sabato 23 Novembre 2024

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Leonardo Zaccaria: “Vorrei che la mia musica fosse un rifugio per le persone” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane cantautore romano, in uscita con il suo secondo singolo intitolato “Louvre

Perseguire un obiettivo e portarlo avanti nonostante le difficoltà, questo e molto altro ancora è il senso racchiuso all’interno di “Louvre” (Canova Rec/Polydor/Universal Music Italia), il nuovo singolo di Leonardo Zaccaria, ventiduenne alla sua seconda prova discografica, a poche settimane di distanza dall’esordio avvenuto con l’inedito “Il senso di una storia”. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Leonardo, benvenuto. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Louvre”, cosa racconta?

«”Louvre” è il mio secondo singolo e racconta le preoccupazioni, le riflessioni e i problemi di tutti i giorni che viviamo quando inseguiamo un obiettivo. Nella canzone c’e la voglia di liberarsi, di affrontare tutto con più leggerezza, di lasciarsi andare».

Quali sensazioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di scrittura del pezzo?

«Era un periodo in cui avevo appunto un po’ di dubbi, stavo ritrovando la serenità  dopo un’estate abbastanza difficile, con varie incertezze sulle scelte che avrei dovuto compiere in futuro. Avevo voglia di mettere tutto questo in una canzone ma con positività, e così è stato, molto spontaneamente è nata “Louvre”».
C’è una frase che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio il significato del brano?

«Ce ne sono varie ma una delle più significative è sicuramente “e balleremo in un supermercato chiuso ma ci sembrerà di stare al Louvre” che è la frase con cui inizia il ritornello. Spesso vorremmo succedesse qualcosa di straordinario nella nostra vita, che sia un’emozione travolgente o che sia la realizzazione di un progetto, con questa frase volevo dire che forse l’eccezionale arriva quando meno ce lo aspettiamo, in un luogo che non avremmo mai pensato o semplicemente in una notte insieme a una persona importante».

Dal punto di vista musicale, come siete arrivati a questo tipo di sound?

«La canzone è nata chitarra e voce da questo riff che mi piaceva tantissimo, l’ho scritta e sviluppata fino ad avere una demo acustica. Dopodiché l’ho mandata al mio produttore, Michele Canova, con il quale abbiamo subito immaginato di unire questa forte componente chitarristica ad una ritmica minimale e moderna. Sono contentissimo del sound che abbiamo raggiunto, Michele ha fatto un lavoro incredibile rispettando l’anima della canzone».

Come descriveresti il tuo rapporto con la musica?

«Il mio rapporto con la musica va avanti da moltissimo tempo, da quando ho iniziato a suonare la chitarra verso i 9 anni. Da quel momento in poi è stata una costante della mia vita. Mi ha dato gioie, delusioni, momenti di incertezza ma è sempre stata l’unica cosa che mi appassionasse così tanto da non dormirci la notte. È una dolce maledizione ma la sensazione che ho nel momento in cui scrivo una canzone è ogni volta incredibile, è un modo unico per sfogarmi, per capirmi, per scavare dentro me stesso e per comunicare delle cose. Sento che è questa la mia strada».

Quali artisti hanno influenzato e accompagnato il tuo percorso?

«Gli artisti che hanno influenzato e che tutt’ora influenzano il mio percorso sono molti. Amo raccogliere spunti ed emozioni diverse da vari tipi di musica, sono molto attento ai sentimenti che questi scatenano in me, così come fanno un libro o un film. A volte ho scritto canzoni mentre guardavo un film in sottofondo, è una cosa che mi piace fare perché colgo l’atmosfera creata dalle immagini e provo a trasporla in musica. Ad ogni modo se devo fare qualche nome di artisti musicali penso a Ed Sheeran, i Kings of convenience, James Arthur per la scena internazionale e Rino Gaetano, Cesare Cremonini e Tiziano Ferro per la musica italiana».

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Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa puoi anticiparci a riguardo?

«Sono sempre al lavoro su cose nuove e idee che mi facciano sognare. Il prossimo singolo, dopo Louvre, è già pronto. Sono anche molto legato al concetto di album, ma non mi piace anticipare troppo. Passo dopo passo, spero di riuscire a creare qualcosa di importante e che resti nel tempo».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«La mia musica vorrei fosse un rifugio, un riparo per le persone, un posto in cui possano fermarsi quando sono tristi, felici o quando hanno voglia di lasciarsi andare. Mi piacerebbe arrivare a più gente possibile, anche a persone molto diverse tra loro. Vorrei che le mie canzoni potessero accompagnare i loro momenti di vita quotidiana, aiutandole a ricordarli, a viverli ancora più intensamente. In sintesi, spero che il mio viaggio sarà anche il vostro».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.