A tu per tu con il rapper veronese classe ’91, in uscita con il suo nuovo album di inediti intitolato “Rap is back“
Tempo di nuova musica per Jamil Sapio, meglio conosciuto semplicemente come Jamil, rapper classe ’91 che rompe il suo silenzio discografico a distanza di due anni dalla pubblicazione del suo ultimo album in studio. Si intitola “Rap is back” il disco che segna il suo ritorno, un album maturo e consapevole, che sottolinea la volontà di non conformarsi a ciò che lo circonda, bensì di sottolineare la propria unicità con un album che picchia duro, seppur mostri anche altre sfaccettature finora inedite.
Ciao Jamil, benvenuto. Partiamo da una panoramica di questo tuo nuovo album “Rap is back”, come si è sviluppato l’intero processo creativo?
«Ho deciso di chiamare questo lavoro “Rap is back” perchè ormai la trap ha preso il sopravvento, si sono tutti omologati, cantano con l’autotune e parlano degli stessi argomenti. E’ il disco più personale che io abbia mai fatto, mi racconto sia nei momenti tristi che nei momenti felici. Il risultato mi rappresenta a 360 gradi».
Un progetto che riporta l’attenzione su un genere che nasce real, cresce e forse muore un po’ fake. Quali sono le caratteristiche che ti rendono più orgoglioso di questo lavoro?
«Il fatto che questo lavoro sia lo specchio di me, sono fiero di essere riuscito a realizzare un disco senza filtri, era da tempo che volevo farlo. Ormai, ogni volta che esce un album l’attenzione è rivolta agli ospiti piuttosto che su quello che l’artista ha realmente da dire, per questo motivo non ho voluto realizzare alcun featuring, mettendomi ulteriormente alla prova per vedere fin dove potevo arrivare da solo».
Essere se stessi è un po’ la chiave per non somigliare a nessun altro… in un’epoca in cui le mode non si cavalcano ma addirittura si surfano, cosa ti spinge con tale fermezza a concentrarti unicamente sul tuo percorso e non badare al resto?
«Questo modo di volermi distinguere è sempre stato il mio punto di forza, mi piace andare controcorrente, mentre non mi piace omologarmi alla massa seguendo le mode, ho sempre deciso di percorrere la mia strada. Se tornassi bambino e mi rivedessi adesso, penso che sarei fiero di me, perchè sono esattamente quello che volevo diventare: un rompic***o (sorride, ndr)».
Nonostante i positivi riscontri che hai accumulato negli anni, sei voluto restare indipendente, fedele alla tua crew, la Baida Army. Pensi che sia un valore aggiunto?
«Sicuramente, così come è un valore aggiunto avere una crew multietnica come la mia, con persone provenienti da varie nazionalità. Ricopriamo un pubblico di tutti i colori, questo è sicuramente un orgoglio sia per me che per i ragazzi che mi ascoltano».
Per concludere, veniamo da un momento storico abbastanza impegnativo e particolare, quali sensazioni e quali stati d’animo ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà questo disco?
«Vorrei solo farmi conoscere di più, mostrare lati di me che ancora non ho fatto vedere. In tanti mi dicono che campo solo di dissing, in questo disco non ce ne sono, non nomino nessuno, tutta la promozione dell’album è incentrata sul raccontare di me. E’ un lavoro indirizzato al mio pubblico, non è un disco pensato per allargarlo, chi lo ascolterà mi conoscerà un po’ meglio».
Nico Donvito
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