Il ritorno del rocker di Correggio, con il singolo apripista della sua dodicesima fatica discografica
Chi l’ha detto che restare fedeli a se stessi, in musica, non possa rappresentare la carta vincente per la carriera di un artista? Se ci pensiamo bene, in fondo, i nostri rappresentanti più importanti sono coloro i quali non hanno mai tradito le esigenze del loro pubblico, perché è di questo che stiamo parlando. Il grosso problema è l’aspettativa che si viene a creare alla vigilia di un ritorno importante, ci si attende sempre qualcosa di più o di meno, subentrano immancabilmente i paragoni con le produzioni passate, senza considerare l’essenza della canzone stessa. Ci sta, fa parte del gioco, ma quanto sarebbe più semplice se ci limitassimo ad analizzare ogni singolo pezzo e null’altro? Magari contestualizzandolo con ciò che fa parte dell’attuale scenario discografico, valutando l’integrità e la credibilità di un’opera musicale.
Fatta questa dovuta precisazione parliamo di “Luci d’America“, il nuovo singolo di Luciano Ligabue, in rotazione radiofonica dall’11 gennaio, pezzo che anticipa l’uscita del suo dodicesimo album in studio previsto per il mese di marzo. Il brano, prodotto da Federico Nardelli (già al lavoro con Galeffi, Gazzelle, Lorenzo Fragola, Emma e Benji & Fede), funziona perché è immediato ed incarna alla perfezione la cifra stilistica del rocker di Correggio, un artista che ha fatto della coerenza il suo marchio di fabbrica. Diciamocelo, con il precedente disco “Made in Italy“ aveva cercato di andare un po’ fuori dai binari, proponendo qualcosa di diverso, ma senza ottenere grandissimi risultati.
Per sonorità, il brano prosegue il discorso intrapreso dai singoli di traino di “Arrivederci, mostro!” e “Mondovisione”, pur mantenendo la solita poetica on the road che lo contraddistingue sin dagli esordi datati anni ’90. “E serve pane e fortuna, e serve vino e coraggio, soprattutto ci vogliono buoni compagni di viaggio” recita il testo del ponte che collega le strofe all’inciso, rappresentando un po’ il manifesto dell’intera canzone. In sintesi, “Luci d’America” riaccende i riflettori sullo spettacolo di Ligabue, uno show lungo trent’anni che prosegue nella sua giusta direzione o, per lo meno, in quella più fedele al suo percorso.
Artisti del suo calibro possono concedersi il lusso di non dover a tutti i costi tirare fuori dal cilindro il brano della vita, mantenendo integra la propria ispirazione, vale a dire l’autenticità di scrittura nel corso della fase creativa, forse è proprio questo il segreto di una così prolifica longevità. Poi, da una canzone ognuno trae ciò che vuole, in fondo è proprio questo il bello della musica.
Luci d’America | Video
Luci d’America | Testo
Vieni qui e guarda fuori
fammi un po’ vedere come tu la vedi
io vedo fumo sulle macerie
tu guardi nello stesso punto e sorridi
dai che allora andiamo al mare
la penisola intanto riesce a galleggiare
facciamo che guido e tu guardi fuori
perché a guardare resti tu la migliore
E serve pane e fortuna
e serve vino e coraggio
soprattutto ci vogliono
buoni compagni di viaggio
Le luci d’America
le stelle sull’Africa
si accende lo spettacolo
le luci che ti scappano dall’anima
Vieni qui andiamo fuori
fuori da uno schermo, dalle mie prigioni
c’è ancora il sole che fa il suo lavoro
sui Santi subito e sui taglia-gole
prestami i tuoi occhi ancora che io guardo un dito
mentre tu la luna
e fatti vicina, un po’ più vicina
che adesso voglio un altro panorama
E serve pane e fortuna
e serve avere coraggio
soprattutto ci vogliono
buoni compagni di viaggio
Le luci d’America
le stelle sull’Africa
si accende lo spettacolo
le luci che ti scappano dall’anima
la luce dell’Africa
le stelle d’America
Si accende lo spettacolo
le luci che ti scappano dall’anima
la luce dell’Africa
le stelle d’America
E fra distruzione e meraviglia
e tu che mi aspetti sulla soglia
di certi miracoli
uno può accorgersi
solo da sveglio
Le luci d’America
le stelle sull’Africa
si accende lo spettacolo
le luci che ti scappano dall’anima
la luce dell’africa
le stelle d’America
Nico Donvito
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