Non tutti possono cantare, i bambini soprattutto
Da anni impazza il desiderio di far cantare i bambini in TV. Ci si è inventati Ti lascio una canzone, Io canto, The voice Kids e persino lo Junior Eurovision Song Contest. Bambini che cantano dovunque. Bambini prodigio, s’intende. Peccato che poi, quando li si va ad ascoltare, siano davvero terrificanti ed il meccanismo a cui son sottoposti lo sia ancora di più.
Questa riflessione nasce dalla visione della semifinale di Sanremo Young, il nuovo format canoro-televisivo di Rai Uno giunto ormai alla seconda edizione con la conduzione (ormai poco spumeggiante e fanciullesca) di Antonella Clerici.
Ecco, è la prima puntata che mi son ritrovato a vedere e credo che sarà davvero anche l’ultima. Come si può anche solo permettere che dei bambini, o dei ragazzi per chi li crede già talmente grandi a 15 anni, interpretino canzoni impegnate, impegnative ed impegnanti su un palco colossale come quello dell’Ariston?
Vedete, sono profondamente convinto che viviamo in un mondo di valori e che ogni cosa, anche la più piccola, ne possieda uno che va rispettato e capito. Far cantare un brano come Ti regalerò una rosa ad un ragazzino in piena crisi ormonale non è esattamente quel che si chiama rispetto di un brano. E’, piuttosto, volontà di sfruttare televisivamente un bel ragazzino che canticchia una filastrocca senza rendersi minimamente conto di ciò che sta dicendo. E non per colpa sua. Per non parlare, poi, di quando a quel ragazzino viene fatta cantare Signor Tenente di Faletti.
E del valore del palco dell’Ariston ne vogliamo parlare? Perchè si deve permettere di dissacrare un luogo così pregno di storia, di emozione e di cultura? Perchè una ragazzina qualsiasi che non ha un minimo concetto di intonazione deve rovinare, proprio su quel palco, dei capolavori della musica italiana che magari proprio lì sono esplosi e divenuti dei successi spesso globali?
Ecco, forse, bisognerebbe ricordarsi che ogni cosa ha un valore. Anche un bambino ha il suo valore e quel valore non gli impone di cantare canzoni non adatte a lui, alla sua età e alla sua maturità intellettuale su di un palco che rappresenta il massimo per chi vuol fare musica. Rispettiamo i valori della cose. Diamo alle canzoni le voci che meritano, gli artisti che le capiscono. Diamo ai bambini i giochi che appartengono alla loro età senza per forza doverli travestire da grandi perché c’è un’età per tutto, anche per cantare. Il che non vuol dire che un dodicenne non possa cantare ma magari lo deve fare in una scuola di musica per imparare ciò che sta facendo e non in televisione, sul palco dell’Ariston, cantando canzoni non adatte e venendo giudicato come se fosse il professionista che non è. Poi, certo, gli si dice ‘è un gioco‘ ma per i bambini una sconfitta resta una sconfitta. Sempre.
Ilario Luisetto
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