venerdì 13 Dicembre 2024

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Letteratura a 45 giri: Cyrano de Bergerac – Francesco Guccini

Un libro, una canzone: insieme

Mi chiedo spesso, quando questo o quello si perde nella contemplazione della vista di un fiume che scorre, quali stranezze passino per la testa, prima di quello, poi di questo. Nei loro lunghi silenzi, sospiri interrotti da un uccello che spicca il volo. Scrivo questo, caro lettore, ma ahimè il coraggio non mi conquista mai abbastanza da andar lì, da questo o quello, mostrando fiero il mio petto e con essa la mia sfacciataggine, per chiedergli: “Ma che ti piglia?”.

Per l’amor del cielo. Non veda questo come un imperativo e necessario gesto di buonismo. Tutt’altro. Questa è sete di curiosità, è l’irrefrenabile desiderio di soddisfare una domanda che so già che mi porterò dietro tutta la vita. Quanti sconosciuti seminano nella nostra testa i quesiti più disparati? Basta guardarsi attorno e ne esci matto. O meglio, proprio per non uscirne matto è meglio che te ne stai buono a non chiedere nulla a nessuno, che se no è un attimo ricevere un no come risposta, o, nel caso l’irrequieto e silenzioso osservatore sia di buona stazza, un pugno sulla guancia – che è poi un modo più tattico e di gran lunga più diretto per rispondere no.

“Ma che ti piglia?”. Una volta mi è capitato di contemplare il fiume provando una strana forma di irrequietezza. Uno da fuori poteva pensare che fosse una giornata storta, o che stessi escogitando una mossa elaborata per mettere a posto la mia vita. Invece.

Invece avevo appena letto il Cyrano. Il Cyrano de Bergerac. L’avevo finito da qualche giorno e, dopo che una lieve dose di tenerezza e leggerezza guidò saggiamente i miei pomeriggi, ecco che sprofondai in uno stato di forte turbamento. Mi serviva un fiume, e Legnano me ne diede uno.

Non arrivò nessuno a chiedermi “che ti piglia?” e questa fu una gran fortuna, perché altrimenti non avrei saputo cosa rispondere. Avrei provato a spiegare qualcosa sul Cyrano. Ad esempio che mai, ma dico mai, ho letto nella mia vita una storia condita di così tanti personaggi vuoti.

Non falsi. Vuoti. Un po’ stupidi, un po’ belli, un po’ furbi, un po’ vigliacchi. Tutti così i personaggi di questa commedia. Rossana, nel suo essere così slegata dalla realtà; Cristiano, nella sua cieca obbedienza al suo amore; negli attori, negli sparlatori, nella guerra. È un imbuto che, appunto, non si riempie mai. Scivola tutto in fondo e non ne rimane più niente. E da questo continuo svuotarsi di umanità, arriva lui: Cyrano.

Avete presente quello che vi ho detto prima degli altri personaggi? Bene. Lui è l’opposto. Gli altri sono belli fisicamente? Lui è un gobbo e brutto uomo con un naso enorme. Gli altri sparlano alle spalle di lui? Ecco che l’irascibile Cyrano picchia e duella contro chiunque osi sfidarlo o, peggio, deriderlo. Un coraggio da leone, un mente da poeta: in una parola a me molto cara: un perdente.

Un perdente vero, in un mondo di vincenti falsi. E come ogni sfortunata sorte, Cyrano ama una donna, sua cugina Rossana, innamorata però di Cristiano. A livello di coerenza narrativa, Cyrano dovrebbe ammazzare Cristiano, o comunque ribollire di rabbia verso questo destino avverso. Invece. Invece lo aiuta. Non può conquistare la sua donna, con quel suo naso che si ritrovo, con quell’aspetto ignobile. Decide di conquistarla almeno per Cristiano.

Essendo questo, però, un po’ tocco, Cyrano gli scrive le poesie da dare a Rossana, e lentamente questa si innamora di Cristiano, o meglio, dell’idea poetica che si è fatta di lui.

Maschere, tra le maschere. E si vede come, in maniera assurda, il vuoto si colma. Cyrano, impaurito della sua bruttezza, usa le parole come può, scrivendo frasi fantastiche che vanamente provo a imitare quando sono ispirato. Perché Cyrano è la pienezza dei suoi sentimenti. È sempre tutt’uno con il suo cuore, con il mondo che porta dentro. Nessuna falsità, e pur di difendere questo amore per la verità, sceglie di stare nell’ombra e di mettersi a servizio della finzione.

Leggevo questo racconto e questa triste sorte di un uomo che, coerente con se stesso fino in fondo, decide di venire meno a tutto, pur ai suoi sogni, pur di conservare quella sua unicità. Pur di colmare quel vuoto che se no divorerebbe tutti noi. E infatti, alla fine, tutti vengono divorati.

Ognuno si accorge dell’assurdità di questo mondo e di come noi, nel nostro piccolo, non facciamo altro che alimentarla. Tutti i personaggi cascano dal loro castello in area, ognuno a suo modo. Tutti. Tranne lui, tranne Cyrano.

Lo spiega bene Francesco Guccini vestendo i suoi panni nella canzone Cyrano.

Soprattutto quando canta le parole:

“Non me ne frega niente se anch’io sono sbagliato
Spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato
Coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco
E al fin della licenza io non perdono e tocco
Io non perdono, non perdono e tocco”

E alla fine, no, non vi dirò come finisce. Andate a leggere. Perché è libertà quello che troverete. È l’idea, a volte utopistica, che in fin dei conti potremmo esserlo anche noi in questo enorme imbuto. Un Cyrano, in mezzo a tanti furbi. Un uomo libero, tra tanti uomini giusti e sbagliati.

Magari sono tutte scemenze. In ogni caso, cercate di guardare sempre di buon occhio quelli seduti in silenzio su una panchina a guardare il fiume. Magari hanno appena finito di leggere il Cyrano. Perciò non giudicateli male se alla domanda: “Ma che ti piglia?” loro risponderanno: “Mi piglia che ho due cose da vendicare: il mio cuore e la mia felicità!”.