Un Libro, Una Canzone: Insieme
Impostura
A volte scriviamo non per elaborare un lutto, ma per inventarlo.
È una bugiarda e un’impostora Veronica Raimo, protagonista nonché autrice di Niente di vero, vincitore del Premio Strega Giovani di quest’anno. E la sua opera è uno dei libri più autentici e sinceri che io abbia letto negli ultimi anni. Il racconto della vita dell’autrice prende avvio durante gli anni dell’infanzia e giunge fino alla contemporaneità, descrivendo con un tono buffo e disincantato, personalissimo, amore, odio, amicizie, lutto, lavoro.
Circondata da una famiglia opprimente composta da un fratello geniale, da una madre vittimista, paranoica e spesso depressa e da un padre ossessionato dall’igiene e dai muri in compensato, Veronica comincia presto a costruire la propria identità basandosi sull’invenzione, sulla fantasia.
La sua carriera da impostora inizia con il furto e l’appropriazione di due dipinti realizzati da ragazzini delle scuole medie. Da lì la narrazione del sé di Veronica prende il sopravvento, rivelandoci un’identità che smaschera la falsità e l’incoerenza del conformismo noioso e tedioso che circonda la protagonista. Veronica, o Verika come viene spesso chiamata nel libro, immersa in un mondo che ha impostato il pilota automatico, è come fosse l’unica entità cosciente di sé e della propria imperfezione. E quell’imperfezione, o sarebbe meglio dire quella diversità, quell’anticonformismo che molti le fanno pesare, Veronica impara presto a rivendicarla. Ci ricorda così che si può odiare la propria famiglia, che va bene provare indifferenza per dei bambini, abbassare i toni di una dichiarazione d’amore, imbrattare di sugo il foglio su cui stiamo scrivendo qualcosa che ci fa piangere.
– Ma porco cazzo, – la interruppi io, – non voglio essere un’artista.
Confessare l’inconfessabile
Veronica Raimo confessa anche quello che noi non abbiamo il coraggio di confessare. Pigrizia, inconcludenza, indifferenza perfino. Ci dice che va bene, e anzi è un gran sollievo, il non essere perfetti:
Ho sempre avuto un’ambizione posticcia e approssimativa. Coltivare un sogno, alla lunga, è noioso quanto coltivare un orto.
In Fare Schifo di Michela Giraud e Willie Peyote ascoltiamo queste parole:
In un’epoca in cui tutti vogliamo essere migliori
E tutti siamo prigionieri dello sguardo degli altri
Darci la possibilità di fare schifo è un atto rivoluzionario
Tutti quanti dovremmo rivendicare più spesso il diritto di “fare schifo”, di non aderire all’immagine che gli altri hanno di noi, a un’immagine perfetta, patinata e falsa.
Veronica ci racconta la sua vita con tutto il coraggio di chi vuole rivendicare la propria imperfezione. Io mi rivedo in Veronica, e ognuno può trovare un pezzo di sé in lei.
Personalmente ci vedo la mia incapacità di abbracciare e soddisfare le aspettative che il prossimo ha nei miei confronti. Ma pure il fatto che anche io, come la protagonista, nei momenti più drammatici della mia vita mi ritrovi sempre a mangiare pizza.
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