Un Libro, Una Canzone: Insieme
Strappare lungo i bordi
Cari lettori, oggi parleremo di un argomento di cui ultimamente si è molto dibattuto in ambito letterario e cinematografico. I grandi topic che fino ad ora hanno caratterizzato il mio dicembre sono i seguenti: “Signora mia, che freddo!”, “Quanto mi piacciono le canzoni natalizie!” e infine “Ma lo hai visto Strappare lungo i bordi, la mini-serie di Zerocalcare?”. Quindi, chi sono io per non assecondare l’entusiasmo del momento parlando di La profezia dell’armadillo, libro a fumetti a cui Strappare lungo i bordi chiaramente si ispira?
Temi universali e linguaggio particolare
La profezia dell’armadillo è un’opera concepita come un grande raccoglitore in cui Zerocalcare inserisce molti dei temi più cari alla generazione dei così detti millennials, ma non solo. Intendiamoci, io parlo da persona nata nel 1997. E se sei nato nel 1997 e senti di far parte della generazione dei millennials ci sarà sempre qualcuno che si opporrà “perché non sei mica stato mai un fan dei Backstreet Boys o delle Destiny’s Child”. E la stessa cosa si può dire della generazione Z, perché diciamocelo, in quel caso sei troppo vecchio e basta.
Ecco, anche di fronte a schieramenti così netti, Zerocalcare parla un po’ a tutti. A tutti i giovani per lo meno, spesso precari emozionalmente, lavorativamente ed economicamente parlando.
Certo, è chiaro che molte citazioni e molta ironia che permeano La profezia dell’armadillo non potranno essere colte da chi non ha le basi per comprenderle, ma di fatto i temi trattati sono più universali di quanto non si pensi. Ansie, incapacità di essere proattivi di fronte a difficoltà, indecisione, difficoltà ad affrontare il lutto. Tutti questi grandi problemi, antichi come il mondo e condivisi da tutti, sono affrontati da Zerocalcare con umorismo cinico e un po’ nero che effettivamente non può essere colto da tutti, ma solo da chi a quell’ironia e autoironia è abituato. Ma questo Zerocalcare lo sa, e sceglie bene il proprio pubblico.
Temi e problemi generazionali
È con questa consapevolezza che si può poi parlare dei temi contingenti all’opera specifica, come l’ambientazione nei centri sociali tanto cari all’autore, Rebibbia, la lotta contro il capitalismo, l’adesione alla causa tradita dall’amore per gli hamburger di una certa catena americana di fast food. Essi, visti da questa prospettiva, diventano semplicemente il modo in cui una specifica generazione affronta la propria giovinezza, mentre al di là di esso vi sono spesso temi senza tempo.
Infine vi sono i problemi che forse ci sono sempre stati, ma sono stati portati avanti e messi sotto i riflettori da questa specifica generazione. Sensazione di precarietà, titubanza perenne, sindrome dell’impostore e altri ancora.
Ecco, per esempio, come Zerocalcare si muove in uno degli ambiti più importanti della vita, le relazioni:
“Quello che non capisco è perché non hai mai provato a dire a dire a Camille che ti piaceva”.
“Eeh. Sei pazzo? La mia politica sentimentale prevede tre imperativi categorici. Negare, negare, negare”.
Mi pare più che appropriato, dunque, citare il discorso che Brunori Sas fa in La verità, dove sembra dare il proprio parere ad un giovane adulto che ricorda molto lo Zero di La profezia dell’Armadillo:
Te ne sei accorto, sì
Che parti per scalare le montagne
E poi ti fermi al primo ristorante
E non ci pensi più
Te ne sei accorto, sì
Che tutto questo rischio calcolato
Toglie il sapore pure al cioccolato
E non ti basta più
[…]
Te ne sei accorto, sì
Che passi tutto il giorno a disegnare
Quella barchetta ferma in mezzo al mare
E non ti butti mai
Quella dipinta da Zerocalcare è una generazione che fa fatica a buttarsi, a volte è pavida e fragile e non coglie mai l’attimo. Una generazione che fa tanto chiasso ma alla fine non riesce a farsi sentire.
La profezia dell’armadillo, dunque, parla tanto di noi quanto con noi, e lo fa con quella leggerezza che nella vita di Zero e di molti purtroppo manca, ma che farebbe a tutti tanto bene.
“La leggerezza cercava…ma che è ‘sta leggerezza?”
“Tu ti senti leggero, sé?”
“Leggerissimo, come una balena arenata sulla schiena. O leggero come uno che se non gli riattaccano l’ADSL non può giocare, e se non gioca non paga l’affitto. È abbastanza leggero?”
“Una balena? Io avrei detto un’orca.”
“Perché un’orca?”
“Boh, è più elegante. È un animale di design. Però è pesante uguale”.
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