giovedì 5 Dicembre 2024

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Letteratura A 45 Giri: “Peter e Wendy”, J. M. Barrie e Edoardo Bennato

Un Libro, Una Canzone: Insieme

Blocco del lettore non mi fai paura

L’arrivo dell’estate è una cosa difficile da gestire per me. Durante il mese di giugno mi sento sopraffatta da tutto: i primi caldi, l’obbligo della crema solare prima di uscire, il cambio dell’armadio, accettare che il tempo delle tisane sia finito. Perché vi dico questo? Perché un’altra delle cose che mi spossano terribilmente sono, come per ogni buon universitario che si rispetti, gli esami, altrimenti detti “incombenze che mi fa passare le giornate sui libri togliendomi la voglia di leggere qualsiasi cosa”. Tutto questo per dire che, sì, nelle ultime settimane è già tanto che io abbia letto la ricetta per fare la parmigiana di melanzane. E anche quella non devo averla letta con attenzione dal momento che mi sono scordata il parmigiano. 

Proprio perché non ho letto libri nelle ultime settimane (blocco del lettore un po’ ti temo) oggi si parlerà di un grande classico, un libro che per tanto tempo ho affermato essere il mio preferito e che quindi conosco benissimo. Quindi, secondo la filosofia del minimo sforzo e massima resa (speriamo), oggi parleremo di Peter e Wendy, romanzo scritto da James Matthew Barrie e mia grande ossessione di gioventù.

Si tratta di una storia che ancora oggi mi fa stringere il cuore ogni volta che la leggo, il libro che più di ogni altro sento mio, scritto appositamente per me. I personaggi bizzarri, le tematiche trattate, la creazione di tutto il mondo dell’Isola che non c’è, le idee geniali che stanno dietro ogni parola, tutto questo mi parla. E anche se oggi vedo quest’opera come un tassello importante del mio passato più che del mio presente o futuro, non penso esista un romanzo che mi abbia segnato più di questo.

La poesia nelle immagini

Uno dei punti di forza di Peter e Wendy sono sicuramente le immagini che la prosa di Barrie riesce a creare, un misto di dolcezza e stravaganza che arriva dritto nella mente del lettore per staccarsene difficilmente, con buona pace della me ventiquattrenne che si sente troppo matura per incantarsi leggendo passi come questo:

Le stelle sono belle, però non possono partecipare attivamente a nessuna vicenda umana: possono soltanto guardare giù, in eterno, sulla Terra. È una punizione caduta su di esse per qualche mancanza commessa tanto tempo fa e che ora più nessuna stella sa quale sia. Così le più vecchie, le colpevoli, sono diventate occhiute e taciturne (il linguaggio delle stelle è il loro continuo ammiccare), le più piccole si meravigliano di tutto e tutto vogliono vedere. In realtà non sono molto amiche di Peter perché lui ha il deplorevole vezzo di giocare a rimpiattino dietro a loro e di soffiare sopra le loro fiammelle.

Un’idea sbagliata e un bambino crudele

Quella di Peter e Wendy è una storia che tutti conoscono (grazie Disney) ma che pochi effettivamente hanno letto perché entrata ormai nella cultura pop e quindi poco adatta ad accendere la curiosità (grazie di nuovo Disney). Quindi, oggi vorrei tentare l’impresa di demolire i luoghi comuni che si sentono in merito a questo romanzo ed in particolare al suo protagonista.

Cosa pensano le persone quando sentono il nome “Peter Pan”? Un ragazzino monello, furbo, un gran giocherellone, amico delle fate, un po’ infantile ma sempre pronto ad aiutare i suoi amici. Ma ne siamo davvero sicuri? Decisamente no. 

Peter è infastidito dalle fate, e tutto ciò che fa è tollerarne la presenza.

Wendy era sempre stata così a lungo in casa, che il solo pensiero di conoscere le fate la riempiva di una felicità deliziosa. Incominciò a mitragliarlo con tante e tali domande su di loro, che Peter ne fu sorpreso. Le fate rappresentavano piuttosto una seccatura per lui.

Andando avanti, vediamo che quelli che noi chiamiamo “i suoi amici” non sono poi così importanti per lui:

Peter volava tanto più rapidamente di loro che sfuggiva all’improvviso agli occhi più acuti e si poteva essere certi che andava in cerca di qualche avventura alla quale loro non potevano partecipare. […] Non di rado, infatti, al suo ritorno dalle scorribande celesti, Peter non li riconosceva affatto o per lo meno confusamente.

Barrie arriva addirittura ad adombrare una possibile deriva violenta del personaggio, anche se ovviamente ci ripara dalla cruda affermazione con la calda e comoda coperta dell’ambiguità e del dubbio:

Il numero dei bambini sull’isola non è costante, varia a seconda di quanti ne vengono uccisi. E quando sembra che il loro numero cresca troppo, cosa che è contro le regole, Peter interviene per ridurlo.

E ancora, il personaggio ha un caratteraccio, è dispotico e capriccioso:

La differenza tra lui e gli altri ragazzi della comitiva in simili circostanze era che, mentre quelli sapevano benissimo distinguere la finzione dalla realtà, per lui verità e favola erano la stessa cosa. Talora questo li metteva a disagio, soprattutto quando erano costretti a fingere di aver già cenato e Peter li picchiava sulle nocche delle dita se pretendevano di uscire dalla favola.

Quello che cerco di dimostrare è che il protagonista di Peter e Wendy sia molto più complesso, ambiguo e oscuro di quanto l’opinione comune non creda. Il personaggio contiene in sé tutte le caratteristiche del bambino vero, in carne e ossa, compresi i difetti: è capriccioso, volubile e talvolta crudele. Si interessa solo di ciò che può garantirgli gioia e divertimento, sia che si tratti di giochi, sia che si tratti di persone. Non è l’eroe senza macchia e senza paura, ma un individuo investito di troppo potere se si considera che ha la maturità fisica ed emotiva di un bambino.

L’isola che non c’è

Tutto ciò viene ribaltato dal discorso che Edoardo Bennato fa nella canzone L’isola che non c’è, tratta dall’album Sono solo canzonette, dedicato interamente ai personaggi del romanzo di Barrie. Il cantautore idealizza l’isola dove i bambini vivono le loro avventure, rendendola quel luogo pacifico e onirico che nella realtà del romanzo Peter e Wendy non è.

Seconda stella a destra, questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Poi la strada la trovi da te
Porta all’isola che non c’è
[…]
Son d’accordo con voi, non esiste una terra
Dove non ci son santi né eroi
E se non ci son ladri, se non c’è mai la guerra
Forse è proprio l’isola che non c’è, che non c’è
[…]
Son d’accordo con voi, niente ladri e gendarmi
Ma che razza di isola è?
Niente odio né violenza, né soldati né armi
Forse è proprio l’isola che non c’è, che non c’è

Si tratta di un’idealizzazione della figura del bambino molto comune anche nella società contemporanea, ma non è l’idea che dei bambini ha Barrie, molto più pessimista rispetto alla loro natura. Sono due modi diversi di intendere la fanciullezza, da una parte isola pacifica lontana da ogni male (che è tipico dell’età adulta), dall’altra luogo in cui gioia e divertimento sono affiancati a violenza e crudeltà. Personalmente immagino che, ancora una volta, la verità stia nel mezzo.