“La sedia di Lillà” di Alberto Fortis: te la ricordi questa?

La sedia di Lillà Alberto Fortis

Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “La sedia di Lillà” di Alberto Fortis

La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 1979 con “La sedia di Lillà” di Alberto Fortis.

Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.

Ti sblocco un ricordo: “La sedia di Lillà” di Alberto Fortis

Uscita nel 1979 all’interno dell’album d’esordio, “La sedia di lillà” è molto più di una canzone: è un poemetto musicale, un racconto a cuore aperto, che attraversa il dolore fisico, la disillusione, la morte e la possibilità sottile, ma concreta di trovare senso nel presente. Un brano che ancora oggi colpisce con la forza della sua sincerità, e che conferma già al debutto la vocazione narrativa e visionaria di Alberto Fortis.

Il titolo, all’apparenza delicato, è in realtà un’amara metafora: la “sedia di lillà” è la sedia a rotelle su cui il protagonista, ispirato a uno zio del cantautore, è costretto a vivere. Il colore evoca fragilità e bellezza, ma la realtà raccontata è tutt’altro che gentile. Nonostante la sua condizione, il personaggio al centro del brano si rivela una figura profondamente lucida e consapevole. Con la “lingua di chi spera”, ripete un mantra che è insieme confessione e ammonimento: “penso troppo al mio futuro, penso troppo e vivo male”.

Il colpo di scena finale arriva sussurrato, quasi per caso. Il narratore si reca a casa sua con dei fiori, forse proprio lillà, ma scopre che l’uomo “era uscito, che era andato a passeggiare”. L’amara ironia si scioglie nel verso successivo: “ma vedevo un’ombra appesa, la vedevo dondolare”. Non viene mai pronunciata la parola “suicidio”, ma la sua presenza è più che evidente. La “sedia di lillà” è ormai vuota: l’uomo ha scelto di liberarsi, di fuggire da una vita che non sentiva più come sua.

“La sedia di lillà” è un capolavoro nascosto della canzone d’autore italiana. In poco più di quattro minuti, Alberto Fortis costruisce una piccola tragedia umana con una potenza espressiva rara, capace di commuovere senza pietismo, e di scuotere senza retorica. È una canzone che ci parla di dolore, certo, ma soprattutto di quanto sia prezioso, e fragile, il tempo che abbiamo. Un invito, seppur straziante, a scegliere la vita. Adesso.

Il testo di “La sedia di Lillà” di Alberto Fortis

Stava immobile nel letto con le gambe inesistenti
E una piaga sulla bocca che seccava il suo sorriso
Mi parlava rassegnato con la lingua di chi spera
Di chi sa che è prenotato sulla sedia di lillà

Ogni volta che rideva si stracciavano le labbra
E il sapore che ne usciva era di stagione amara
Le sue rughe di cemento lo solcavano di rosso
Prontamente diluito da una goccia molto chiara

“Penso troppo al mio futuro”, ripeteva delirando
“Penso troppo al mio futuro, penso troppo e vivo male
E penso che fra più di un anno cambieranno i miei progetti
Penso che fra più di un anno avrò nuove verità
Ma tu non farmi questo errore e vivi sempre nel momento
Cogli il giorno e tanto amore, cogli i fiori di lillà”

“Oh, quanti amici hanno tradito”, continuava innervosito
“Quanti amici hanno tradito per la causa dell’amore”
Sono andato a casa sua, sono andato con i fiori
M’hanno detto che era uscito, che era andato a passeggiare
Ma vedevo un’ombra appesa, la vedevo dondolare
L’ombra non voleva stare sulla sedia di lillà

Scritto da Nico Donvito
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