venerdì 22 Novembre 2024

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Le radici che mi porto dentro: un abito che ancora indosso

Una selezione di testi di canzoni che raccontano di radici

Partiamo da qui. Partiamo dalla nostra identità. Siamo la sintesi di una storia personale, di una dimensione sociale e delle relazioni che intrecciamo durante la vita. Le radici sono le nostre origini: parte fondamentale che sostiene e dà nutrimento, senza cambiare nel tempo, permettendoci di contraddistinguerci in riferimento alla storia familiare e, in senso più esteso, a quella culturale del posto in cui siamo nati. Lo sa bene Francesco Guccini, “le tue radici danno la saggezza E proprio questa è forse la risposta E provi un grande senso di dolcezza”.

Potremmo anche cambiare nel tempo, noi stessi come i luoghi ed evolvere, ma quello che ci sorprenderebbe è proprio “il senso di dolcezza”, magari misto a un pizzico di nostalgia, che proveremmo per le nostre radici. Indimenticabili, i Sud Sound System “se nu te scierri mai de le radici ca tieni”, si fanno maestri di vita, insegnandoci il rispetto per quelle degli altri “rispetti puru quiddre de li paisi luntani”. Il “se” ipotetico, “se nu te scierri mai de du ede ca ssa ieni”, seguito dall’indicativo, presenta l’ipotesi come un dato di fatto, in quanto “dai chiù valore a la cultura ca tieni”. Le radici permettono di presentarci in modo diretto, e senza generare dubbi, tanto da poter dire “simu salentini de lu munnu cittadini Radicati a li messapi cu li greci e i bizantini Uniti intra stu stile osce cu li giammaicani” e chiedere a chi ascolta “dimme tie de du ede ca ssa bieni”.

Un senso di fiera appartenenza ci giunge da Nerone & Clementino, quando “canto la mia città, per lei io do la vita”. La città in cui affondano “le radici che ho dentro Sono identiche a me”, si costituiscono come parte fondamentale che li porta a dire “e questo sono io E più vero non c’è”. Dal punto di vista concettuale, Al Bano & Romina fanno un passo in più, perché non identificano le radici con un luogo fisico specifico e circoscritto, ma con una dimensione cosmica, di totale contatto con la natura, così che “le mie radici sono nel vento Non tra le mura di una città (…) Le mie radici sono nel sole Non fra la nebbia di questa città Ho dentro gli occhi Solo boschi di antenne in fiore Mentre il mio cuore Batte solo per comodità Dov’è l’aria pura”. Questo “primitivo” sentire delle origini “li fa sentire Prigionieri di un’era che crea robot”, con l’amara verità che “e dei veri valori si è fatto un un falò”, ma con la speranza di ricongiungersi all’essenza della natura, dove ritrovare se stessi. “Per fortuna si sa poi la strada dov’è Se la voglia di vivere è dentro di te Le mie radici Sono nel sole Non fra le luci Di questa città”.

Sono radici, le storie che seminiamo nel nostro viaggio e che, come canta Jovanotti, affondiamo “proprio come un albero che vive in mezzo agli alberi (…) quando giro per il mondo Cerco di far sì che il vento non mi butti giù E di affondar le mie radici nel profondo Prendo il sole in faccia per far sì che le mie foglie Stiano bene appiccicate lungo questi rami Ospito tra le mie braccia nidi di uccellini E do rifugio nel mio fusto a molti sciami”.

Guardando alle trame amorose delle relazioni di coppia, quali canzoni mettono le radici come base di quel reticolo affettivo? Franco Battiato racconta, per esempio, “e ti vengo a cercare Anche solo per vederti o parlare Perché ho bisogno della tua presenza Per capire meglio la mia essenza (…) Con la scusa di doverti parlare Perché mi piace ciò che pensi e che dici Perché in te vedo le mie radici”. Ugualmente, Alan Sorrenti non esita a farci sapere che “quando sono qui con te Quello che prima valeva per me Non vale più niente Ma quando sono sulla strada da solo Io mi sento sempre un uomo in cerca In cerca delle tue radici In cerca delle mie radici Per crescere insieme” fino a desiderare un parossistico, “vorrei essere capace Di amare il tuo amore Senza di te” e poter fare come Francesco, il protagonista della canzone di Ivan Graziani, “un pastore e ha vissuto trent’anni in un deserto di pietre per la sua verità” e che, grazie all’amore, vede che “quei suoi fragili fiori hanno messo radici, son sbocciati nel vento infiniti nel blu”.

Nonostante questo, combatte lo stesso “eterne battaglie“, consapevole di essere “vento e radici (…) Ho radici nel vento, ho imparato da te sono fedele a me stesso, non ti tradirò mai io non ti tradirò mai”. All’opposto, a Oni One & Side Baby, “non m’importa di quello che pensi, di quello che dici (No, no) Non ti conosco e noi non siamo amici Sono stato così tanto per strada (Per strada) Che ci ho messo le radici“. Quella strada che per Jake La Furia feat Fabri Fibra, “sono ali e radici, oro e champagne Oppure sangue e sacrifici Sono un mare di soldi, un mare di merda Sono le mie cicatrici Abbiamo le ali ed il coraggio Radici all’atterraggio Qual è il senso del viaggio? I soldi o gli amici? Se siamo solo di passaggio Sogno un cuore di ghiaccio e il calore di un abbraccio Ali e radici Preparati al decollo per diventare immortali volare lontani non ho radici strette intorno al collo raccontano che il domani è di chi ha le ali”.

Un domani già in corso per i Pinguini Tattici Nucleari, che propongono un testo contemporaneo, surreale, a tratti demenziale, ma che rappresenta perfettamente alcuni aspetti della nostra società. Internet è rappresentato simbolicamente dal “magico, tutoriale, premonitore, giudizioso, esplicativo mondo di Salvatore Aranzul-(la)-zul-(la)” e che, nella canzone,  diviene il simbolo di incertezza e libertà. “<Ciao, sono Luca, ho 24 anni e vengo dall’Abruzzo Ti seguo da anni ormai, ho un problema Penso che la mia fidanzata mi tradisca Esiste un modo per scoprire la sua password?> <Luca, a te e a quelli come te servirebbe un tutorial sulla fiducia Perché la fiducia è la radice dell’albero Che tutti noi comunemente chiamiamo amore E comunque la sua password è “piccina91”> <Ciao Salvatore, sono Giovanna, ho 64 anni Ti scrivo da Venezia, mi faresti un tutorial sull’internet?> <Sai, è un gran bel tema l’internet Perché è la radice dell’albero che tutti noi comunemente chiamiamo “toolbar”> <Ciao Salvatore, sono Marco, volevo chiederti che cos’è il 4?> <È la radice di quello che tutti noi comunemente chiamiamo 16>. A questo punto, un’ultima domanda: avremo ancora bisogno di radici nel mondo liquido che abiteremo?

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.