A tu per tu con la cantautrice milanese, in occasione della sua partecipazione ai Seat Music Awards 2021
A qualche mese di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Malika Ayane, per parlare dei suoi ultimi progetti, del suo album “Malifesto”, del suo ritorno all’attività live e dell’andamento musicale della stagione estiva. Come sempre, una piacevolissima videointervista che ci permette di approfondire ulteriormente la sua ispirata visione di vita e di musica.
Ciao Malika, bentrovata. Siamo a Verona, in occasione dell’edizione 2021 dei Seat Music Awards, quali sono le impressioni a caldo?
«Le prove sono andate benissimo, avverto una discreta tremarella, perchè sono previste un sacco di persone e non siamo più abituati a platee così vaste. La settima scorsa ho cantato al Festival della Mente, c’era un numero decisamente inferiore di spettatori, eppure si percepiva la sensazione di un inizio di qualcosa di vero. Metà del primo brano l’ho cantato con una rana piantonata nella gola (ride, ndr), stasera cercherò di non lasciarmi travolgere troppo dalle emozioni, anche se l’Arena di Verona è sempre un luogo magico».
Questa sera ti vedremo in duplice veste, oltre ad esibirti con “Peccato originale“, commenterai la serata per Radio 2, insieme a Nek e Carolina Di Domenico. Non è la prima volta che ti metti in gioco in veste di speaker, cosa ti affascina esattamente del mondo radiofonico?
«Stasera farò qualcosa di nuovo, perchè in passato mi limitavo a raccontare quello che volevo mettendo i dischi che volevo. Quindi era facilissimo, un po’ come quando da ragazzina passavo le ore in cameretta ascoltando musica con le mie cassettine. Questa volta sarà diverso, perchè questa nuova esperienza mi permette di essere testimone del presente da un altro punto di vista. Radio 2 è stata casa mia per un sacco di tempo, per questo sono molto felice di ritornarci».
Sono curioso di analizzare con te l’andamento delle tendenze musicali degli ultimi mesi, perchè sei uscita lo scorso maggio con il singolo “Telefonami“, un brano elegante, senza tempo e senza stagione. Una sorta di dichiarazione di indipendenza in questa guerra estiva dei tormentoni. Qual è il tuo pensiero a riguardo sia come artista che come ascoltatrice?
«Devo dire che quando ho sentito “Telefonami” alla radio ho capito che non c’entravo assolutamente niente. Hai presente la scena di Bridget Jones, quando lei arriva vestita da coniglietta e le dicono che quell’anno la festa non era in costume? Ecco, mi sono sentita un po’ così (sorride, ndr). Sai, qualche volta in passato mi è capitato di fare qualche brano estivo, ma non era mai intenzionale. Quindi, diciamo che sulla ricetta scientifica sono la persona meno adatta. Viviamo in un momento in cui ciascuno ascolta quello che vuole, per cui la radio è un indicatore parziale. In giro c’è tantissima musica, una frammentazione tale per cui se tutto è confuso niente è confuso. Trovo sia giusto che mentre si vada al mare si senta un pezzo leggero, orecchiabile e ballabile. Abbiamo trascorso due anni faticosissimi, le persone si meritano un po’ di santa spensieratezza».
Nella tua musica c’è sempre stata ricerca e accuratezza, dal linguaggio al dosaggio dei suoni, ad esempio dell’elettronica, uno strumento che spesso viene utilizzato anche in maniera un po’ grossolana. Quanta ricerca e quanto lavoro c’è dietro per trovare il giusto equilibrio tra gli elementi?
«Sicuramente tanta, ma penso che sia un aspetto fondamentale del lavoro. La musica elettronica ormai esiste da decenni, per cui inizia ad esserci anche un elettronica vintage se vogliamo. Molto dipende dall’intenzione che mettiamo in genere in ciò che facciamo. Nella musica, come in qualsiasi altra cosa, soprattuto in questo momento in cui tutto è il contrario di tutto, quello che rimane è l’onestà».
Per concludere, a proposito del tuo ultimo album “Malifesto“, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgogliosa di questo disco a distanza di qualche mese dall’uscita?
«Quello che ti dicevo poco fa, ovvero l’intenzione e l’onestà. Sono molto legata a “Malifesto”, così come a tutti gli altri miei precedenti progetti. Una volta che chiudi un disco non puoi più modificarlo, una volta che consegni un master non puoi fare più niente. Devi essere fiero di aver fatto le cose esattamente come avresti voluto. Questo non succede praticamente mai, perchè hai la sensazione che manchi sempre qualcosa, ma l’importante è averci messo tutto l’impegno e la passione. Noi cantanti abbiamo la fortuna di fare il lavoro più bello del mondo, non dobbiamo avere paura o fretta, la risposta prima o poi arriva, anche quando le cose non vanno come avresti voluto. Perchè poi la gente ai concerti ci viene, magari il disco lo compra dopo averti sentito dal vivo e di questo non posso che esserne grata. Insomma, non potevo chiedere di meglio dalla vita».
Nico Donvito
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