LDA: “Ho vissuto la vita vera e ci ho ritrovato me stesso” – INTERVISTA

LDA

A tu per tu con LDA per parlare del suo nuovo singolo “Shalla”, che apre a una nuova fase del suo percorso e segna una netta virata verso l’R&B. La nostra intervista al giovane artista napoletano

Ha imparato dai propri errori Luca D’Alessio, in arte LDA, e lo ha fatto semplicemente prendendosi il tempo giusto per condurre la sua vita di ventenne e creare musica senza fretta, stress e ansie da prestazione. Ce lo racconta in questa intervista, in occasione dell’uscita del singolo “Shalla”, che segna l’inizio di una nuova fase del suo percorso.

Il brano, disponibile per Columbia Records da venerdì 11 aprile, inaugura così una nuova ricerca sonora che fa dell’R&B il suo punto focale. Il risultato è una canzone che ci esorta a vivere senza catene, liberi di seguire il flusso delle cose, senza inseguirle a tutti i costi e senza voler esercitare alcun controllo. “Shalla” rappresenta così un’ambiziosa sfida per LDA, quella di rappresentare e far suo un genere, il rhythm and blues, che in Italia non ha ancora trovato la sua giusta collocazione.

LDA presenta il nuovo singolo “Shalla”, l’intervista

Come hai vissuto questo ultimo periodo e come è arrivata “Shalla” che, di fatto, inaugura una nuova fase del tuo percorso?

«Ho vissuto la mia vita, come quella di un qualsiasi ragazzo di vent’anni. Ho visto i miei amici, girato per la mia Napoli, ho iniziato a lavorare con calma in studio, mi sono divertito e, soprattutto, mi sono ricordato cosa significa essere un ragazzo normalissimo. Io mi sento proprio così, ma sono gli altri che a volte non mi fanno sentire un ragazzo normale. Così ho vissuto la vita vera, nient’altro che questo».

Quali skills pensi di aver acquisito questo lasso di tempo rispetto al passato?

«Forse la consapevolezza di quello che posso dare. E non ti nego che in passato un paio di uscite sono state sbagliate per la fretta, per la foga di dover uscire a tutti i costi. Ho sbagliato un paio di cose, ma ho imparato bene come si fa questo mestiere, a calibrare tutto, a saper prendermi il tempo giusto, perché la musica ha bisogno di tempo se la vuoi farla di qualità».

“Shalla” si presenta come un inno vero e proprio inno alla rinascita. Nel testo parli di caos esterno e solitudine interiore. C’è una frase che rappresentata e sintetizza per te il senso di questa canzone? 

«Forse il ritornello, anche se già il titolo esprime tutto al meglio. La parola “scialla” sintetizza tutto. È un inno alla libertà. Non è un termine napoletano, ma romano, che però può capire tutta l’Italia. A volte corriamo troppo e ci perdiamo tante cose. Ho capito che non ti devi perdere niente, perché non bisogna mai trascurare una parte di vita che può rivelarsi col tempo importante. Quindi bisogna restituire il giusto tempo a tutto, trovare il tempo per tutto e per tutti».

Con questo pezzo viri con decisione verso l’R&B, un genere che rappresenta un vero e proprio movimento, al pari dell’hip hop o del rock. Come ti sei avvicinato a questo mondo?

«Non saprei dirti un momento, perché lo ascolto sin da bambino. Proprio di recente ho ritrovato dei provini sul telefono, tipo di quando avevo tredici anni e già registravo i miei primi inediti che come genere strizzavano l’occhio all’R&B. Forse da piccolo, oltre alla musica napoletana e la italiana, mi è capitato di assimilare tanto di questo mondo, altrettanto non si spiega il perché sono così tanto affascinato da questo genere e da questa cultura. Non riesco a capire come in Italia ancora non abbia preso piedi, forse perché dovevo arrivare io (sorride, ndr)».

Lo so che è prematuro, Sanremo è quasi appena finito, ma ti chiedo: nei tuoi piani per il 2026 c’è il Festival? Non potrebbe essere un’ulteriore sfida quella di sdoganare un genere come l’R&B anche sul palco dell’Ariston?

«Perché no? Sarebbe proprio questa la sfida: portare su quel palco un pezzo super R&B, andare lì e vedere quello che succede. Ovviamente è ancora prematuro, ma nel caso mai dovessi tornare a Sanremo, sono certo che non mi presenterei con un pezzo pop, né con un pezzo rap, ma con un pezzo R&B. Sarebbe un bel sogno, ti dico la verità. Avrei in mente già la cover, però non vorrei bruciarmela con uno spoiler (sorride, ndr). Vediamo cosa succede, come suggerisce “Shalla” sin dal titolo… facciamo le cose con calma, un passo alla volta».

Se avessi la possibilità di incontrare il Luca adolescente, nel momento in cui iniziavi a scrivere le tue prime cose e a pensare timidamente di avvicinarti alla musica. Anni prima di Amici, Sanremo e tutto il resto. Che consiglio gli daresti? 

«Sicuramente di fare lo stesso percorso, anzi, forse non gli dare nessun consiglio, lo farei sbagliare, perché gli errori mi sono serviti a imparare questo mestiere. Ho ventidue anni, però mi sembra di far musica da una vita. La gente mi ha conosciuto ad Amici e poi a Sanremo, molti non sanno invece che faccio questo da più di otto anni. Tutte le volte che ho sbagliato qualcosa, ho imparato a fare dieci volte meglio. Quindi lascerei tutto così, non gli darei nessun consiglio e lo farei sbagliare, perché gli sarà utile».

Per concludere, qual è la lezione più importante che pensi di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

«Ciò che ho capito è che il “cantante” lo devi accantonare nella vita reale, devi sentirti tale quando sei in studio o quanto sali sul palco. Ma nelle interviste è Luca che parla, quando vado al ristorante o facci qualsiasi altra cosa “normale”, non sono LDA. Tipo Spiderman e Peter Parker. L’ego del cantante bisogna tirarlo fuori in studio e sul palco, in tutte le altre ore del giorno devi essere te stesso, con le tue fragilità e le tue sicurezze».

Scritto da Nico Donvito
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