lunedì 25 Novembre 2024

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Madame, la sua Nimpha come la Medusa di Capossela?

Quando l’amore mitico diventa un cha cha cha elettronico 

LaNimpha” di Madame potrebbe avere punti di connessione con la “Medusa cha cha cha” di Vinicio Capossela? Certamente, ci sono possibili richiami fra i due testi: il ricorso al mito classico e una rappresentazione amorosa sospinta e pervasiva nella provocazione.

Nimpha era venerata da Greci e Romani come benigna abitatrice delle fonti, dei fiumi e dei laghi, delle foreste e dei monti. Medusa era una delle tre Gorgoni, figlie delle divinità marine Forco e Ceto. Secondo il mito greco, le Gorgoni pietrificavano chiunque incrociasse il loro sguardo e, delle tre, Medusa era l’unica a non essere immortale. In quanto a bellezza siamo agli opposti: Nimpha era dotata di particolare bellezza e ispiratrice d’arte, di poesia e di delicati sentimenti, mentre Medusa era orrenda, con ali d’oro e mani di bronzo, dall’ampio viso rotondo incorniciato da una massa di serpenti per capelli, bocca larga con zanne suine e, a volte, anche una corta barba ruvida.

L’amore, o meglio, i ruoli in cui questo sentimento ci incastra, sono un punto di forte contatto fra la canzone di Madame e quella di Capossela. In entrambi i pezzi, il testo in prima persona rappresenta il punto di vista delle protagoniste, due ninfomani che mostrano se stesse, con estrema consapevolezza, in quanto ‘soggette’ in amore, dominatrici di uomini che diventano, contemporaneamente, oggetti e vittime del desiderio istintivo. In tutti e due i casi, i maschi scelgono di non sottrarsi, ma troveranno il modo di viverle fino in fondo?

Se la Nimpha di Madame supera la dimensione divina e quella poetica, diventando voluttà pura per uno a cui dice “tu sei innamorato di me Ma forse un po’ troppo per te Che ogni notte chiedo sempre un po’ di più E più mi guardi Più non sai se Vorresti amarmi O privartene Non vuoi lasciarmi godere E volere L’ultimo goccio di te”, la Medusa di Capossela ammicca, si fa tentatrice e, nel non rinunciare al piacere, avvisa la sua preda delle conseguenze “chi mi guarda non lo sa, non lo sa Non lo sa, ma diventa un baccalà (…) Non guardarmi, non guardarmi negli occhi per favore Già ti ho pietrificato il cuore (…) Toccare ma non guardare È buona regola da imparare Chiudi gli occhi fatti abbra-cha cha-ciare Non m’irritare, fatti tentare (…) Ma solo ba, solo ba, solo baciami tesoro”.

Amare può voler dire correre il rischio di una maledizione, così che “è restato tutto agghiacciato O mamma mamma come devo far Un altro sasso dovrò abbracciare”; oppure, lasciarsi prosciugare ogni energia, riconoscendo che “e mi stai confessando piangendo Ohohoh nimpha Che succhi la mia linfa Ti getterei nel mare Per non vederti più Ohohoh nimpha Ridammi la mia linfa Ti spingerei nell’ade Per non guardarti più”.

Anche nelle sensazioni finali, Madame e Capossela sembrano intrecciare destini simili per le due figure: Nimpha chiosa “ti sei innamorato di me Ma non hai mai capito che Sono nata nimpha e nimpha morirò Tu sei innamorato di me E nel mare che spiavo con te Sono nata nimpha E nimpha sono morta Grazie a te”, Medusa ammette “adesso basta voglio un uomo vero Che non mi guardi, che non sia sincero (…) E un giorno lui verrà, ne sono sicura E non avrà paura Mi prenderà i capelli e sarà una festa (…) Sento che perderò la testa”. Un’ultima, non trascurabile, similitudine è legata alla musica delle due canzoni, una sorta di cha cha cha elettronico felice e orecchiabile. Proviamo ad ascoltarle una dopo l’altra: è davvero così improbabile che Madame, per fare ancora centro, si sia lasciata ispirare anche dalla sublime visionarietà di Vinicio Capossela?

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.