domenica 24 Novembre 2024

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Letteratura a 45 giri: “La frontiera scomparsa”, Luis Sepulveda e Claudio Baglioni

Un Libro, Una Canzone: Insieme

È scomparsa una frontiera in America Latina, la frontiera che portava nei territori della felicità.

Autobiografia e romanzo di formazione

Quella di Luis Sepulveda non si può che definire una vita in movimento. Gli spostamenti cominciano quando lui neanche è nato, e il nonno anarchico da un paesino dell’Andalusia fugge oltreoceano per difendere i propri ideali di libertà e di fratellanza tra i popoli. Da giovanissimo Sepulveda sposa la causa comunista e in seguito comincia a viaggiare alla ricerca, come ha promesso al nonno, di quella frontiera verso la felicità rappresentata da un ritorno alle origini, al paesino andaluso. Nel frattempo Sepulveda vive una vita piena, fatta di spostamenti, di curiosi incontri con altrettanto curiosi personaggi, di ristrettezze economiche, di anni di prigionia, di esilio e di tanta letteratura.

La frontiera scomparsa è una raccolta di racconti autobiografici che narrano proprio di questi viaggi, e lo fa con una prosa scorrevole ma estremamente evocativa, con frasi asciutte e concise. Il filo rosso che unisce le varie parti della raccolta è l’essenza stessa dell’opera, l’essere un avvincente romanzo di formazione che parte dall’infanzia dello scrittore sino ad arrivare all’età adulta.

Il viaggio da nessuna parte

Il viaggio parte quando Sepulveda ha diciotto anni, ed è un “viaggio da nessuna parte”.

La lettura di Come fu temprato l’acciaio, lettura lenta e piena di consultazioni, si incaricò di portarmi per la prima volta nella regione in cui i sogni si chiamano da nessuna parte. […] Essere un giovane comunista per più di sei anni significò avere il biglietto per andare da nessuna parte sotto la pelle. Tutti i miei amici d’infanzia avevano rotte ben definite: alcuni sarebbero andati a studiare negli Stati Uniti, altri in Uruguay, altri in Europa, altri sarebbero entrati nel mondo del lavoro. Io aspiravo soltanto a non muovermi dal mio posto di combattimento. Avevo diciotto anni quando volli seguire l’esempio dell’uomo più universale che abbia dato l’America Latina, il Che. E così giunse l’ora di pagare un supplemento al biglietto per andare da nessuna parte.

Questo “supplemento”, come leggiamo poco dopo, sono due anni e mezzo di carcere, descritti in modo crudo, vivo, con grande orgoglio e senza alcuna nota vittimistica.

Il viaggio e la scomparsa della frontiera

In seguito Sepulveda, ormai esiliato, fa un passo indietro e narra un episodio della sua infanzia, significativo per capire il suo rapporto col padre e per conoscere meglio la sua indole avventurosa e battagliera. Successivamente vengono narrati altri episodi di questo lungo viaggio verso i territori della felicità. Buffi incontri e amicizie giovanili, lunghi viaggi conclusisi con un buco nell’acqua, blocchi alle frontiere, matrimoni architettati con l’inganno, notti passate con donne sconosciute e conversazioni sussurrate all’orecchio:

Un tempo era così facile andare nel paese della felicità. Non era su nessuna cartina, ma sapevamo tutti come arrivarci. C’erano unicorni e boschi di maijuana. Adesso la frontiera è scomparsa.

L’arrivo alla meta

Ed ecco che, infine, dopo tutto questo viaggiare, stanco e felice, Sapulveda arriva a Martos, in Andalusia. Lì trova il proprio paese della felicità, gente affabile e un lontano parente assai simile al vecchio nonno che ha dato il via a questo viaggio. Quella che prova il nostro protagonista è una felicità semplice e genuina, dovuta a un ritorno alle origini che è anche raggiungimento di una meta.

Il viaggio in Baglioni e in Sepulveda

Dato l’argomento, la canzone che vi propongo oggi è un grande classico dei miei viaggi in macchina. Dovete sapere che da piccola, quando ancora le automobili erano dotate di quello straordinario marchingegno che era il lettore CD, erano assai pochi gli album che permettevo ai miei genitori di mettere senza fare tante storie. Tra questi ve ne era uno di cover di Laura Pausini, al cui interno prediligevo più di ogni altro brano Strada facendo, che scoprii solo in seguito essere in realtà una canzone di Claudio Baglioni (Claudio, se puoi perdonami!).

In questo brano vedo qualcosa del grande viaggio descritto da Sepulveda in La frontiera scomparsa, a cominciare dalla ricerca di un luogo che ad un certo punto sembra impossibile raggiungere (da una parte perché la frontiera da varcare per arrivare alla meta è scomparsa, dall’altra perché la meta in questione nemmeno esiste).

Io ed i miei occhi scuri siamo diventati grandi insieme
Con l’anima smaniosa a chiedere di un posto che non c’è

Forse però la cosa più importante, afferma Baglioni, non è la meta, ma il viaggio e tutto ciò che succede durante esso.

Io e le mie tante sere chiuse come chiudere un ombrello
Col viso sopra il petto a leggermi i dolori ed i miei guai
Ho camminato quelle vie che curvano seguendo il vento
E dentro a un senso di inutilità
E fragile e violento mi son detto tu vedrai, vedrai, vedrai
Strada facendo, vedrai
Che non sei più da solo
Strada facendo troverai
Un gancio in mezzo al cielo
E sentirai la strada far battere il tuo cuore

Un cliché

E voi direte: “Che cliché quello del viaggio più importante della meta!”. Potreste anche avere ragione, ma l’essere cliché non rende il concetto meno vero. Penso che anche Sepulveda sarebbe d’accordo con questa affermazione. Infatti, sebbene costruisca tutta la sua raccolta di racconti sulla ricerca del posto tanto desiderato, alla fine l’opera non racconta della meta, ma del viaggio che conduce il nostro protagonista ad essa. Senza tutte le pagine che precedono l’arrivo in Andalusia, infatti, il vino offerto a Sepulveda al suo arrivo sarebbe molto meno buono.

Allora, dopo essersi schiarito la voce, don Angel disse la più bella poesia che mi abbia offerto la vita, e io capii che finalmente si era chiuso il cerchio perché mi trovavo al punto di partenza del viaggio iniziato da mio nonno. Don Angel disse: “Donna, porta il vino, che è arrivato un parente d’America”.