Laura Pausini divide con “La mia storia tra le dita”, a vincere è il purché se ne parli – RECENSIONE

Analisi sul nuovo singolo di Laura Pausini, la sua personale rilettura de “La mia storia tra le dita” di Gianluca Grignani, fuori da venerdì 12 settembre, un brano si divide tra le opinioni dei nostalgici rispetto alla versione originale e i pareri dei sostenitori della cantante romagnola
Era stato annunciato in pompa magna la bellezza di due mesi fa, suscitando grande interesse e curiosità. Le aspettative attorno a questo ritorno di Laura Pausini erano alte, ma che dire de “La mia storia tra le dita”? Nulla di male, ma purtroppo nulla nemmeno di bene. Ascoltando e riascoltando questa nuova versione uscita oggi, venerdì 12 settembre, per Warner Music Italy, il paragone con la versione originale di Gianluca Grignani viene naturale, diventa quasi inevitabile.
Insomma, la canzone ha un peso troppo grande, così come ce l’ha la stessa Laura. Quando due grandezze si incontrano, non è detto che riescano a compensarsi. La musica è soggettiva ed è sorretta da un filo così sottile che anche se ci metti tutti gli ingredienti giusti, anche se selezioni le primizie e le materie prime più prelibate, il risultato può non soddisfare del tutto.
Parafrasando un passaggio de “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde del 1890, si torna al vecchio e caro: “nel bene o nel male, purché se ne parli”. E sotto questo aspetto possiamo dire che “La mia storia tra le dita” nella versione di Laura Pausini ha centrato l’obiettivo, perché non solo farà parlare di sé, ma spaccherà a metà l’opinione pubblica come non accadeva dai tempi dei Guelfi e dei Ghibellini.
Battute a parte, basta guardare i commenti fazioni dei suoi supporter sotto il videoclip del brano o in qualsiasi altro luogo internettiano. C’è da scommettere, anche sotto il post di questo articolo. Dall’altra parte, invece, quelli più nostalgici, quelli che “la Pausini sì, ma meglio quando canta le sue canzoni”, quelli che non riescono a togliersi dalle orecchie il tema originale cantato con voce sussurrata e trasporto da un giovane Gianluca Grignani.
E non bisogna nemmeno credere a quelli che dicono che le canzoni possono essere cantate solo da chi le ha scritte o non debbano essere toccate, non esistono regole in musica, al contrario ne esistono in discografia, che è un’altra cosa. Però capita, e in questo caso è capitato, che se prendi X e la metti in bocca a Y, il risultato non sia la lettera che avremmo voluto. L’uscita di “Io canto” di diciannove anni fa, era un’altra cosa. Anzitutto perché era una canzone molto meno conosciuta, e l’arrangiamento del compianto Celso Valli, senza nulla togliere a Paolo Carta, restituì al brano un retrogusto inedito. Quando uscì il singolo, infatti, c’era anche chi non conosceva quel pezzo, uscito nel 1979, molti anni prima, e non è mai stata un cavallo di battaglia di Cocciante. Mentre “La mia storia tra le dita” era uscita nel 1994, passando da Sanremo Giovani, di conseguenza la cantano pure le pietre.
Il confronto non si pone, per questo non trovo sbagliata l’esecuzione di Laura Pausini o le scelte artistiche di questa rilettura, ma è proprio sbagliata l’operazione. Lo è stato sin dall’inizio, da come è stata annunciata. L’augurio è che “Io canto 2” somigli per attitudine al suo predecessore, e non diventi una cosa troppo distante al punto da mantenerle solo il nome. È vero, sono passati quasi vent’anni, “i bimbi crescono e le mamme imbiancano” come cantava Giorgio Consolini, ma ci sono cose che francamente non riesco a comprendere di questa versione. Le riassumo in due punti: perché puntare come primo singolo estratto su un pezzo così universale, troppo ancorato nella memoria collettiva alla versione originale; perché togliergli quell’anima rock tipica della versione originale e renderlo più pop.
Eppure Laura Pausini ha dimostrato con “Resta in ascolto” di avercela l’anima rock e di saperci pure fare, qualche venatura di quel tipo non avrebbe fatto che bene alla sua rilettura de “La mia storia tra le dita”. Comunque sia, queste sono solo delle riflessioni buttate giù in maniera più o meno ordinata, come a voler stemperare anche tutti i commenti che si leggono in giro, sia quelli ingiustamente negativi che quelli fanaticamente positivi. La verità sta sempre nel mezzo. In buona sostanza, si parlerà molto di questa operazione, andando anche al di là della sua reale bontà. Questo basterà a decretarne il successo? Saranno come sempre i numeri a dirlo, ma tutto questo potrà essere ancora una volta un spunto utile per interrogarci, a livello sociale, sulla percezione della musica oggi, su quanta importanza diamo al contenitore e su quanta importanza attribuiamo ancora al contenuto.