Lara Dei: “Trasformo la noia in libertà e desiderio” – INTERVISTA

A tu per tu con Lara Dei per parlare del nuovo singolo “Milano Paris”. La nostra intervista alla giovane artista che ha debuttato con il brano “Ex”
Dopo aver catturato l’attenzione con il singolo di debutto “Ex”, Lara Dei torna a far parlare di sé con “Milano Paris”, un brano prodotto da Oyà che fonde immaginazione e ritmo travolgente.
In questo nuovo inedito, l’artista ci guida attraverso un viaggio onirico tra le due città simbolo di business e amore, trasformando la noia della quotidianità in un universo di incontri, scoperte e libertà.
Con un sound ispirato agli anni ’80 e una carica di sensualità, “Milano Paris” anticipa il suo album d’esordio, confermando la cantautrice come una delle voci più interessanti della nuova scena pop italiana.
In questa intervista Lara Dei ci racconta l’ispirazione dietro al brano, il suo percorso artistico e la lezione più preziosa che la musica le ha insegnato.
“Milano Paris” è un titolo evocativo quanto cinematografico. Come nasce questo pezzo?
«Il brano nasce da “un film mentale”: mi trovavo in un periodo molto difficile in cui stavo preparando l’esame per diventare avvocato, immersa in enormi libri che durante il periodo estivo, quando Roma è deserta, sono i tuoi unici amici. Non ero felice e mi sentivo molto frustrata perché intraprendere quel percorso per me rappresentava una forzatura. E così spinta dall’insoddisfazione e dalla noia ho sognato di fare un viaggio tra Milano e Parigi dove l’unica legge sarebbe stata assecondare i propri desideri».
Nel brano parli di una quotidianità soffocante che si trasforma in un’esplosione di desiderio e libertà. Quali sensazioni e quali stati d’animo hanno accompagnato il processo creativo di questa canzone?
«La noia ha avuto un ruolo cruciale nella creazione del brano: poco stimolata dal resto, per me ha rappresentato il carburante di un viaggio in una vera e propria città dove sarebbe potuto succedere di tutto. Non sono mai stata a Parigi e questo mistero non ha fatto altro che alimentare la mia fantasia, permettendomi di dare vita e toccare quasi con mano le strade, i vestiti, i locali e vivere gli incontri».
C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza il senso che ha per te “Milano Paris”?
«È difficile sintetizzare il brano con una frase perché è un intreccio di divertimento, di libertà, di fantasie ma anche di riflessione pungente sulla società contemporanea. Per esempio, io canto: “Camminavo per Paris e subito cat-callig ma niente di strano, succede anche a Milano”. Una frase che incarna perfettamente una problematica sociale, legata all’essere donna oggi, che non cambia nonostante le distanze geografiche. E la protagonista, fortunatamente, riesce a non farsi influenzare e resiste alle interferenze esterne di un fenomeno che, pur essendo percepito purtroppo come normale, in realtà non lo è».
Dal punto di vista musicale, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound?
«In realtà nel momento in cui ho scritto il brano, partendo da un giro di basso, avevo già molto chiara la direzione musicale che volevo perseguire. Essendo un brano spensierato, volevo renderlo ancora più leggero con synth anni ’80 e chitarrine Italo Disco. La parte più divertente è stata la ritmica con suoni tribali: volevo fosse una grande festa e la produzione ha rispecchiato perfettamente quello che avevo in mente».
“Milano Paris” arriva dopo “Ex” e anticipa il tuo primo album. In che direzione si sta muovendo la tua musica?
«Non sto seguendo una direzione ‘della musica’ ma una personale e intima. Sto cercando di fare piccoli passi, anzi piccolissimi, con la consapevolezza e sicurezza di star facendo qualcosa di bello per me, che mi rispecchi e che spero in qualche modo possa dare qualcosa alle persone che mi seguono o che ascoltano le mie canzoni. Vorrei provare a seguire la mia emotività e sentirmi felice di quello che faccio, sono grata di fare questo lavoro e sono consapevole del grande privilegio che ho».
Hai un background importante tra concorsi, scuole di scrittura e aperture a grandi artisti. Quale momento del tuo percorso ti ha formata di più? C’è un episodio che, più di altri, pensi si sia rivelato fondamentale?
«Credo che suonare, non importa in quale posto, sia stata ed è tutt’ora la cosa più importante per me. Il contatto con le persone, il riscontro immediato con il pubblico, sono le cose che più contano e tramite queste riesco a percepire se le mie canzoni piacciono e cosa arriva, quanti si rispecchiano in quello che scrivo e cantano insieme a me il loro vissuto. Un momento che non potrò mai dimenticare è il concerto al CEI di Trieste dello scorso anno, dove c’erano 10000 persone e prima di me si è esibito il grande Riccardo Cocciante. Non volevo più salire sul palco, non mi sentivo più in grado dopo un gigante della musica italiana e mi ricordo che in quel momento di agitazione, venne sua moglie che mi abbracciò e mi disse di stare tranquilla perché non sarebbe stato quel concerto a determinare la mia carriera. Da lì, grazie alla sua forza, ho fatto un sospiro e sono salita sul
palco, ed è stato incredibile».
Per concludere, qual è la lezione più importante che pensi di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«La musica è in grado di insegnarmi e trasmettermi molto. Sicuramente quella che reputo fondamentale è l’onestà con se stessi e con le proprie emozioni: le persone quando ti ascoltano vogliono la verità, che sia dura, diretta, o che abbia invece un risvolto sorprendente e felice. Suonare per gli altri mi ha insegnato questo e a mettermi a nudo, senza paura, mostrando me stessa, i miei pensieri e le mie emozioni e credo che questo sia il regalo più bello che la musica mi abbia fatto».