Leonardo Lamacchia l’abbiamo scoperto grazie all’ultima (deludente in questo caso) edizione del Festival di Sanremo nella categoria delle Nuove Proposte che l’ha lanciato sul mercato discografico con il suo primo EP d’inediti che prende il nome proprio dal brano festivaliero: Ciò che resta.
Il giovane cantautore barese al Festival si è presentato spoglio da qualsiasi artificio con un brano tradizionale, emotivo e delicato capace di raccontare l’animo più intimo e personale. Ciò che resta è la perfetta ballad sanremese scritta e composta da Mauro Lusini e Giovanni Pollex che rispettano la tradizione festivaliera della lenta partenza al pianoforte che lentamente si apre in un’orchestrazione tutta crescente con gli archi in grande spolvero mentre la voce introduce le sue tinte migliori per raccontare un amore di cui rimangono vivi i ricordi. Leonardo rimane disarmato di fronte alla potenza di un brano personale e canta “non me ne vergogno, è vero piango troppo spesso ma non ho perso mai la forza”.
Nel corso del disco, poi, le atmosfere vanno e vengono tra quei paesaggi nebbiosi e incerti dove ciò che si vede non è mai troppo definito e quelli che, invece, non lasciano dubbio grazie a suoni che si schiudono per lasciare immagini nitide e precise. Ermal Meta firma E’ soltanto pioggia dove quell’insicurezza e quella delicatezza messa in scena dalla title track permane nelle parole (“è soltanto pioggia che ci bagna, dicono”) pur introducendo un arrangiamento che tenta di schiudersi con l’apporto della ritmica. Meta dona a Leonardo il suo bene più prezioso: la magia della tristezza nella voce, quella tristezza positiva e capace di scovare sentieri puri ed emozionali.
Le chiavi del mio mondo inizia a farsi sbarazzina, estiva e solare con la voce che si libera in un uptempo in cui si celebra il passare incessante del tempo, mentre Un brutto sogno torna a quelle atmosfere chiuse nell’introduzione per poi lasciarsi in un ritornello che ricorre al falsetto per farsi ancor più delicato e innocente.
L’ep si chiude com’era iniziato, con la magia della voce sfumata dalla nostalgia che ben interpreta prima Uomo a metà, in cui l’apertura è quantomai incerta portando alla schiusura progressiva descrivendo un attimo d’amore imprigionato in una di quelle vecchie polaroid ingiallite che inevitabilmente ricordano il freddo e i più felici ricordi, e poi chiude con Giulia dorme, dove i ricordi raggiungono il loro apice di concretezza e delicatezza prendendo forma nella protagonista del racconto che si desidera proteggere dalla vita.
Leonardo Lamacchia si presenta con questo disco nudo di fronte al pubblico eliminando tutto ciò che di superfluo potrebbe esserci: Ciò che resta è un disco d’essenzialità, non c’è nulla di “in più”, non c’è nulla di fuori contesto, non c’è nulla che non è funzionale al racconto nostalgico, magicamente triste e personale che il giovane cantante porta avanti con la sua voce densa di colori cupi e riflessivi. Non c’è spazio a canzonette, a storie mai vissute o ad inutili vocalizzi; c’è solo Leonardo e la sua vita. Tenetelo d’occhio perché questo qui vale parecchio come già ebbi la fortuna di dire (per chi non ha una buona memoria qui c’è la prova) fin dalle prime selezioni delle Nuove Proposte dell’ultimo Festival quando ancora nessuno si era accorto di lui.
MIGLIORI TRACCE: Ciò che resta – Uomo a metà – Giulia dorme
VOTO COMPLESSIVO: 7.3/10
TRACKLIST [autore testo – autore musica]:
- Ciò che resta [Mauro Lusini, Giovanni Pollex]
- E’ soltanto pioggia [Ermal Meta, Giovanni Pollex]
- Le chiavi del mio mondo [Giovanni Pollex]
- Uomo a metà [Leonardo Lamacchia, Francesco De Maria, Mauro Lusini, Roberto Guglielmi]
- Un brutto sogno [Ermal Meta, Giovanni Pollex]
- Giulia dorme [Giovanni Pollex, Francesco De Maria, Roberto Guglielmi]
Ilario Luisetto
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