venerdì 22 Novembre 2024

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Letteratura a 45 giri: “Canzone del carceriere”, Jacques Prévert e Brunori Sas

Un libro, una canzone: insieme

La retorica del “era tanto un bravo ragazzo

Al giorno d’oggi è facile aprire una qualsiasi pagina di giornale e trovare il titolone che rimanda all’ennesimo caso di violenza sulle donne e femminicidio. “Trentenne uccide la compagna in un impeto di gelosia, poi si toglie la vita”, oppure “Marito picchia la moglie che voleva lasciarlo: lei in ospedale”. Ecco, quante volte queste frasi ci sono passate sotto gli occhi e noi abbiamo accettato di leggere passivamente il resoconto dettagliato della travagliata “storia d’amore”, come si trattasse di un romanzo trovato sugli scaffali impolverati della libreria di nostra zia? Romanzare e romanticizzare un fatto di cronaca che dovrebbe essere oggettivo e scevro da ogni aggiunta non necessaria rende questi articoli quanto più possibile lontani dall’essere vera informazione e vero giornalismo. E le interviste ai vicini di casa che dicono quanto fosse “tanto un bravo ragazzo” e quando sembrassero “così felici” non aiutano di certo.

Poesia e canzoni: quando la soggettività è permessa

Vorrei qui concentrarmi su due casi che, a differenza del giornalismo, possono a mio parere prendersi un po’ più di libertà rispetto a questo argomento. Canzoni e poesie, lavorando per immagini e metafore e prevedendo una rielaborazione e un’interpretazione personale di ciò che si legge e si ascolta, ci parlano di questo genere di violenza potendosi permettere il riferimento a sentimenti e a vissuti soggettivi. Jacques Prévert e Brunori Sas ce lo mostrano molto bene. Entrambi iniziano parlandoci di un desiderio di possesso. Perché forse è da lì che queste storie iniziano sempre.

Canzone del carceriere

Jacques Prévert, poeta e sceneggiatore francese vissuto nei primi tre quarti del Novecento, scrive una raccolta di poesie intitolata Parole (1946), al cui interno si può leggere il componimento Canzone del carceriere, che si basa proprio sulla pretesa di possesso che un uomo avanza nei confronti di una donna.

Dove vai bel carceriere
Con quella chiave macchiata di sangue
vado a liberare la mia amata
Se sono ancora in tempo
L’avevo chiusa dentro
Teneramente crudelmente
Nella cella del mio desiderio

Prévert ci parla del senso di colpa che perseguita quest’uomo, figurandoci in un certo senso quella che potrebbe essere una “redenzione”. La liberazione della donna da questa prigione e la restituzione della libertà negata tanto a lungo sono gli elementi che chiudono la poesia in questione, insieme alla consapevolezza che della donna rimarrà sempre il ricordo:

Voglio liberarla
Voglio che sia libera
E anche di dimenticarmi
E anche di lasciarmi
E anche di tornare
E di amarmi ancora
O di amare un altro

Colpo di pistola

Ma una redenzione, effettivamente, è possibile? Brunori Sas in Colpo di pistola sembra rispondere negativamente. Anche lui, come Prévert, parte dall’idea di possesso e di prigione:

E poi perché è fuggita chi lo sa
Forse perché cercava un po’ di liberta
Ma io non la tenevo prigioniera
La incatenavo solo verso sera

Ma Brunori Sas fa un passo oltre, e la situazione degenera:

E poi perché l’ho fatto non lo so
Forse per non sentire ancora un altro no
Uscire dalla sua bocca dorata
Prima l’ho uccisa e dopo l’ho baciata

Ed ecco dunque che il fondo dell’abisso è stato toccato, il punto più basso è stato raggiunto: da una cosa come questa, il cantautore ci dice, non si può tornare indietro.

L’amore, il mio amore è un colpo di pistola
L’amore, l’amore è una fanfara che suona la nostra canzone
È un nodo intorno al collo
Nel buio di una prigione

Il potere della letteratura

Ecco dunque che due visioni, quella del poeta e quella del cantautore, si incontrano e si scontrano su un tema che entrambi toccano con una delicatezza davvero incredibile. La cosa che più colpisce di Colpo di pistola è senz’altro il tono: la melodia delicata si contrappone inevitabilmente al tema crudo che si sta trattando, ma in un certo senso giustifica la ridondante presenza della parola “amore” che si ascolta durante tutta la canzone. Ciò che ne scaturisce è una destabilizzante unione tra parole e melodia dolci, tipiche di una ballata d’amore, e il tema violento e ostico. L’unione di questi due universi funziona così bene perché il testo della canzone procede per ossimoro: accosta amore e violenza, dolcezza e crudeltà. Lo può fare perché si tratta di una canzone, e chi ne fruisce ha modo di interpretare, di leggere tra le righe. Ecco il grande potere della letteratura: poter dire molto con poco e poter dire tutto ciò che c’è da dire pur affermando apparentemente il contrario.