giovedì, Marzo 28, 2024

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Ligabue: le sue luci in “Start” brillano di un colore soffuso – RECENSIONE

Recensione dell’ultimo album d’inediti

Non è mai facile riproporsi. Lo è ancor meno se si è da anni e anni uno dei maggiori artisti del panorama musicale italiano e se si vantano decine e decine di successi discografici. Quando, però, si è ormai alla soglia dei 60 anni e la propria musica è, forse, l’ultimo baluardo del pop-rock italiano la sfida diventa ancora più difficile. Impossibile verrebbe da dire se si conta l’aggravante che il disco precedente ha scontentato praticamente tutti a partire dalla critica fino, soprattutto, al pubblico più affezionato. Ecco che allora Ligabue, che è artista intelligente ed acuto, sceglie di accettare la sfida del riproporsi a patto che si possa ripartire da capo con tutti i rischi che questo comporta. Start, il dodicesimo album d’inediti della sua carriera, è proprio questo: il concretizzarsi di una sfida al tempo, alla creatività e al rinnovarsi riproponendosi sempre nuovo e, contemporaneamente, fedele a sè stesso.

Per risalire la china l’artista di Correggio punta su di un disco che parla proprio di ripartenze, speranze, albe, nuove luci all’orizzonte e lo fa con una squadra in parte nuova a partire dal giovanissimo produttore Federico Nardelli che per lui è arrivato dritto dritto dal mondo indie di ultima generazione. La cosa migliore del disco è indubbiamente quella Luci d’America che ne ha aperto il percorso e che, soprattutto, ne determina gran parte del carattere “innovativo”. Se l’apertura è una delle classiche cose “alla Liga” il brano si prende con pazienza il tempo di evolvere e dirottare verso un inciso da stadi in cui si scatenano finalmente le chitarre ed il cantato si fa arioso per dare spazio alle migliaia di voci che presto ne faranno da sfondo. Il suono arriva potente e reale trovando poi un interessantissimo intermezzo afro che spalanca a Ligabue la strada verso la novità pur facendolo suonare poi quanto più fedele, coerente ed ispirato a sè stesso.

La tradizione delle tematiche di Ligabue si unisce alle caratteristiche della produzione di Nardelli che ha nel suono pieno e dritto il suo marchio di fabbrica fondamentale. A questo proposito rispondono presente brani come Polvere di stelle, che vuole cambiare la propria vita grazie al supporto di chi ci sta accanto, Ancora noi, perfetta colonna sonora per il prossimo tour grazie ad un ritornello che già richiama a sè i cori urlati a tutta voce contro il cielo in nome dell’amicizia (altro tema caro al repertorio dell’artista emiliano), ed il singolo Certe donne brillano, che resuscita un altro classico del vocabolario del Liga come l’universo femminile da intendersi sempre sia come insieme (le donne) che come unica figura (la donna).

Chiudono il giro dei brani più impegnativi ritmicamente La cattiva compagnia, che suona più estrema di ogni altro episodio del lavoro mettendo in evidenza un suono elettronico e appiattito per distorcere l’arrangiamento e sostenere un testo che a tratti risulta duro (“tutti quanti già imputati, tutti quanti già giuria”), e Quello che mi fa la guerra, che in realtà funge, all’interno della tracklist, da ponte tra la parte più tradizionalmente rock e quella, invece, più ispirata ad atmosfere intime ed acustiche.

La parte più minimalista si apre con Mai dire mai che risulta essere la migliore delle ballate all’italiana contenute in questo disco grazie a quel sapore di retrò che porta con sè resuscitando anche un arrangiamento vocale soul che poi conduce ad una svolta comunque rock con un assolo conclusivo interessante. A proseguire su questa scia sono Vita morte e miracoli, che parte sulla base di una chitarra acustica che poi viene fatta accompagnare ad un arrangiamento minimale per tutelare l’intimità di un brano che parla della “lacrima che se ne va”Io in questo mondo, che parte leggerissima per poi crescere a non finire sia nella voce che nell’arrangiamento, e la conclusiva Il tempo davanti, che proprio in virtù del fatto di chiudere un disco pensato per una ripartenza ha il coraggio di guardare al futuro e, contemporaneamente, anche al proprio passato.

Start nasce come disco della ripartenza e, in questo senso, vince la sua sfida perchè consente ad un artista consolidato come Ligabue di ritrovarsi dopo un album come Made in Italy che l’aveva allontanato troppo dal suo fulcro musicale. Contemporaneamente, oltre a ritrovarsi l’artista emiliano ha anche modo di provare sfumature nuove grazie ad una produzione giusta di Federico Nardelli che rispettando una storia artistica dal peso specifico importante ha il coraggio di inserire alcuni elementi di novità qua e là. Il problema del disco è la mancanza del brano manifesto, quello che passerà davvero alla storia o che si canterà anche nel tour che verrà dopo a quello promozionale per il progetto Start che suona comunque come un album onesto, ben suonato e concepito a ragione nel senso di una “ripartenza conservativa”.

Migliori tracce | Luci d’America

Voto complessivo | 7/10

Tracklist |

  1. Polvere di stelle  
    [Ligabue]
  2. Ancora noi
    [Ligabue]
  3. Luci d’America
    [Ligabue]
  4. Quello che mi fa la guerra
    [Ligabue]
  5. Mai dire mai
    [Ligabue]
  6. Certe donne brillano
    [Ligabue]
  7. Vita morte e miracoli
    [Ligabue]
  8. La cattiva compagnia
    [Ligabue]
  9. Io in questo mondo 
    [Ligabue]
  10. Il tempo davanti
    [Ligabue]

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.
Ilario Luisetto
Ilario Luisetto
Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.