A tu per tu con la band marchigiana, in uscita con il singolo che segna il loro ritorno intitolato “Sotto un treno”
A tre anni di distanza dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Daniele Incicco, frontman dei La Rua, in occasione dell’uscita di “Sotto un treno”,singolo che segna il loro ritorno discografico. Il brano, distribuito da Believe, è disponibile in radio e in digitale a partire dal 27 maggio.
Ciao Daniele, bentrovato. Partiamo da “Sotto un treno”, brano che rappresenta l’inizio di un progetto più ampio che vede la supervisione artistica di Elisa. Come sono nati questo pezzo e questo incontro?
«Il rapporto con Elisa è nato prima, dopo l’esperienza di “Amici” siamo rimasti in contatto, un rapporto di amicizia e di stima reciproca che andato avanti col tempo. Ad un certo punto c’è stato un momento nel quale mi sono sentito di chiederle se volesse darmi una mano su alcuni brani. Uno di questi è appunto “Sotto un treno”, una canzone molto onesta, scritta abbastanza di getto alla fine di una relazione, anche anche se poi il parto è durato molto per quanto riguarda il discorso della lavorazione. L’obiettivo era che tutto fosse a posto».
Dal punto di vista del suono colpisce questo crescendo, dall’intro al pianoforte fino alla carica e al pathos che vengono fuori durante l’ascolto, compresa l’apertura dell’inciso. Che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro la ricerca del sound ?
«Il lavoro importante che abbiamo fatto con i ragazzi si è rivelato fondamentale, perché abbiamo cercato per la prima volta nella nostra diciamo vita artistica di togliere, agendo in sottrazione. La scelta alla fine è ricaduta su cinque componenti che fanno parte di questo brano: la chitarra elettrica, il pianoforte, gli archi, il basso e la batteria. Altro non è stato aggiunto in fase di produzione, proprio perché avevamo bisogno di questo suono asciutto, deciso, sincero e forte per accompagnare il messaggio di questo brano affinché si potesse creare un legame diretto con le persone».
“Sotto un treno” si discosta un po’ dalla natura NuFolk che avete espresso nei vostri precedenti lavori. Considerate questa incursione come una svolta, un singolo episodio legato alla sperimentazione, oppure si tratta dell’inizio di un nuovo percorso?
«In realtà non lo consideriamo un esperimento, è più un atto di onestà anche verso la dalla quale questa canzone è stata partorita. Personalmente la vedo come una svolta, nel senso che stiamo andando verso la direzione che è quella di creare un legame più diretto, togliendo il superfluo per andare al netto e all’essenzialità dei brani, per risultare più sinceri possibile. E’ stato un lavoro lungo, estenuante, anche di ricerca sonora ancor prima di scrittura».
Per concludere, a proposito del linguaggio crudo e diretto del brano, quanto è importante cercare di raccontare storie in cui ci si può riconoscere ed immedesimare?
«A volte si attraversano momenti devastanti e terrificanti nella vita, che ci presentano come dei piccoli lutti. Sui social faccio sempre un po’ fatica ad apparire con continuità, perché quando non ho nulla da dire preferisco restare in selezione. Stesso discorso vale per la musica, nel senso che questa canzone descrive un momento veramente difficile e che andava a tutti i costi descritto in questo modo. Serviva la lealtà e questo non poteva andare d’accordo con un altro stile sonoro».
© foto di Alessio Panichi
Nico Donvito
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