Oggi siamo andati ad occuparci di un mondo musicale lontano da quello che oramai comunemente è definito mainstream. Con Luca Burgalassi, artista attivo nell’area toscana, abbiamo esplorato un mix di atmosfere country e blues. Ecco che cosa ci ha raccontato dei suoi ultimi progetti e non solo:
– Vorrei partire dal tuo ultimo progetto discografico “Shadows and Fragments”. Ci racconti come è nato, che cosa vuoi raccontare e che cosa simboleggia per te questo progetto?
<<”Shadows and Fragments” è una raccolta di canzoni che ho scritto diversi anni fa: da 10 a 15 anni fa, che ho tenuto raccolte prima ancora di poterle registrare. Grazie anche alla tecnologia più recente a distanza di alcuni anni ho avuto finalmente la possibilità di registrarle riarrangiando questi brani. Si tratta di tutte canzoni che ho voluto mettere insieme con un sound più semplice possibile visto che ho usato solo strumenti acustici e microfonati quindi non si tratta di suoni prodotti al computer: sono tutti strumenti suonati live da me insieme ad altri musicisti. Per quanto riguarda un genere è un misto ma dentro ci sono influenze blues, country, cantautorali e celtiche. Si chiama così perché “Shadows” e “Fragments” sono due canzoni che racchiudono gran parte di quello che volevo dire: la prima parla di ombre del passato che da certezze si trasformano solo in ricordi a volte mentre la seconda descrive come una storia d’amore si possa disintegrare in mille frammenti che è più doloroso riordinare piuttosto che dimenticare>>.
– Da quanto tempo hai iniziato a suonare e a scrivere visto che sei autore e compositore di queste tue canzoni?
<<Ho iniziato a suonare la chitarra per gioco alle elementari mentre già alle medie ho iniziato a fare più sul serio con i primi gruppi rock con gli amici iniziando a comporre le prime canzoni. Il momento del liceo, poi, è stato il più creativo: ho accumulato tantissimo materiale originale che però, per varie ragioni, non ho mai suonato o mostrato perché ho quasi sempre suonato in numerosi gruppi di cover come strumentista. Il ruolo di cantante è venuto solo negli ultimi anni>>.
– Ascoltando il tuo disco si nota che tutte le canzoni sono scritte in inglese: come mai la scelta di cantare e scrivere anche in una lingua diversa dalla tua?
<<Penso che probabilmente derivi dall’influenza musicale che per me è stata soprattutto quella della musica americana o inglese visti anche i generi su cui mi baso che difficilmente hanno dei rappresentanti italiani se non per alcuni cantautori. Suonando e ascoltando alcune determinate canzoni mi è risultato naturale scrivere utilizzando quel determinato linguaggio: non è una ricerca ma un fatto naturale>>
– Hai mai provato a scrivere in italiano oppure è del tutto distante da te?
<<Ho dei brani scritti in italiano fin dall’origine e altri brani, invece, che ho provato a tradurre dall’inglese. Personalmente preferisco sempre quelli che nascono in una determinata lingua rispetto a quelli che vengono tradotti>>.
– Spostandoci nel genere che proponi, questo blues e country mixato curiosamente, e che hai detto derivare dalle tue influenze. Quali sono le tue influenze, le cose che ti piace ascoltare, i tuoi artisti di riferimento?
<<Sono partito come tutti i chitarristi credo ascoltando il rock e havy metal degli anni ’90 con i Metallica, gli Europe e Bon Jovy. Poi, quando ho iniziato a studiare chitarra acustica, mi sono avvicinato ai grandi maestri del country-blues. Quello che ascolto adesso è un mix di questo: mi piacciono molto i cantautori della storia americana. A dire la verità, però, mi sono un po’ distaccato dall’elemento chitarristico ma mi piace vedere più l’insieme canzone o risalire addirittura all’intero album>>.
– Riguardo, invece, ai testi: sono autobiografici oppure sono ispirati da situazioni esterne o frutti di fantasia? Hai una regola fissa oppure ogni volta vivi una situazione diversa?
<<Per quanto riguarda questo disco sono quasi tutte di origini autobiografiche però sono scritte in momenti diversi e quindi la causa scatenante è spesso diversa cambiando da canzone a canzone. Quando si è più liberi mentalmente, si ha più tempo o si è coinvolto emotivamente in un qualcosa di coinvolgente è più semplice scrivere>>.
Come accennavi prima i suoni di questo disco sono tutti realizzati con strumenti dal vivo. Non so quanto tu segua la musica mainstream italiana e non ma sicuramente ti sarai accorto che c’è una massiccia tendenza a rivolgersi verso suoni prodotti artificialmente grazie alla tecnologia. Come mai hai scelto la via contraria alla moda del momento?
<<Credo possano essere due i principali motivi: per me è una questione anche di colore che volevo dare al disco, volevo una cosa molto intima che facesse emergere la mia volontà che fosse quasi un disco-diario, e poi perché il genere che faccio richiede forse questi suoni vivi. In genere non mi piace la musica troppo “impacchettata” questo non vuol dire che io non farò mai un disco “sintetico” in futuro però in questa fase ho voluto fare così malgrado sia in controtendenza.>>.
Riguardo al tuo futuro cosa ti aspetta? Hai in programma un tour, delle serate live oppure sei già impegnato nella scrittura di nuovi pezzi?
<<Ho fatto un tour da gennaio ad aprile nei teatri in Toscana per presentare il disco e ora in estate continuerò a suonare live questo album anche se, in realtà, sto già masterizzando il nuovo disco che è quasi pronto e che dovrebbe probabilmente uscire verso la fine dell’estate>>.
E questo secondo album sarà sull’orbita di questo primo progetto oppure sarà una cosa del tutto diversa?
<<E’ una sorpresa ma posso dire che sarà simile anche se avrà un sound leggermente più elettrico con qualche chitarra elettrica in più con un suono più rock>>.
Se avessi a disposizione un solo brano di questo album per farti conoscere da un ascoltatore che non ha mai ascoltato nessun tuo brano quale sceglieresti?
<<Difficile. Sceglierei però “Shadows” perché è quella più lineare di questo disco, la si può ascoltare subito e capire con facilità. Non rappresenta al 100% tutto il disco ma è quella che più racchiude questo album>>.
Scegliendo, invece, LA canzone della musica italiana e LA canzone della musica estera nella quale senti più te stessa, la tua vita o il tuo modo di intendere la musica?
<<Questa è ancora più difficile. Per quanto riguarda la musica inglese sicuramente un brano che mi fa venire i brividi ogni volta che lo sento è “Out of the weekend” di Neil Young mentre per quanto riguarda la musica italiana un brano che avrei voluto scrivere è “Rimmel” di Francesco De Gregori>>.
Ilario Luisetto
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