Intervista al duo cremonese, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Gli indifferenti“
A più di un anno di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere – e soprattutto in presenza – i fratelli Jacopo e Niccolò Bodini, in arte La Scapigliatura, per scavare all’interno del loro nuovo singolo “Gli indifferenti”, rilasciato per Mescal e distribuito da Sony Music a partire dallo scorso 25 giugno.
Ciao ragazzi, bentrovati. Partiamo da “Gli indifferenti“, come si è sviluppato il processo creativo?
«Questa canzone nasce un paio di anni fa, dalla parte musicale. Vivendo lontani siamo abituati a lavorare parallelamente, per poi mettere insieme le idee quando ci ritroviamo. Sicuramente in un momento di solitudine come quello del lockdown, sono venute fuori queste riflessioni. Volevamo scrivere di temi un po’ diversi, esporci sia a livello musicale che politico».
Un pezzo profondo e riflessivo, che esce nel periodo dell’anno più sbarazzino che ci sia. Possiamo considerarlo un’alternativa, una specie di anti-tormentone?
«Sicuramente ci sentiamo indifferenti a quello che ci succede intorno, altrimenti non concorreremmo con il reggaeton. “Gli indifferenti” è una canzone con un suo flow, una sua spinta e una sua energia. La nostra cifra stilistica è quella di realizzare canzoni che richiamino, in modo post moderno, anche qualcos’altro. Viviamo in un’epoca in cui le vere rockstar e i grandi artisti ci sono già stati, quindi è impossibile pensare di superarli. Quello che si può fare è cercare di utilizzare i canoni che la tua estetica ti suggerisce, per portare qualcosa di personale».
Qual è la lezione più importante che sentite di aver imparato dalla musica fino ad oggi?
«La musica ti aiuta a metterti nei panni di qualcun altro, a vedere che una persona diversa per provenienza, genere o età, può provare emozioni e avere dei pensieri in cui ti ritrovi perfettamente. Questo è senz’altro uno degli aspetti più belli, che ci porta al di fuori di noi e ci fa vedere il mondo con occhi di altre persone. Lì si può trovare ancora una collettività nonostante questa solitudine».
Nico Donvito
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