giovedì 21 Novembre 2024

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L’intervista, Pierdavide Carone, “Carla e la credenza” in un singolo una metafora della società

Dopo tre anni Pierdavide Carone esce con “Carla e la credenza” un singolo molto ironico e interessante, il cantautore usa la figura di Carla e della credenza come metafora per rappresentare coloro i quali non hanno il coraggio di sfidare le proprie convinzioni e di abbracciare nuove prospettive. Da un lato c’è Carla, un ritratto stereotipato della resistenza al cambiamento, rintanata nel comfort delle proprie abitudini e convinzioni, dall’altro un pezzo di mobilio che rappresenta l’arredamento stantio di una casa che non si ha il coraggio di cambiare.

Abbiamo raggiunto Pierdavide per parlare del suo nuovo singolo e approfondirne le tematiche, ne è sortita una bella chiacchierata sulla società attuale e sulla musica, di seguito le nostre domande e le sue risposte :

Pier Davide, benvenuto, grazie per essere stato disponibile con noi in un
periodo di promozione, quindi immagino ti porti via parecchio tempo e parecchie energie. Il 3 maggio si è uscito un singolo molto interessante, con un titolo un pò particolare, Carla e la credenza. È un titolo un pò ironico, è una metafora per rappresentare coloro che non hanno il coraggio di sfidare le proprie convinzioni e dall’altro l’arredamento stantio dei mobili vecchi. Quindi ci vuoi spiegare un pò come nasce l’idea e a cosa ti riferisci esattamente? Tra le righe c’è anche un velato stato d’accusa alla musica di adesso, nel senso che non c’è nessuno che abbia voglia di osare?

“La società in generale e la musica ne è sempre stata lo specchio, soprattutto la musica pop, ha sempre accompagnato i cambiamenti sociali e in quest’era un pò del niente, del tutto e del niente, perché poi siamo subissati di informazioni e non siamo in grado di approfondirne nemmeno una e di acquisirne veramente, cioè ci scivolano addosso, è come il gesto che facciamo col dito per scorrere le storie di TikTok e Instagram, ecco quella è proprio la rappresentazione della nostra società, noi che scorriamo immagini senza soffermarci mai su niente.

Quindi una critica alla società, poi la musica ne è sicuramente parte integrante e subisce questa semplificazione del tutto. Questo pressappochismo, mi è servito anche invece per ritornare un pò al passato, perché poi viviamo un’epoca strana in cui questa estrema digitalizzazione ci sta proiettando in avanti, però le nostre convinzioni invece rimangono radicate, anzi mi sembra che dal punto di vista ideologico stiamo tornando indietro

C’è quasi una retrogradazione del pensiero e questo è pericoloso, quindi poi io sono uno che ha sempre giocato con le parole, ma non solo nella musica, proprio nella vita mi diverto a fare calembur, a stuzzicare i doppi sensi, e allora la credenza mi ha subito ricordato sia le
convinzioni ideologiche. Queste case delle nonne, che secondo me sono
sempre state vecchie, anche quando erano nuove, di nuovo arredamento, non mi immagino
un periodo, ma è un limite mio, in cui la credenza è stato un oggetto contemporaneo, e
quindi pensando a questo mobilio stantio da sempre, ho detto ‘Bene, adesso vediamo come
ci metto dentro Carla a questa credenza’”

Questo percorso artistico, cominciato con Carla e la credenza, culminerà in un album, ci sarà una prosecuzione di questo pensiero? Ti sei incamminato su questa strada, molto interessante tra l’altro, è una strada anche un po’ di denuncia della società di oggi,  questa epoca del tutto e subito, del cotto e mangiato dove non rimane quasi nulla?  Carlo e la credenza  sarà un estratto che culminerà in un album, oppure la ritieni una operazione a sé e poi ti dedicherai ad altri contenuti?

“No, ci sarà un album che però sarà diviso in due anni, quindi la parte 1 uscirà alla fine di questo e avrà un pò come Trade d’union la contemporaneità, il mondo contemporaneo e non solo in modo ironico o basato su cliché della società civile come può essere Carla e la credenza, ma anche sui sentimenti, perché secondo me anche il modo in cui noi viviamo i sentimenti sono cambiati oggi.

Infatti il brano successivo, perché poi il disco non uscirà subito, ci saranno prima due singoli, Carla era uno di questi, poi ce ne sarà un altro a settembre, dove ci sarà anche spazio per la mancanza di coraggio nel buttarsi a capofitto nei sentimenti, quindi rifugiarsi in qualcosa di un pochettino più superficiale perché ci si fa meno male, o almeno si rischia di farsi meno male, quindi ci sarà tutto quello che succede oggi, quindi non solo dal punto di vista civile, polemico, sociale, ma anche dal punto di vista sentimentale.”

Sei stato fermo tre anni prima di realizzare questo singolo, sono tre anni che ti sono serviti per studiare un po’ la società odierna, per coglierne i contenuti particolari, oppure tu proprio avevi bisogno di un periodo di riflessione, di fermarti e di dire dove voglio andare, è stata una scelta tua personale oppure è stata proprio una ricerca musicale, nel senso che volevi capire prima di buttarti in un progetto?

“Tutte e due le cose, nel senso che avevo capito che il mio tempo in Artist First
dopo Casa si era esaurito per una serie di motivi e siccome negli ultimi anni da quando sono andato via dalla Sony ho pellegrinato tanto e poi sono sempre emerse delle criticità che non mi hanno consentito di dare una continuità reale alla mia musica, ho deciso di fare io un passo indietro e di dedicarmi anche ad altre cose perché poi ho iniziato ad insegnare e quindi mi sono buttato su altro, poi in questi due anni in realtà c’è stata tanta musica oltre che dal punto di vista didattico, come ti dicevo ho iniziato a insegnare, ma anche perché nel mentre ci sono state delle ricorrenze importanti.

Lucio Dalla perché ci sono stati dieci anni dalla morte due anni fa, 80 anni dalla nascita l’anno scorso e quindi quella cosa lì poi con l’orchestra mi ha assorbito anche molto energeticamente perché poi sostenere Lucio Dalla  dal vivo non è una cosa semplicissima e anche quello mi ha aiutato in realtà a scrivere cose nuove.

Cantare un artista straordinario è uno stimolo anche poi per scrivere le cose tue, spero che lo sia stato, credo di sì e in più poi è arrivato a un certo punto Davide Gobello che è il mio ormai ex chitarrista perché sennò si sarebbe creato un conflitto di interessi perché lui nel mentre ha creato questa realtà discografica indipendente ma indipendente vera  ecco lui mi ha detto se tu vieni con me è chiaro noi siamo una realtà piccola però tu saresti l’artista di punta e soprattutto non ti diremmo quello che dovresti fare cioè noi lo sappiamo quello che fai e noi ti prendiamo perché sappiamo quello che fai ed è un discorso che erano anni che non mi sentivo dire forse l’ultima persona è stata proprio Lucio Dalla e prima Maria De Filippi.

Il paradosso è che questi grandi personaggi sono quelli che meno mi hanno cambiato poi lo hanno fatto ma non per volermi cambiare perché questi personaggi così comunque ti ispirano al contrario i discografici invece non ispirano nulla se non cercare di vivere alla giornata e fare delle cose che siano consumabili in fast food”

LA COLLABORAZIONE CON LUCIO DALLA E IL SUO MESSAGGIO

Hai parlato di Lucio Dalla che ha avuto una rilevanza molto particolare nella tua carriera forse sei stato una delle ultime persone che ha sentito, hai parlato in altre occasioni di questo messaggio che hai ricevuto proprio da Lucio Dalla due giorni prima che lui morisse e che praticamente è un suo testamento spirituale un passaggio di consegne in cui ti diceva ‘continua così non aver paura di essere te stesso, di cantare ciò che vuoi continua così perché la tua strada è giusta tu farai il cantante tutta la vita’ mi ha emozionato molto e sapere che l’hai ricevuto due giorni prima che lui morisse mi ha un pò scosso. Hai sentito il peso di questa cosa, la forza, ma anche il peso di portare avanti qualcosa che ti era stato lasciato? Nella tua vita sono capitati dei momenti in cui hai detto ‘no basta con la musica mi sono stancato’ però poi hai avuto presente questo messaggio e hai detto ‘no devo continuare perché mi è stato detto, mi è stata indicata una strada’ ?

Il paradosso di questo messaggio è che tu hai percepito l’importanza da esterno pensa io che me lo sono ritrovato addosso e poi due giorni dopo tutto quello che è successo ha avuto una duplice valenza perché è chiaro che mi ha aiutato a non mollare quando la tentazione di farlo era forte però forse soprattutto in un primo momento mi ha quasi fagocitato il peso. Infatti ho fatto una serie di scelte sbagliate io poi all’inizio, le
prime pubblicazioni dopo la morte di Dalla sono le cose più sbagliate che io ho fatto nella
mia carriera e secondo me sono figlie anche di uno spaesamento dovuto al fatto che un
artista così importante avesse riposto così tanta fiducia e speranza e a un certo punto
fosse venuto a mancare.

Quindi è venuta  a mancare anche quella guida verso il raggiungimento di quel talento
che lui vedeva, ma che magari non era stato ancora espresso del tutto o solo a sprazzi non ha più trovato una specie di vate cioè è come se durante il viaggio di Dante a un certo punto si fosse girato e non ci fosse stato più Virgilio insomma credo che più o meno mi sia successo questo “.

LA VALENZA DEI TALENT

Hai parlato anche di Maria di Filippi come personaggio importante nella tua vita, parlando di talent tu esci da un talent, hai fatto anche tutto il percorso sei arrivato in fondo in finale terzo,  ti volevo chiedere pensi che il talent oggi abbia ancora la valenza di qualche anno fa oppure anche il talent si è piegato alle logiche televisive e quindi non ha più la forza artistica di un tempo ? Un ragazzo che oggi si avvicina al talent può esprimere realmente quello che vuole oppure si deve sottostare a quello che indicano le case discografiche che ruotano intorno a quel talent secondo te ? 

“Allora posto che secondo me oggi se dovessi fare una media su dieci artisti in nove si piegano alle logiche di mercato e credo che questo non sia colpa dei talent ma credo che sia colpa dei discografici principalmente perché non sono lungimiranti sono vuoti sono ignoranti e quindi stanno rovinando veramente la musica, e i talent un pochettino si adeguano a quella che poi diventa una richiesta di mercato quindi
prendono quelle cose lì.

Però poi se andiamo a vedere per l’artista in sé a prescindere che
quello che faccia sia quello che vorrebbe fare per davvero o quello che si piega a fare per
non affogare, credo comunque che il miglior modo per farlo lo dico nei risultati alla fin fine
siano comunque i talent show perché uno può dire quello che gli pare però alla fine i
Måneskin credo che al momento sono il gruppo italiano più famoso nel mondo e hanno
fatto X Factor, in questo momento quest’anno a rappresentare prima Sanremo e poi
l’Eurovision, Angela Mango che esce da Amici quindi c’è poco da parlare lì poi che la musica
in generale oggi sia mediocre e decadente questo sì però non credo che sia la colpa dei
talent non solo perlomeno diciamo che si adeguano a quello che è il mercato
musicale insomma quello che purtroppo è il mood abituale”

RAPPORTO CON I SOCIAL, IL BALLETTO SU TIKTOK

Tornando a Carla e la credenza hai fatto un balletto su tiktok che sembra quasi una presa in giro di quello che è il mondo dei social, pensi che anche i social stiano contribuendo a questo fenomeno di commercializzazione nel senso che sta sparendo un pò l’artista e sta uscendo più il personaggio anche a livello musicale?

Sì perché oggi è tutto concentrato, mi devi impattare in 30 secondi poi non è rilevante se io mi ricorderò di te però in quei 30 secondi devi catturare completamente l’attenzione e allora io proprio perché il balletto, a me che sono un pessimo ballerino mi ha sempre salvato da situazioni per me strane, è successo ad Amici ed è successo adesso con Tiktok.  Io come tutti quelli che vogliono fare musica, quelli che dicono il contrario secondo me è perché non ce l’hanno fatta, vogliono scrivere canzoni o cantarle e che abbiano un bacino quanto più nazional popolare possibile. Credo che questo fosse l’obiettivo di tutti cioè da De Andre a Max Pezzali non credo che facesse differenza. L’ artista è sempre un pò vanitoso, poi il modo in cui ci arrivi quello cambia chiaramente, perché De Andre e Max Pezzali non sono chiaramente la stessa cosa però sicuramente sono accomunati dalla voglia di ritrovarsi sotto oceani di persone che cantassero che si riconoscessero nella propria musica questo si e questo accomuna tutti quanti noi.

Quindi siccome 15 anni fa ho iniziato a fare musica o meglio ho iniziato a farla per un bacino d’utenza più più largo e chiaramente i canali erano molto diversi di quelli che magari avevano utilizzato i musicisti a cui mi ero ispirato io gli artisti a cui mi ero ispirato io quindi i grandi cantautori, addirittura alcuni non facevano nemmeno Sanremo quindi figuriamoci un talent show. E allora dico io come mi tolgo dall’impiccio di dover fare qualcosa che non assomiglia al programma che sto andando a fare ma che faccio perché vorrei che la mia musica arrivasse a più gente possibile, e la risposta fu il balletto all’ epoca mi portò bene.

Perché poi una canzone pop che prendeva in giro tutto il sistema alla fine con gli occhi di un ventenne funzionò perché poi catturò l’attenzione di Maria e poi da lì io sono
riuscito a fare delle cose che fossero anche più intense, più importanti e quindi 10 anni dopo mi sono ritrovato nello stesso impiccio nel senso che tutti mi dicevano eh però oggi la
musica la devi fare su TikTok perché se no non riesci a raggiungere un bacino utenza io
guardavo TikTok e guardavo le cose che c’erano su TikTok  perché poi la musica associata alla danza no? Non è che se la siano inventate su TikTok,  lo facevano gli uomini primitivi per accoppiarsi, quindi quando io dico che il progresso ci sta facendo regredire e stiamo ritornando indietro, mi sono detto va bene allora io sarò un boomer
che ballerà su TikTok con i mutandoni e la canotta sporca di sugo come un fantozziano.
Questa cavolata era funzionata e ha dato possibilità a una canzone fuori dal tempo”

LE ORIGINI

Tu sei pugliese, che rapporto hai con la tua terra, con le tue origini?

“Come tutti i pugliesi, ma in generale le persone del sud hanno un rapporto contraddittorio con la propria terra, nel senso che io a vent’anni me ne volevo scappare perché mi sembrava che non ci fosse una opportunità come quelle che avevo io a vent’anni.  Oggi a 35, considerando che forse non è ancora il momento, vivo a Milano dopo aver vissuto tanti anni a Roma, quello che mi manca è il mare, il sole è un’aria un pò più rarefatta e quindi dico ma io voglio vivere tutta la vita a Milano? non mi do ancora la risposta perché mi fa paura la risposta però sicuramente inizierò poi a farmi la domanda.”