Intervista al duo cremonese, fuori dallo scorso 26 novembre con il nuovo album intitolato “Coolturale“
Un manifesto sociale ed estetico, questo e molto altro ancora è “Coolturale“, il secondo progetto discografico di Jacopo e Niccolò Bodini, in arte La Scapigliatura. In questo lavoro ritroviamo la loro cifra stilistica: dalla melodia alla scrittura all’italiana, passando per il pop francese e l’elettronica berlinese. Un’evoluzione onesta e coerente, figlia di riflessioni e citazioni importanti. A pochi mesi dalla nostra precedente intervista, ritroviamo il duo cremonese per approfondire la conoscenza della loro nuova musica.
Ciao Jacopo e ciao Niccolò, bentrovati. Partiamo da “Coolturale”, a cosa si deve la scelta di questo titolo così curioso?
«Il titolo è nato da una maglietta di un ragazzo che abbiamo incontrato dopo un nostro concerto, c’era scritto: “il problema è culturale”. Successivamente abbiamo entrambi approfondito questo argomento, concentrandosi sull’evoluzione della cultura, da un lato concepita in maniera noiosa e dall’altro intesa come fenomeno di tendenza legata a certi stereotipi. Abbiamo ragionato su questo concetto un po’ ambivalente, sulla trasformazione del mondo della cultura».
Quali skills artistiche pensate di aver acquisito rispetto al vostro precedente e omonimo disco rilasciato nel 2015?
«Sicuramente il disco precedente rappresentava il nostro modo di suonare, con gli strumenti tradizionali in mano. Avendo girato parecchio e realizzato tantissimi concerti, alla fine ci siamo resi conto l’elettronica poteva essere usata a nostro vantaggio, una soluzione utile per replicare un sound completo e che ci permettesse di suonare in due. Col tempo i nostri ascolti si sono arricchiti. Diciamo pure che si è trattata di un’esigenza, ma anche e soprattutto di un piacere, che ci ha permesso di trovare una quadra sperimentando suoni che ci affascinavano tantissimo e che ci hanno letteralmente pervaso».
Per concludere, a proposito di vita e di filosofia, la vostra musica offre sempre un sacco di spunti concettuali sull’era contemporanea. Quali domande e quali risposte vi ponete nel quotidiano? Quali sono le riflessioni più importanti che hanno ispirato le tracce di questo disco?
«Sicuramente tante, noi le cataloghiamo in tre influenze principali, a partire dalle città, perchè ci sono un sacco di canzoni che parlano di luoghi in cui abbiamo vissuto. Poi ci sono i sentimenti, sempre abbastanza presenti, intesi anche come occasione di incontro con gli altri. Infine, il terzo tema è quello delle canzoni-autoriflessive, ci siamo chiesti che senso ha fare canzoni oggi. Dopo aver fatto già un disco e averlo portato in giro, questa domanda ci si è posta davanti. Fare musica è un laboratorio culturale, sociale e politico. Ascoltiamo ogni giorno quintalate di musica, molte playlist sono create da un algoritmo e tutto questo riflette la direzione dell’attuale società».
Nico Donvito
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