerebbe fare altro in televisione?

«Ma, sai, principalmente a noi interessa esibirci con le nostre canzoni, concentrarci su quello che sappiamo fare. Oggi come oggi la musica viene messa in secondo piano, per quanto ci riguarda i reality show sono troppo “gossippari”, forse solo “Pechino Express” non sarebbe male come esperienza, il resto proprio no. O parli della tua vita o ti metti a cucinare, anche se in realtà non ci dispiacerebbe fare i ballerini per una notte a “Ballando con le stelle”, poi se ci fanno cantare ci divertiamo anche di più!». 

Siete al lavoro del vostro nuovo album, cosa potete anticiparci a riguardo? 

«Stiamo lavorando sia su materiale inedito che sulla scelta di altre cover, perché ci è piaciuta l’idea di dare un nostro punto di vista a canzoni del passato. Siamo ancora in una fase prematura, prima dell’album usciranno probabilmente altri singoli, per il momento siamo concentrati sulla promozione di “Cavallo bianco” e sul tour estivo di “Ora”, a breve pubblicheremo sui social il calendario completo». 

Per concludere, qual è l’insegnamento più grande che sentite di aver appreso in tutti questi anni dalla musica?

«Che la musica stessa per noi è ossigeno, energia e vita, senza cantare non potremmo stare. Anni fa Alessandra ci ha provato, per circa quattro mesi non ha aperto bocca se non per parlare. Non è semplice per un artista stare senza musica, è come togliere la bicicletta ad un ciclista. Per la nostra esperienza personale, la cosa più importante che abbiamo imparato è la resilienza, ossia la capacità di saper aspettare ma senza arrendersi, lavorando sodo e cercando formule alternative, senza fermarsi mai. A tutte le cose che ci sono capitate abbiamo sempre risposto con la musica, con il sorriso e con garbo, tutto questo ripaga sempre». 

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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