A tu per tu con il cantautore partenopeo, in uscita con il suo quarto disco intitolato “EgoSistema“
A poche settimane dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Antonio Prestieri, alias Maldestro, per parlare del suo nuovo album intitolato “EgoSistema“, disponibile negli store digitali e tradizionali a partire dallo scorso 16 ottobre. Undici tracce unite da un sound decisamente più asciutto, che dona maggiore risalto alle parole e all’intera narrazione. Un lavoro omogeneo, frutto di una rinnovata e più consapevole voglia di esprimersi.
Ciao Antonio, bentrovato. “EgoSistema” ti racconta a 360 gradi, senza filtri e senza maschere. Cosa ti ha spinto a compiere questo ulteriore upgrade nel tuo percorso?
«Questo lavoro è semplicemente frutto di due anni di esperienze, di crescita e di incontri, che mi hanno permesso di tirare fuori queste canzoni con una nuova consapevolezza. Raccontare me stesso senza troppi giri di parole o fronzoli, ma andare dritto all’obbiettivo, mostrarmi nudo e crudo per quello che sono. Non che in passato non fossi sincero, ma oggi è Antonio che racconta Antonio, prima era Maldestro che raccontava Antonio».
Le tue sono riflessioni importanti, ma la musica può ancora veicolare certi temi? La gente ha ancora la “pazienza” di mettersi lì ad ascoltare il significato profondo di un disco come questo?
«Oggi è tutto più veloce, prima c’era una certa ritualità nell’ascoltare un disco: si comprava, si scartava e lo si toccava con mano. Il cd è destinato a morire, tra poco non si stamperà più, ma non moriranno i sentimenti umani, ci saranno altri modi per ascoltare… perchè l’emotività dell’essere umano, quando vuole, sa essere attenta».
Ascoltando l’album mi hai portato a riflettere di come sentirsi al centro del mondo non per forza deve essere considerato come un fatto egoistico-negativo, piuttosto come una presa di coscienza serena e positiva…
«Io credo che l’ego sia una cosa importante, anzi fondamentale. Senza l’ego io non salirei sul palco, magari tu non scriveresti un articolo mettendoci la tua visione del mondo. Senza l’ego non esisterebbero gli artisti, non ci sarebbe creazione. Bisogna avere la consapevolezza di saperlo domare, affinché l’ego stesso non sovrasti ciò che ha intorno e sia utile all’insieme. Personalmente penso di avere un ego abbastanza smisurato, ma contemporaneamente ho anche una fortissima propensione all’ascolto, perché solo così posso rubare storie e comprendere popoli, culture e persone diverse».
In “Precario equilibrio” cerchi un punto di incontro tra quello che c’è fuori e quello che hai dentro. L’hai trovato?
«No, altrimenti non l’avrei scritto (ride, ndr). Oggi sento di avere una pace molto più salda, rispetto magari a due anni fa. Questo non significa non avere dolori e non avere tormenti, ma la mia serenità scaturisce dall’accettare dolori e tormenti come compagni di viaggio, proprio come la gioia e la felicità».
Per arrivare a questa pace e a questa consapevolezza, sei dovuto scendere a compromessi?
«Con me stesso? Sì, anche se ci illudiamo di essere rivoluzionari e anticonformisti, in realtà con i compromessi si scende a patti tutti i giorni. Cerco di essere me stesso fino in fondo, non sempre ci riesco, a volte fallisco vergognosamente, ma il mio obiettivo è riuscire a tirare fuori chi sono nel quotidiano, anche quando mi capita di parlare con persone che non conosco. Spesso indossiamo delle maschere per apparire migliori di ciò che siamo, personalmente sono arrivato ad un altro tipo di consapevolezza. Credo che sia importante quello che pensano gli altri in generale, ma non ci deve importare più di tanto quello che pensano gli altri di noi stessi».
Un disco che possiamo tranquillamente considerare come una tua radiografia. In che termini pensi sia stato terapeutico per te questo lavoro?
«E’ stata una bella e lunga seduta (ride, ndr), ma io sono sempre in analisi con me stesso, a volte è un bene, a volte non lo è, rifletto molto sulle cose, cerco sempre di guardare da diverse prospettive. L’analisi è costante, mi considero sempre in continua ricerca e in continuo curiosare».
Se questo album è stato per te terapeutico, pensi possa esserlo anche per chi lo ascolta?
«Qui viene fuori il mio ego… io vorrei di sì! Spero vivamente che chi lo ascolta possa trarne benefico, proprio come accade a me con lavori di altri artisti. Ad esempio ho molto apprezzato l’ultimo disco di Samuele Bersani, mi ha emozionato e mi ha fatto riflettere su molte cose».
Per concludere, alla luce del complicato momento che stiamo vivendo, quali riflessioni ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà “EgoSistema“?
«Pace e serenità, nonostante il tormento che attanaglia gli esseri umani. Non siamo abituati a cogliere le piccole felicità quotidiane, quando all’interno di una giornata ce ne sarebbero davvero tantissime. La pace ha sicuramente un valore in più, perchè ti permette di vivere un dolore con serenità».
Nico Donvito
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