Recensione dell’ultimo album d’inediti
Non è mai facile riproporsi. Lo è ancor meno se si è da anni e anni uno dei maggiori artisti del panorama musicale italiano e se si vantano decine e decine di successi discografici. Quando, però, si è ormai alla soglia dei 60 anni e la propria musica è, forse, l’ultimo baluardo del pop-rock italiano la sfida diventa ancora più difficile. Impossibile verrebbe da dire se si conta l’aggravante che il disco precedente ha scontentato praticamente tutti a partire dalla critica fino, soprattutto, al pubblico più affezionato. Ecco che allora Ligabue, che è artista intelligente ed acuto, sceglie di accettare la sfida del riproporsi a patto che si possa ripartire da capo con tutti i rischi che questo comporta. Start, il dodicesimo album d’inediti della sua carriera, è proprio questo: il concretizzarsi di una sfida al tempo, alla creatività e al rinnovarsi riproponendosi sempre nuovo e, contemporaneamente, fedele a sè stesso.
La tradizione delle tematiche di Ligabue si unisce alle caratteristiche della produzione di Nardelli che ha nel suono pieno e dritto il suo marchio di fabbrica fondamentale. A questo proposito rispondono presente brani come Polvere di stelle, che vuole cambiare la propria vita grazie al supporto di chi ci sta accanto, Ancora noi, perfetta colonna sonora per il prossimo tour grazie ad un ritornello che già richiama a sè i cori urlati a tutta voce contro il cielo in nome dell’amicizia (altro tema caro al repertorio dell’artista emiliano), ed il singolo Certe donne brillano, che resuscita un altro classico del vocabolario del Liga come l’universo femminile da intendersi sempre sia come insieme (le donne) che come unica figura (la donna).
La parte più minimalista si apre con Mai dire mai che risulta essere la migliore delle ballate all’italiana contenute in questo disco grazie a quel sapore di retrò che porta con sè resuscitando anche un arrangiamento vocale soul che poi conduce ad una svolta comunque rock con un assolo conclusivo interessante. A proseguire su questa scia sono Vita morte e miracoli, che parte sulla base di una chitarra acustica che poi viene fatta accompagnare ad un arrangiamento minimale per tutelare l’intimità di un brano che parla della “lacrima che se ne va”, Io in questo mondo, che parte leggerissima per poi crescere a non finire sia nella voce che nell’arrangiamento, e la conclusiva Il tempo davanti, che proprio in virtù del fatto di chiudere un disco pensato per una ripartenza ha il coraggio di guardare al futuro e, contemporaneamente, anche al proprio passato.
Migliori tracce | Luci d’America
Voto complessivo | 7/10
Tracklist |
- Polvere di stelle Â
[Ligabue] - Ancora noi