Lia Moss: “Per la prima volta nella mia vita mi sento libera” – INTERVISTA
A tu per tu con Lia Moss, che si racconta in occasione dell’uscita del nuovo singolo “Ore piccole”. La nostra intervista al giovane cantautore
La cantautrice polacca Lia Moss, alias Natalia Moskal, ormai di casa a Milano, torna con un nuovo progetto discografico: “Kiss, Kiss, Kill Kill” (Fame Art), in uscita il 14 novembre. Undici tracce attraversate da un filo rosso potente: le donne e la dualità. La dualità dell’artista. Quella femminile. Quella umana.
Cantautrice, traduttrice e fondatrice della casa editrice Fame Art Books and Music, Lia vive a Milano dal 2018. Finalista al New York Canta 2024, ha già pubblicato tre album (Songs Of Myself, Bunt Młodości, There Is a Star) mescolando pop, soul, R&B ed elettronica con una sensibilità tutta femminile. I suoi videoclip “Tu vuò fa l’Americano” e “Sole ad est” sono stati nominati ai Berlin Music Video Awards, e nel 2022 ha portato a teatro “Ieri, oggi, domani”, omaggio a Sophia Loren.
Oggi, con il nome Lia Moss, l’artista abbraccia una nuova dimensione più matura, consapevole e sensuale: “La Natalia ragazzina c’è ancora, chiusa in un armadio da qualche parte. Ma oggi Lia si sente donna: più forte, più padrona della sua voce”. Ecco cosa ci ha raccontato.
Kiss, Kiss, Kill Kill” è il tuo nuovo lavoro discografico: un titolo forte, quasi cinematografico. Come nasce questo progetto e come mai hai scelto di chiamarlo così?
«Ho lavorato a questo album per due anni e, all’inizio, non avevo in mente un concetto specifico. Ma una volta che l’album era quasi finito, mi sono resa conto che era pieno di doppi significati, e la dualità è qualcosa che voglio mettere in evidenza. Tuttavia, come in tutti i progetti che realizzo nella mia vita, mi concentro sulle donne: su quanto siano forti e multidimensionali, ma anche su quanto sia ancora forte la mancanza di uguaglianza. Per quanto riguarda il riferimento cinematografico, hai ragione. Mi sono ispirata a Kill Bill, con la sua forte protagonista femminile. Questo si può vedere in alcune delle immagini, come il sangue o il colore rosso nella parte “kill”. Tuttavia, la mia più grande fonte d’ispirazione è stata la monumentale letteratura femminista».
La copertina ti ritrae in abito da sposa, ma il matrimonio è con te stessa. È un gesto molto simbolico, com’è arrivata l’idea?
«Il mio album di debutto “Songs of Myself” era fortemente incentrato sull’autosufficienza e sulla fiducia in se stessi (un concetto ampiamente descritto nelle opere canoniche della letteratura americana). Molte delle mie canzoni parlano d’amore e di relazioni, che oggi sono molto complicate, e per me l’amore sembra quasi impossibile da trovare. Di recente ho sofferto molto e mi sono sentita persa dopo la fine di una relazione di lunga data, e ho dovuto rialzarmi dopo essere stata davvero a pezzi dentro. Ho pensato che un matrimonio con me stessa fosse un bel simbolo di amor proprio e del fatto di aver finalmente accettato che dobbiamo trovare un modo per essere felici anche senza un uomo al nostro fianco».
L’intero album è un inno alla forza femminile, ma anche alla vulnerabilità. Credi che oggi ci sia ancora paura ad ammettere di essere fragili, soprattutto per le donne?
«Paura no. Ma molto spesso non possiamo permetterci di essere fragili, di crollare. Vedo una tendenza inquietante nelle ragazze che desiderano avere una relazione ma non riescono a trovare un partner. L’ho notato in molte delle mie amiche e nelle storie che leggo online, ma anche in me stessa. I tempi sono cambiati, e non in meglio. Dobbiamo essere forti, quasi sempre, a prescindere da tutto».
Letteratura e musica sembrano per te due strade che si incrociano spesso. Quali dei libri che ti hanno ispirata per questo disco ti ha toccata più profondamente, e perché?
«La mia più grande fonte d’ispirazione è sempre stata la letteratura. In questo album troviamo canzoni ispirate a The Scarlet Letter di Nathaniel Hawthorne, The Cancer Journals di Audre Lorde, My Own Words di Ruth Bader Ginsburg, alla toccante poesia Be a Lady They Said di Camille Rainville, Little Women di Louisa May Alcott e ad altre opere monumentali della letteratura femminista. Perché? Questi sono alcuni dei titoli che mi hanno toccata più profondamente e che considero estremamente importanti. Ho conosciuto alcune di queste opere all’università, dove ho studiato letteratura femminista e afroamericana».
In “Kiss, Kiss, Kill Kill” si percepisce una svolta stilistica e personale. Cosa è cambiato da “Natalia Moskal” a “Lia Moss”?
«Per la prima volta nella mia vita mi sento libera. Ho realizzato le canzoni che volevo, senza che nessuno mi dicesse come dovessero suonare o di cosa dovessero parlare. Non è stato così con i miei tre album precedenti. Negli ultimi due anni la mia vita è stata completamente stravolta — sia sul piano personale che professionale. Avevo bisogno di tracciare una linea, di un cambiamento forte e visibile. Ho cambiato il mio nome d’arte e finalmente mi sento completa e libera. Gli artisti italiani con cui sto lavorando, in particolare il mio produttore Enrico Palmosi, mi hanno aiutata moltissimo in questo».
Per concludere, in che direzione pensi stia andando la tua musica?
«Spero da ora in poi di continuare a sentirmi ispirata e di scrivere musica; mi piacerebbe anche realizzare più canzoni in italiano. Da dicembre inizierò il mio primo tour! Comincerà con un concerto a Varsavia, dove mi esibirò con la band italiana Stunt Pilots, e poi avrò date in Italia a Milano, Roma, Verona, Torino e in altre città. Spero di vedervi lì!».