Recensione del primo EP del giovane cantautore
Quello di Mahmood è uno dei nomi più interessanti della nuova scena musicale italiana, quella scollegata da logiche di aderenza ad un dettame stilistico già consolidato da una tradizione spesso opprimente e catalizzante. Con la sua musica ha già dimostrato, prima in quel di X-Factor e poi al Festival di Sanremo, di sapere il fatto suo e di riuscire a proporre con abilità delle nuove soluzioni musicali tutt’altro che scontate o prevedibili. Gioventù bruciata è la sua prima vera opportunità di proporre in modo sistematico, e non più episodico, un racconto più completo e sviluppato anche se pur sempre contornato e limitato dalle appena 5 tracce presenti nell’EP, primo antipasto di un futuro nuovo album che, si spera, abbia nel palco dell’Ariston la sua nuova grande (ri)occasione.
Se Uramaki, primo singolo estratto dal progetto per l’estate 2018, rappresenta il miglior episodio del progetto grazie ad un inciso ipnotico e dotato dalla perfetta compenetrazione di musica e testo. A fungere, però, da vero catalizzatore è la voce del giovane italo-egiziano che con efficacia riesce a giocare con tinte ed effetti in assonanza con l’arrangiamento distorto dall’elettronica contemporanea che si adatta alla proposta in maniere eccellente.
Più “rap” è, invece, l’eccellente collaborazione con Fabri Fibra sulle note di Anni ’90 che a delle strofe quasi parlate contrappongono un ritornello basato su di un bit tutto sintetico che trova il proprio motto nel verso che ribadisce come “siamo venuti da fuori città sognando l’America” simboleggiando “l’inganno” dei positivisti anni ’90 del secolo scorso. Su di questo spettro della disillusione fornita dal progresso si basa anche Asia Occidente in cui le strofe intime inneggiano ad un qualcuno (l’Occidente) capace di salvare “dalla moda che poi cambierà, dall’amaro di questa di questa vita, da tutta la musica dimenticata” chi da solo non sa farlo (l’Asia).
A concludere ci sono Milano Good Vibes, che si rivela essere l’episodio meno a fuoco del progetto per il suo rimanere a metà tra diversi mondi che non riescono mai ad identificare davvero il brano che mantiene il freno sempre in azione, e Mai figlio unico, che invece torna ad esplorare quel mondo “extra-pop” proponendo soluzioni “esotiche” capaci di conquistare l’ascolto trascinando in un trip coinvolgente.
Malgrado si sia di fronte ad un progetto alquanto limitato e, per questo, difficile da interpretare con pienezza e senso compiuto questa “Gioventù bruciata” di Mahmood è, in realtà, una maturata consapevolezza in potenza. Il giovane cantautore canta della periferia e della vita fuori dal centro di gravità della società che, di riflesso, si specchia anche nella dimensione musicale che non si impone l’aderenza al pop ma cerca e adotta, con grandi capacità, suoni e soluzioni ben diverse e avanguardiste. Ora che il percorso ha avuto finalmente avvio non ci resta che attendere, con impazienza, il proseguo sperando in una affermazione netta capace di portare con sè una piccola ma salutare rivoluzione nel nostro mondo “centralizzato”.
MIGLIORI TRACCE: Uramaki – Anni ’90 – Asia Occidente
VOTO COMPLESSIVO: 7.3/10
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Ilario Luisetto
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