Un libro, una canzone: insieme
“Non c’è nulla di intelligente da dire su un massacro. Si suppone che tutti siano morti, e non abbiano più niente da dire o da pretendere. Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli. E gli uccelli cosa dicono? Tutto quello che c’è da dire su un massacro, cose come “Puu-tii-uiit?”
“È tutto accaduto, più o meno”: questo è l’inizio di Mattatoio n°5 di Kurt Vonnegut. Così, senza neanche avere il tempo di accorgertene, sei già fregato – tu lettore – iniziando a leggere una pietra miliare dell’antimilitarismo con una risata. Mannaggia Kurt, neanche due righe e già mi fai sentire in colpa. Ma questo scrittore è così (uso il verbo essere anche se è venuto a mancare qualche anno fa, ma come dice il detto, certe gente non muore mai).
È un regista che ti cambia inquadratura all’ultimo. Non ti da respiro, e se te lo da, è solo per farti piombare nel vuoto la pagina dopo. Mattatoio n.5 è sì un libro antimilitarista, ma è un intreccio di altre mille connessioni. C’è della fantascienza – una delle più belle che abbia mai letto – c’è una storia d’amore, c’è l’imbarazzo nel crescere e nel diventare uomo, c’è il sesso, c’è la morte e la vita, c’è la religione, c’è l’ateismo, c’è l’uomo in tutte le sue sfaccettature, c’è la filosofia, c’è un po’ di geometria, c’è dell’autobiografia, c’è della commedia e poi sì… di sfondo, lì dietro, c’è anche la guerra.
Infatti, questa storia accaduta realmente – più o meno – è nata dall’esperienza di Kurt quando era militare nel nostro continente. Più precisamente quando fu rinchiuso una notte come prigioniero a Dresda e di come si risvegliò il giorno dopo trovandola tutta bombardata e distrutta. Un dolore che si è portato dietro per vent’anni prima di scrivere questo libro, inizialmente intitolato: La crociata dei bambini.
Ogni antimilitarista che si rispetti ha come obbiettivo uno e uno soltanto: fermare la guerra per sempre:. Facile no? Come se bastasse un libro, una canzone o un po’ di sana politica per fermare l’intrinseco bisogno umano di bombardare chiunque ci dia fastidio. Kurt, invece, non si illude neanche un attimo. Sa che la sua storia avrà la stessa risonanza del canto di un uccellino dopo un massacro: Puu-tii-uiit?. Per questo fa un miscuglio con dentro tutto: la fantascienza, l’amore etc… Perché non c’è modo di inquadrarla e di racchiuderla la guerra. Se ci provi, quella sguscia via. La guerra è caos, è instabilità, non è possibile da limitare in un libro o in un manifesto.
Perciò Kurt si lascia trasportare da qualche episodio divertente, poi da qualche episodio extraterrestre, per poi ripiombare sulla guerra lasciandoci smarriti: divertiti a volte, ma sempre smarriti. Non escludo che Francesco De Gregori abbia pensato a lui e a questo suo libro quando scrisse Generale.
C’è questa scena scritta da Vonnegut che in queste giornate dedicate alla memoria credo sia giusto e doveroso ricordare. È un sogno del protagonista, Billy. Combattendo sul campo di battaglia, vede improvvisamente tutto il tempo muoversi al contrario. All’inizio gli pare complicato ma rimane estasiato dalla bellezza e dalle conseguenze di questa assurda realtà. Per prima cosa nota i cadaveri dei soldati alzarsi da terra, senza più ferite e senza più freddezza nei loro occhi. Gli aerei che volano nel cielo anziché lanciare, assorbono tutte le bombe da terra e i palazzi si ricostruiscono all’improvviso. Tutte le persone corrono via dai campi di battaglia e vanno ad abbracciare le loro famiglie. Andando ancora più indietro nel tempo, vede anche il piccolo Hitler, non più arrabbiato, ma felicemente accudito nella sua culla. Billy si spinse oltre e scoppia a piangere di gioia quando vede gli uomini che si sforzava in tutti i modi, generazione dopo generazione, con l’obbiettivo di diventare e di unificarsi in due esseri perfetti di nome Adamo ed Eva. Nudi, felici e senza guerra nei dintorni. Smette di sognare appena un proiettile lo colpisce, facendolo cadere a terra.
Quando lo lessi scoppiai quasi a piangere. Perché è lo stesso sogno che faccio io molte notti. Sogno di vedere i miei sbagli annullarsi; osservare come le persone che ho ferito smettano di soffrire e ritornino ad abbracciarmi; ricongiungermi con i miei cari che ho perso; notare come le mie preoccupazioni ridiventino piccole come lo ero io nella mia infanzia.
Kurt, perché mi fai pensare a ciò? Sento il peso delle parole sfuggirmi via. Tutto sfugge, caro lettore. Ci sfugge il tempo, ci sfugge il bene che possiamo fare.
Ti prego, caro lettore, tienimi compagnia in questa notte, ora che la mia sicurezza e il mio coraggio non sanno come aiutarmi. Tienimi compagnia che queste parole che scrivo non mi sostengono più. A volte non servono neanche più di tanto. E rimane solo una cosa da dire, nell’attesa che questa notte passi in fretta:
Puu-tii-uiit?
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