La band romana lancia il singolo apripista del nuovo disco “Colore alieno”, in uscita il 10 novembre.
A un anno di distanza dalla pubblicazione di “Tamburo”, i La Scelta tornano con “Transoceanica”, in rotazione radiofonica dal 17 ottobre. Per il cantante Mattia Del Forno, il batterista Francesco Caprara, il chitarrista Emiliano Mangia e il bassista Marco Pistone, è tempo di dedicarsi al lancio del nuovo album “Cuore alieno”, che arriva a nove anni dalla positiva partecipazione al Festival di Sanremo con “Il nostro tempo”, brano classificatosi al secondo posto della categoria Nuove Proposte. In occasione dell’imminente uscita discografica, abbiamo chiesto al gruppo di raccontarci questo loro fortunato momento artistico.
Ciao ragazzi, partiamo dal vostro nuovo singolo “Transoceanica”, cosa rappresenta per voi questo pezzo?
«Ciao! Siamo molto legati a “Transoceanica”, è una canzone scritta diversi anni fa, ma mai pubblicata; nel tempo il brano ha assunto diversi volti, si è evoluto, è cresciuto con noi. Racchiude il nostro pensiero riguardo la musica intesa come linguaggio universale».
“La musica è un viaggio che popola luoghi”, recita l’incipit della canzone, e voi a che punto vi sentite del vostro percorso musicale?
«In 10 anni abbiamo creato tanto, avuto enormi soddisfazioni e raggiunto importanti traguardi, talvolta inattesi. Ogni esperienza ci da linfa per affrontarne una nuova. Se guardiamo in avanti ci auguriamo un percorso musicale ancora molto lungo».
Il brano anticipa la pubblicazione del vostro nuovo disco “Colore alieno”, cosa potete svelarci di questo progetto?
«È un album registrato a metà fra il Texas e l’Italia. Di sicuro più maturo nei testi e nei suoni rispetto al disco precedente. In condizioni emotive diverse, siamo riusciti a raccontare storie appartenenti in qualche modo allo stesso viaggio… un disco per certi versi quasi concettuale».
Da cosa traete principalmente ispirazione per le vostre produzioni?
«Da tutte le nostre esperienze e collaborazioni. Il confronto e la contaminazione di generi differenti sono per noi fondamentali».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come vi siete conosciuti?
«Ci siamo conosciuti nel 2005 a Roma, formammo una cover-band ma avevamo lo stesso sogno comune, dar vita ad un progetto di musica inedita».
Quali artisti o generi musicali hanno ispirato e accompagnato la vostra crescita artistica?
«Tutto il brit pop degli anni 90, dagli Oasis fino ai Coldplay, ma allo stesso tempo siamo andati a scavare ovunque: Pink Floyd, Depeche, la musica africana e araba, i grandi cantautori italiani ma anche Jovanotti e Battiato».
Nel 2008 arriva la grande visibilità con il Festival di Sanremo con “Il nostro tempo”, che ricordo avete di quell’esperienza?
«Fu un’esperienza unica. Arrivammo lì senza casa discografica, grazie solo alla forza del brano. Ci chiamò Pippo Baudo dopo le prime selezioni per farci i complimenti…disse che avevamo fatto un gran pezzo».
Quest’anno avete nuovamente partecipato alla kermesse in qualità di autori del brano “L’ottava meraviglia” di Ron. Come avete vissuto quest’esperienza dietro le quinte?
«Ne siamo stati molto contenti, è stata una grande occasione, per noi una fortuna e privilegio. Avere un grande cantautore che canta un tuo brano non capita spesso».
Quali sono i vostri progetti per il futuro e/o sogni nel cassetto? Ci sono altri artisti con i quali vi piacerebbe collaborare?
«Abbiamo una lista infinita sia di progetti su cui stiamo lavorando che di nomi con cui ci piacerebbe collaborare… seguiamo l’eco della nostra musica, vediamo dove ci porterà . Di sicuro, nell’immediato stiamo programmando un po’ di date live».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorreste trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la vostra musica?
«Essere sempre alla ricerca, cerchiamo di colorare la nostra musica e le nostre giornate con continua passione e curiosità. Anche a costo di sentirsi ‘Alieni’ in una società che sempre più ci vuole omologati».
Nico Donvito
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