“L’arcobaleno” di Adriano Celentano: te la ricordi questa?

L'arcobaleno Adriano Celentano

Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “L’arcobaleno” di Adriano Celentano

La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 1999 con “L’arcobaleno” di Adriano Celentano.

Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.

Ti sblocco un ricordo: “L’arcobaleno” di Adriano Celentano

L’arcobaleno“, pubblicata da Adriano Celentano nel 1999 all’interno dell’album Io non so parlar d’amore, è uno dei brani più intensi e toccanti del suo repertorio. Scritta da Mogol su musica di Gianni Bella, la canzone nasce come un messaggio postumo a Lucio Battisti, scomparso pochi mesi prima, e assume la forma di una lettera dall’aldilà, narrata in prima persona come se fosse Battisti stesso a parlare all’amico di sempre.

Fin dall’incipit: “Io son partito poi così d’improvviso che non ho avuto il tempo di salutare”, il testo cattura per la sua immediatezza emotiva, trasformando il lutto in poesia. “L’arcobaleno” diventa simbolo di amore, un ponte tra due mondi, capace di cancellare “il più avvilente e desolante squallore” con i suoi colori. Mogol costruisce un linguaggio semplice ma intriso di metafore naturali: il tramonto di sera, le foglie di aprile, il canto sottile degli uccelli. Immagini che restituiscono l’idea di una presenza silenziosa ma ancora viva, capace di esprimersi senza parole.

La voce di Celentano, registrata in maniera intima e notturna, senza ulteriori rifiniture in studio, amplifica la sincerità del brano. Non è un’interpretazione patinata: c’è una fragilità reale, quasi confidenziale, che fa sembrare l’ascoltatore partecipe di una conversazione privata. La scelta di mantenere quella prima registrazione è perfettamente coerente con il senso della canzone: un momento irripetibile, nato dall’urgenza emotiva più che dalla ricerca della perfezione tecnica.

In definitiva, “L’arcobaleno” non è solo un brano commemorativo, ma una riflessione universale sull’amicizia, sulla perdita e sulla continuità degli affetti oltre la vita. È una delle pagine più autentiche e commoventi della musica italiana, in cui Mogol e Adriano Celentano riescono a rendere tangibile l’assenza, trasformandola in un atto d’amore eterno.

Il testo di “L’arcobaleno” di Adriano Celentano

Io son partito poi così d’improvviso
Che non ho avuto il tempo di salutare
Istante breve, ancora più breve
Se c’è una luce che trafigge il tuo cuore

L’arcobaleno è il mio messaggio d’amore
Può darsi un giorno ti riesca a toccare
Con i colori si può cancellare
Il più avvilente e desolante squallore

Son diventato, sai, tramonto di sera
E parlo come le foglie d’aprile
E vivrò dentro ad ogni voce sincera
E con gli uccelli vivo il canto sottile
E il mio discorso più bello e più denso
Esprime con il silenzio il suo senso

Io quante cose non avevo capito
Che sono chiare come stelle cadenti
E devo dirti che è un piacere infinito
Portare queste mie valige pesanti

Mi manchi tanto amico caro, davvero
E tante cose son rimaste da dire
Ascolta sempre e solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire

Son diventato, sai, tramonto di sera
E parlo come le foglie di aprile
E vivrò dentro ad ogni voce sincera
E con gli uccelli vivo il canto sottile
E il mio discorso più bello e più denso
Esprime con il silenzio il suo senso

Mi manchi tanto amico caro, davvero
E tante cose son rimaste da dire
Ascolta sempre e solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire
Ascolta sempre e solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire
Ascolta sempre e solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire

Scritto da Nico Donvito
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