Lucio Corsi, la recensione di “Volevo essere un duro”
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Tra i protagonisti di Sanremo 2025 ci sarà anche Lucio Corsi: ecco la nostra recensione di “Volevo essere un duro”, brano che segna la sua prima partecipazione in gara al Festival
Debutta a Sanremo Lucio Corsi, lo fa con un pezzo che si intitola “Volevo essere un duro”, scritto e composto a quattro mani con Tommaso Ottomano.
Dopo aver anticipato il nostro giudizio con le consuete pagelle realizzate dopo l’ascolto in anteprima riservato alla stampa, approfondiamo il senso e il suono della canzone.
Lucio Corsi, la recensione di “Volevo essere un duro”
Lucio Corsi, con “Volevo essere un duro“, ci regala una canzone che riesce a coniugare l’essenza della nostalgia con una freschezza incredibile, creando all’ascolto la sensazione di un qualcosa senza tempo. La sua interpretazione, infatti, si muove in perfetto equilibrio tra un’anima retrò e la sua spiccata originalità, una combo che la rende straordinariamente sia attuale che precursore. Non è solo una questione di suoni, ma di emozioni, di atmosfere che sanno evocare ricordi, ma che, al contempo, sanno parlarci in maniera concreta
L’arrangiamento della canzone è un altro elemento che la rende speciale, a tratti ci riporta alla mente qualcosa dei Dire Straits, unito alla lezione dei grandi cantautori italiani. Ogni strumento sembra al suo posto, compresa la chitarra elettrica, che appare inaspettata sul finale in un momento di pura intensità. La frase “Vivere la vita è un gioco da ragazzi”, poi, è una provocazione chiara e potente, quasi un manifesto del modo in cui Lucio Corsi osserva il mondo, una riflessione che vuole esorcizzare le difficoltà con leggerezza, con quel fare di chi non ama troppo prendersi sul serio.
E proprio qui, nel cuore del pezzo, che emerge il tema del pezzo: la normalità. “Io non sono nessuno, non sono altro che Lucio”, quasi sussurrato sul finale, svela una filosofia di vita che non è altro che un atto di coraggio. In un mondo che spesso esalta l’eccezionale, l’idea di essere semplicemente sé stessi, senza pretese e senza maschere, assume una bellezza disarmante.
Questa è la vera forza di “Volevo essere un duro”: la sua capacità di comunicare qualcosa di autentico, senza fronzoli, ma con una profondità che emerge naturalmente. Ed è proprio questa la bellezza della normalità, l’intelligenza della semplicità, la forza di una canzone che sa farsi amare perché, in fondo, è esattamente ciò che è. Un piccolo gioiello che, siamo certi, lascerà un segno tangibile in questa edizione del Festival.