giovedì 10 Ottobre 2024

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Loredana Bertè e Margherita Vicario: le donne, la passione e 45 anni di distanza

Due canzoni sulla passione d’amore e 45 anni di distanza

Estate, stagione di repentine passioni e baci rubati in riva a un mare bugiardo che invita alle promesse per portarsele via. È il 1978, l’anno di “Bandabertè” per CGD Eastwest, contenente “Peccati trasparenti”, una canzone che racconta di questi amori senza far ricorso a un linguaggio onomatopeico così presente nei testi di oggi e a un sound che darà il merito a Loredana Bertè di introdurre il raggae nel pop italiano.

È una donna consapevole e chiara quella della canzone (“non ti chiederò se per caso è lei che sta sera vuoi Giocare ad esser bella non mi piace più Non ti giurerò che nel letto mio dormi solo tu”) e sa parlare del sentimento con metafore efficaci, capaci di descrivere l’adrenalina emotiva, caratterizzante, spesso, gli infuocati incontri estivi (“ma l’amore quando è qui deve correre sopra un rasoio Deve vivere gridando muoio e Non fermarsi mai, un momento mai Ma l’amore l’amore quando lo bevi devi Ubriacare, è vero solo se può farti male Tu non fermarti mai, un momento mai”).

Non vi è traccia di titubanza né di senso di colpa, dettati dalla situazione proibita, anzi a chiarirlo è proprio il titolo del pezzo (“peccati trasparenti li fai e non ti penti Così vorrei che fosse questa storia con te”). Chi è l’amante di questa storia, dove a tirare le fila sembra proprio la parte femminile? Certamente è un uomo, in una posizione asimmetrica e subordinata, da condurre, quasi educare a come vivere quest’amore; un lui ingenuo e aggressivo, che avrà il compito di far fronte a questa donna imperante (“hai l’aria di un bambino con il fucile In mano, ma non dovrai difenderti da me”).

Nonostante tutto l’ardire e gli ardori, non ci si potrà sottrarre alla stagnazione noiosa che genererà il tempo, ma lei sa già cosa fare per affrontare anche questa eventualità (“e quando uno sbadiglio segnerà un addio non Ti pregherò di aspettare un po’ al problema mio”).

A questo pop d’annata, senza mezze misure ed estremamente femminile, vogliamo affiancare quello di Margherita Vicario, che ha trovato una piena espressione in una versione urban e contemporanea dai testi provocatori e allusivi. Uscito il 28 aprile, il singolo “Ave Maria” presenta una donna che dice in prima persona, “io per esempio sto imparando a dar voce al silenzio Son piena di veleno e corro come un treno Anche se non so il perché”, chiedendo di essere amata pienamente e fuori da ogni schema (“prendimi la mano, portami lontano Cambia tu le regole”). Come in una preghiera a se stessa, a un essere divino cui invocare grazie, continua “ave Maria In piena disgrazia Tu portami via Tra le tue braccia Ave Maria Le lacrime in faccia Non è una bugia Ho bisogno di”.

Siamo di fronte a una donna che sente di volere, desidera e, nello stesso tempo, si interroga su ciò che si aspetta dall’altro, a cui domanda “prega più forte non ti sento Ma tu ci credi o no?”, ponendo come unica condizione “mettici un po’ di sentimento Se no io non ci sto”. Il dolore interiore nasce da una frattura sociale che la ingabbia nello stereotipo della maternità come chiave per la felicità, senza interrogarsi su ciò che una donna, in certe circostanze, è costretta a subire (“C’è chi sostiene che essendo una donna Dovrei fare un figlio per essere felice Proprio lo stesso che sotto alla gonna Ha infilato una mano e mi ha tolto la voce Come se fosse la nostra natura Chiedere perdono per ogni peccato Però peccato avessi avuto un mitra Ora sarebbe un bel fiore in un prato”).

Da qui, ancora in prima persona, “io sono ed esisto, io penso e resisto Anche senza di te” e un’estrema consapevolezza dei propri bisogni (“e se hai sete (bevi) E se hai fame (tieni) Se ti piace vieni Che qualcuno ti accoglierà Se stai male (chiedi) Se hai paura (credi) Se non cadi in piedi Qua nessuno ti ascolterà”). In amore, come nella preghiera, un aspetto resta fermo: “mettici un po’ di sentimento (Ave Maria, oh-oh-oh) Se no io non ci sto (Ave Maria, oh-oh-oh)”.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.