I Lost ritornano dopo 14 anni con un album che è un grido generazionale, “Sbagliare e Sognare” non è un amarcord, un “come eravamo”, ma rispecchia la maturità di un duo che ad un certo punto ha sentito l’esigenza di prendere gli strumenti e tornare sul palco.
Dodici brani con tre featuring che catturano l’essenza del vivere quotidiano, esplorando temi di smarrimento, speranza e coraggio di perseguire i propri sogni nonostante gli errori commessi durante il cammino
Li abbiamo raggiunti in video chiamata per parlare di questo ritorno e dei motivi che ha spinto il duo a tornare sulle scene, di seguito le nostre domande e le loro risposte :
Tornate con un album dopo 14 anni e non si tratta di una operazione nostalgia, anzi, i contenuti sono attuali e maturi, come nasce il progetto? Qual è stata la scintilla che vi ha fatto tornare la voglia di ricominciare a suonare?
” Guarda, noi ci siamo ritrovati un paio d’anni fa e un giorno ci siamo trovati in studio e abbiamo iniziato a scrivere nuova musica. Roberto ha tirato fuori la chitarra elettrica e da lì abbiamo capito che era il percorso che dovevamo riprendere.
Volevamo un disco che suonasse come i dischi che ascoltavamo noi al tempo, quando
eravamo giovani, però con la consapevolezza di essere nel 2024. Da una parte sì la nostalgia per certe sonorità, ma aperte a quello che è il futuro. Non vogliamo essere una band di revival, vogliamo essere una band che può andare avanti, che ha ancora tanto da dire e che ha tanta musica da far ascoltare.
Abbiamo iniziato a scrivere questo disco e ci siamo accorti che era un disco fatto da una
parte di rabbia, di disillusioni, ma anche di voglia di riprendere in mano quello che è la
nostra vita, quello che negli ultimi anni ci è stato tolto, anche per mezzo di tante cose che
abbiamo vissuto a livello globale tutti quanti noi, e c’è la voglia di riscattarsi e di non
smettere di sognare.
Per farlo bisogna, come dice il titolo, sbagliare, perché solo
sbagliando puoi andare avanti e sognare. Il gran merito per chi lo ascolta, quello che balza
agli occhi, è che sì parli di esperienza generazionale, senza cadere nel cliché degli eterni Peter Pan o di coloro che comunque riprendono il cliché dei ricordi per riproporlo in chiave
moderna, nel senso siamo ancora noi.”
IL MESSAGGIO
Portate avanti un vostro messaggio e una vostra linea che vi rende molto coerenti, affrontiate diverse tematiche e anche diversi sound nei diversi pezzi. Volete distaccarvi da un determinato genere di punk o di persone che vogliono cadere nel ricordo, volete staccarvi da quella linea lì?
“Noi abbiamo vissuto tantissime vite con i Lost, quello che abbiamo vissuto negli anni 2000 e 2008 è stato bellissimo, ma non per questo dobbiamo riviverlo perché l’abbiamo già vissuto e abbiamo bisogno di altro, ed è per questo che il nuovo disco per chi ci ha seguito dall’inizio suona completamente diverso magari rispetto a quello che abbiamo presentato negli anni scorsi.
C’è questa voglia di non rimanere vincolati a un hardcore, a un remember di quello che erano i Lost, perché i Lost non sono più i Lost di quando avevano 20 anni, sono Lost che hanno 35-38 anni, che hanno fatto esperienze, che hanno cose da dire che non sono più solo quelle del ragazzino di 20 anni.
Quello che abbiamo da dire non lo vogliamo dire fingendo di essere giovani, quella è la
cosa forse ancora più importante, abbiamo un’età, abbiamo una maturità e la dobbiamo mettere all’interno dei nostri brani.”
Tra l’altro avete anche acquisito nel vostro percorso artistico esperienza internazionale, c’è qualcosa dell’esperienza maturata internazionale in questo luogo, in questo progetto?
“Beh, se consideri che al giorno d’oggi si può avere accesso a tutta la musica del mondo con un click, io e Walter siamo molto affamati di musica, quindi se vedessi la nostra chat è un continuo scambio di informazioni, ‘senti che figo sto disco, senti che bella questa canzone’, quindi noi attingiamo tanto all’internazionale ovviamente facendolo nostro, Walter ha delle caratteristiche di composizione vocale che sono fondamentali per il processo creativo e riusciamo a incastrarla all’interno di un sound che comunque attinge per la maggior parte da quello che arriva dall’estero.”
L’album ha una copertina molto particolare, veramente particolare, come è venuta l’idea del genere?
“E’ una rivendicazione di autenticità, la bara con il loser”
LA NASCITA DELLE COLLABORAZIONI
Ci sono anche delle canzoni in cui vi siete avvalsi di alcune collaborazioni, la scelta delle collaborazioni la avevate immaginate così, volevate collaborare con loro, soprattutto con Jack Out che comunque come stile non è proprio vicinissimo al vostro? Ciò che è evidente è che non fate come spesso accade i padroni di casa che lasciano tempo e campo all’ospite ma dettate il vostro stile, quindi è lui che si adegua a voi.
“Tu considera che per noi la componente live è molto importante e ci è capitato di andare a un paio di concerti a Milano dove abbiamo visto Millefiori e abbiamo visto Jack Out, quando li abbiamo visti sul palco abbiamo detto ‘cazzo questi sono bravi, questi sono bravi andiamo a conoscerli’ perché secondo noi avevano qualcosa da dire. Da lì è nata una amicizia, abbiamo detto ‘sai cosa, potremo veramente fondere i nostri sound e fare qualcosa insieme’ Ovviamente noi avevamo una valanga di canzoni già scritte e già a buon punto e con Jack Out abbiamo deciso di condividere quella canzone lì.
Lui si è scritto la sua strofa, ha fatto il suo lavoro però ovviamente al timone c’eravamo noi come sound per avere una sorta di coerenza all’interno del disco. Nel caso di Jack Out il suo stile che contraddistingue il suo progetto è anche l’uso dell’autotune cosa che invece nel nostro brano non abbiamo utilizzato, lui ha una bellissima voce, quindi in realtà, secondo me, sono state valorizzate la sua voce in questo brano qui e la sua scrittura.
Quindi è stato bello sia con Jack Out sia con Mille Fiori sia con Dario dei Dari sono tutte
featuring non studiate a tavolino ma semplicemente dettate della voglia di condividere un
pezzo del nostro percorso con persone che reputiamo di valore e amici.”
“ATTACCHI DI PANICO”
“Attacchi di Panico” con Millefiori come nasce? Perché è molto particolare come pezzo.
” Ha avuto un percorso simile a quello di Jack Out nel senso che la collaborazione è nata dopo che siamo andati a vederlo a un concerto suonava a Milano ricordo quando è sceso dal palco ci siamo presentati lui si ricordava di noi e da lì è nata una stima reciproca che ci ha portato a dire ‘guarda Millefiori abbiamo questo brano si chiama Attacchi di Panico il brano è già pronto c’è già anche tutta la seconda strofa però voglio lasciarti libero scrivi quello che senti prova a immaginarti, tu hai affrontato questo tipo di cosa la hai vissuta’ lui ha avuto esperienze di questo tipo qui, quindi si è fuso il tutto con le mie, le sue esperienze.
E’ nato questo brano molto emotivo e a cui tengo molto perché comunque è una tematica che o in prima persona o con delle persone attorno a me ho vissuto in maniera molto forte.”
C’è qualche brano che è rimasto fuori? Ci sono 12 brani c’è qualche brano che avete detto al fine no questo non non riusciamo proprio a inserirlo ?
“C’è stato alla fine un processo di scelta dolorosa di lasciare fuori qualcosa e torneremo lì con il singolo, noi continuiamo a scrivere brani e già adesso stiamo lavorando i brani
nuovi per un futuro disco conseguente a ‘Sbagliare sognare’ E’ chiaro che devi
tirare un po le somme e dire ok questo brano questo disco arrivato a questo punto ha senso di esistere e può dire qualcosa.
A un certo punto nella sua totalità ci siamo accorti che quelle 12 tracce erano la giusta rappresentazione di quello che volevamo dire in quel momento, allungarlo sarebbe stato solamente qualcosa che non avrebbe avuto senso. E’ comunque un disco che riprende le sonorità punk quindi il punk velocità e un brano di 35 minuti 32 minuti è nello standard, senza farlo apposta è entrato nello standard delle produzioni internazionali quindi siamo molto molto contenti di quello che è uscito, siamo contenti della reazione della gente che ci ha scritto sui nostri social e verrà a vederci nei prossimi concerti perché poi in realtà il disco nasce per essere portato ai live.
Nella nostra mente portiamo un album che possa far divertire la gente come vorremmo divertirci noi ad un concerto di una delle nostre band preferite, vogliamo divertirci, vogliamo saltare, vogliamo gridare, dimenticare per un’ora un’ora e mezza quello che è la nostra vita normale e buttarci sul palco”
IL RAPPORTO CON I SOCIAL
Hai parlato di rapporto con i social, col vostro pubblico, pensi che ora come ora sia fondamentale il rapporto con i social in generale per chi voglia fare musica ?
“Noi siamo stati tra i primi a conoscere i social quando al tempo è arrivato myspace è stato un pò il trampolino di lancio per tutti questi social network legati anche al livello musicale e chiaramente negli anni sono diventati sempre più una componente fondamentale. Adesso l’artista il musicista non può essere solamente musicista ma deve diventare a 360 gradi un imprenditore di se stesso quindi deve imparare a tenere i rapporti con i fan a creare contenuti di qualità è diventato veramente un lavoro che occupa tutte le sfere da una parte molto stimolante dall’altra parte non semplice perché devi sempre tenerti aggiornato. E’ importantissimo perché comunque ti permette di portare la tua musica in posti dove magari senza i social sarebbe difficile arrivare”
Per finire, cosa vorreste che rimanesse di questo album ?
“Tutto, vorrei che passasse il fatto che abbiamo messo in musica la gran parte di noi stessi sia come sincerità sia come testi sia come musica, proprio in generale, quindi questo speriamo che rimanga e che la gente si affezioni al disco, poi ne faremo ancora altri.”
Giuseppe Scuccimarri
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