giovedì 7 Novembre 2024

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Kobaan, in bilico tra luce e buio in “Quello che resta di noi” – INTERVISTA

A tu per tu con la giovane band attualmente impegnata con la preparazione del loro primo album

KobaanSi intitola “Quello che resta di noi”  il singolo d’esordio dei Kobaan, trio composto dal batterista Loïc Babbini, dal tastierista Daniel Cantos e dal chitarrista/cantante Walter Coppola. Il brano, in rotazione radiofonica dallo scorso 24 novembre, è accompagnato dal videoclip diretto dal regista Mario Silvestrone, che ha raggiunto circa 40.000 visualizzazioni nel giro di poche settimane. In occasione del lancio del brano che segna il loro debutto discografico, li abbiamo incontrati per scoprire quali sono le aspettative ed augurare loro un buon viaggio nel mondo della musica leggera italiana.

Ciao ragazzi, partiamo da  “Quello che resta di noi”, com’è nato e cosa rappresenta per voi questo pezzo?

«’Quello che resta di noi’ è nato perché volevamo scrivere un pezzo che trasmettesse energia a chiunque lo ascoltasse; l’idea alla base è stata quella di portare questa vivacità attraverso un groove dinamico e una melodia altrettanto ritmica. Questo singolo è molto importante per noi perché speriamo possa essere il primo di una lunga serie e, perché no, di una lunga carriera. È il punto di partenza».

L’amore è uno di quegli argomenti musicalmente intramontabili e che riescono ogni volta ad aggiungere qualcosa di nuovo, rispetto a tutto quello che è già stato raccontato in precedenza. Quale taglio avete voluto dare al testo di questo brano?

«L’amore funziona sempre perché tutti nella nostra vita amiamo o abbiamo amato e quindi tutti riusciamo ad immedesimarci nelle emozioni altrui. Con questa canzone abbiamo voluto dare un senso di una corsa continua tra due persone che si lasciano ma non possono fare a meno di cercarsi, non riescono a smettere di pensarsi e di volersi e appunto, si rincorrono all’infinito».

Insieme a voi un team di tutto rispetto, composto da Giulio Nenna, Andrea Debernardi ed Eleonora Toscani. Com’è stato collaborare con loro?

«Lavorare con questo genere di professionisti non solo ti aiuta a crescere ma ti stimola in continuazione a lavorare e fare meglio. È veramente una grande fortuna poter collaborare con persone di questo calibro e speriamo di ripagare al più presto la loro fiducia».

Cosa avete voluto esprimere attraverso le immagini del videoclip diretto da Mario Silvestrone?

«L’idea alla base del video è la stessa della canzone; una continua rincorsa, quasi un viaggio alla ricerca di ‘quello che resta di noi’».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come è nata la vostra passione per la musica?

«Tutti e tre siamo appassionati di musica da molto tempo ormai; Walter ha sempre avuto dei musicisti in casa ed è per questo che è immerso sin da piccolo in questo mondo. Daniel si è avvicinato alla musica grazie all’universo “elettronico” facendo il DJ in molti locali della Brianza e infine Loïc ha sempre avuto nel sangue l’istinto di picchiare su dei tamburi, si trattava solo di farlo emergere».

Quali sono i generi e gli artisti che hanno ispirato e accompagnato la vostra crescita?

«In generale siamo ispirati sia dal mondo pop, in particolare da un maestro come Ed Sheeran, sia dal mondo indie-elettronico, da varie band come alt-J e Glass Animals e il nostro obiettivo è quello di trovare la nostra anima artistica in un ibrido tra questi due stili».

Come vi siete conosciuti e com’è nato il vostro gruppo?

«Sono circa due anni che collaboriamo in questo sodalizio artistico; inizialmente Loïc e Daniel suonavano insieme e quando c’è stato bisogno di cercare un cantante hanno visto un video cover di Walter sul web e si sono subito messi in contatto. La cosa che fin da subito ci ha spronati a lavorare insieme è stata questa sfida di provare a unire il mondo acustico e pop di Walter con quello elettronico di Loïc e Daniel».

Il nome Kobaan deriva da una città del Guatemala e da una leggenda del popolo Maya, ce la raccontate?

«Molto volentieri! A Cobàn, una città del Guatemala appunto, secondo questa mitologia Maya si trova una grotta in cui si avrebbe accesso a Xibalbà, il regno dell’aldilà. Fondamentalmente fuori da una grotta, prima di entrarci, si trova la luce e appena dentro ci si immerge nel buio, in questo caso nell’aldilà. L’idea fondamentale è che la luce al di fuori della grotta rappresenta la nostra parte più energica e dinamica, raccontata alla perfezione in ‘Quello che resta di noi’, mentre il buio all’interno della grotta rappresenta il nostro lato più malinconico. Siamo molto affezionati a questo nome e a questo concetto perché permette di esprimerci al 100% in quanto non vogliamo precluderci alcun tipo di emozione o sentimento; vogliamo raccontare tutto e questo nome ce lo concede».

Vi siete esibiti sui alcuni dei palchi più importanti di Milano, cosa rappresenta per voi la dimensione live?

«Suonare live è molto importante perché ti permette di far conoscere la tua musica e avere un riscontro diretto se questa piaccia o meno al pubblico. L’adrenalina da palcoscenico poi è una sensazione meravigliosa».

Kobaan

Come valutate l’attuale situazione discografica italiana e con quale spirito vi approcciate a questo mondo?

«C’è molta concorrenza perché checché se ne dica ci sono molti artisti italiani di grande valore, che fanno davvero ottima musica. L’approccio che stiamo avendo oggi è quello di non pensare tanto agli altri quanto a noi stessi, cercare di trovare la nostra identità e la nostra anima e concentrarsi sul nostro lavoro. Già è difficile pensare solo ai Kobaan, sarebbe un casino dover pensare anche agli altri!»

Il web, dal vostro punto di vista, aiuta in qualche modo gli artisti o ha contribuito a questa specie di “crisi” che stiamo vivendo?

«Senza dubbio il web ha cambiato il modo di approcciarsi alla musica, poi se in bene o in peggio non spetta a noi stabilirlo. Oggi chiunque può lanciare un singolo su Spotify o fare un videoclip su YouTube quindi ci sono moltissimi artisti in circolazione, ma dobbiamo essere bravi noi a cogliere le opportunità che questo mezzo ci offre e a provare a spiccare rispetto alla massa».

Quali sono i vostri prossimi progetti in cantiere e/o sogni nel cassetto?

«Stiamo già lavorando al prossimo singolo che uscirà tra non molto e non vediamo l’ora di farvelo sentire! Il nostro sogno è uno e uno solo, fare di questa grande passione una carriera tutti insieme».

E noi ve lo auguriamo di cuore ragazzi. Per concludere, alla luce di tutto quello che ci siamo detti, quale messaggio vorreste trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la vostra musica?

«Il messaggio fondamentale che vogliamo trasmettere sia con la nostra musica che con il nostro nome è che non vogliamo essere categorizzati in nessuno stereotipo legato al genere musicale. Noi siamo i Kobaan e ci piace fare buona musica, a prescindere dallo stile, l’importante è non cambiare mai l’anima della band; esiste sia la luce che il buio della grotta».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.