Occorre mettere un freno all’accessibilità alla musica: ne va della qualità e degli artisti stessi
Nella settimana dall’1 al 7 febbraio sono arrivati in rotazione radiofonica (e di conseguenza nelle mailing list degli organi di stampa, nelle piattaforme digitali di streaming e download, nei post sui social, nei canali YouTube ecc…) ben 127 nuovi singoli. Si, avete capito bene 127 canzoni in appena 7 giorni. Basterebbe una parola per descrivere appieno la situazione: insostenibile.
Insostenibile perchè è impensabile che il pubblico possa assimilare una tale quantità di musica. Perchè 127 singoli in una settimana si traducono in più di 6.700 singoli in un anno e più di 18 canzoni al giorno. Chi di noi ascolta 18 diverse canzoni ogni giorno?
Insostenibile perchè è oggettivamente proibitivo pensare che stampa, radio e TV possano promozionare adeguatamente questo numero di proposte di cui la grandissima parte appartengono al mondo degli artisti indipendenti che si autoproducono (e che talvolta si autopromozionano) sia economicamente che tecnicamente il che comporta una scarsa qualità media della proposta e, cosa ancor più grave, un’oscurantismo invincibile.
La verità è che oggi ci troviamo in un tempo in cui pubblicare una canzone o un album non è più un punto d’arrivo. Lo può fare chiunque senza chissà quali mezzi economici o qualche incredibile talento. Oggi pubblicare la propria musica è un punto di partenza, l’arrivo vero (a cui arrivano in pochissimi) è il successo: vedere il pubblico ricevere la propria proposta, vedere il contatore degli stream impazzare e i passaggi radiofonici imporre numeri sempre maggiori.
Insostenibile perchè non è possibile pensare che 127 canzoni vengano recepite. Insostenibile perchè non è minimamente pensabile che gli uffici stampa (che pure continuano ad accettare proposte su proposte) possano compiere il miracolo di ottenere quella visibilità mediatica che ciascuno sembra desiderare per sè. Insostenibile soprattutto perchè tutto ciò determinerà presto una reciproca auto-distruzione. Con una proposta musicale così nutrita la legge del mercato determinerà (e forse già lo fa) che, a lungo andare, i picchi di successo arrivino presto ad abbassarsi sempre più dividendo la torta in sempre più fette che, però, si fanno, via via, sempre più sottili. E sta qua il vero problema. Se continueremo a chiunque di proporre la propria musica si finirà che il pubblico dividerà, in quote irrisorie se prese singolarmente ma importanti se si vanno a sommare, la propria attenzione. E lo stesso succederà per la stampa, per la televisione, per la radio. Tanti, tantissimi cantanti (ci guardiamo bene da usare l’abusatissimo termine “artisti” in questo caso) tra cui nessuno ce la fa per davvero e ai quali verranno riconosciute delle briciole a ciascuno. E con le briciole non ci si vive ma, soprattutto, non ci vive nemmeno la discografia che, già stremata economicamente dalla rivoluzione digitale del mercato, si troverà ben presto privata anche di quei mezzi di sussistenza utili per i minimi investimenti che oggi continuano ad essere effettuati.
Attenzione, l’allarme è serio. La discografia recuperi il proprio ruolo di filtro. Lo facciano anche produttori, giornalisti, editori, speaker, direttori artistici perchè la musica non è per tutti.
Ilario Luisetto
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