Sottosopra è il nuovo singolo di Malika Ayane in uscita domani, venerdì 12 aprile.
Disponibile in pre-save e pre-add, il brano è scritto e composto dalla stessa Ayane con Andrea Bonomo e Pacifico.
Ancora una volta, Malika stupisce svelando un lato inedito che apre la via a un nuovo percorso in cui i contrasti la fanno da padrone.
E le sonorità elettroniche scandiscono il tempo, sottolineandone il ritmo travolgente.
“Sottosopra è un brano nato due anni fa a Parigi. – racconta l’artista – Più che di uno stato d’animo, parla di un modo di essere e di fare che, una volta raggiunto, diventa l’inizio di una nuova fase. Quando si hanno finalmente chiari i contorni entro i quali ci si può muovere, ecco che compare la consapevolezza di sé e, di conseguenza, la serenità. Bisogna imparare e muoversi a passo di danza sotto e sopra la linea di questa vita che cambia continuamente”.
Accompagna l’uscita del brano il videoclip ufficiale, per la regia di Attilio Cusani, che ha voluto creare un immaginario essenziale per sottolineare il messaggio del pezzo. Perché quando ci si sente completi, non serve aggiungere altro.
È con questa traccia – e con questa attitudine – che Malika Ayane si apre a un nuovo progetto musicale. La cantautrice invita, infatti, a passare attraverso il mondo senza farsi sconvolgere, per imparare così a riconoscere gli spazi in cui lasciarsi andare, tentando di mantenere l’equilibrio in un limbo costante.
Solo così diventa possibile affrontare il passato, che non è mai qualcosa a cui guardare con eccesso di nostalgia, bensì un’occasione per avere un termine di paragone senza alcuna forma di giudizio.
In un’intervista al Rolling Stone, l’artista fornisce ulteriori dettagli in merito al brano ed al momento che sta vivendo, sia dal punto di vista personale che da quello artistico.
Ecco quanto ha dichiarato.
Nella prima strofa del tuo nuovo singolo canti: “In un’altra stagione avrei detto magnifico […] non avrei fretta di entrare nello specifico, o scavare piano fino all’osso”. Sembra esserci un forte senso d’urgenza, di reclamare un’identità.
Quando abbiamo iniziato a scrivere questa serie di canzoni, di cui fa parte Sottosopra, mi sono resa conto che era il momento di fare quello che mi pare, di andare dritta, senza perdere tempo per cercare di piacere a tutti. Ho capito che un brano diventa importante per chi lo ascolta solo se lo fai con onestà. Se qualcuno non ti si fila non ti si filerà, e va bene così, si va avanti continuando a fare ciò che ci piace. Il brano racconta di chi sono oggi. In questi 15 anni di pubblicazioni ho imparato a liberarmi dal timore di sbagliare.
Quanto ha influito Berlino su questo percorso di cui racconti in Sottosopra?
Molto, questa città mi ha aiutato a liberarmi da tante pressioni che qui per fortuna non esistono proprio. Ovunque vada non mi sento mai giudicata, se qualcuno mi avvicina è perché mi ritiene interessante, non per quello che ho fatto. Qui ho avuto il tempo per scoprire che sono tanto altro rispetto a quello che mostro al pubblico. Per quanto sia molto socievole, sono anche molto introversa, per cui a volte risulto stronza o fredda, ma è una difesa. A Berlino posso stare tutto il giorno in un locale, passare dall’ora del caffè fino alla chiusura, e non ci sarà mai nessuno che mi fa sentire a disagio. Nonostante in questi dieci anni la città sia molto cambiata, la sua anima rimane la stessa, e io continuo a scoprirne pezzi nuovi, con lo stesso stupore della prima volta, con lo stesso incanto, anche se più moderato. Allo stesso modo faccio con me stessa, accentando i miei cambiamenti senza giudicare. Un atteggiamento verso la vita che è anche il senso di Sottosopra: continuo a costruire i miei contorni senza mai sentirmi fuori luogo, pur rimanendo me stessa, con le mie buone maniere (ride).
A Milano invece?
Io vengo dalla periferia della città, andavo a sentire le band nei centri sociali, era più facile trovare una propria dimensione, una propria identità parallela, anche se eri squattrinato. Oggi giochiamo alla metropoli, ma Milano rimane una città piccola. Sei sempre sottoposta a uno sguardo, non per forza severo, ma che non può che essere comunque giudicante. Ho vissuto per anni preoccupandomi tantissimo di poter uscire a bere una birra con gli amici senza il “ma che razza di persona sei? E i figli?”. Sentivo la pressione di dover sempre performare, che poi ci si sente soli, anche se circondati di persone. Qui invece ho trovato un sanissimo esistenzialismo, una solitudine che non fa mai male, anzi.
Ne parli nella seconda strofa di Sottosopra, “un castello di sabbia su una spiaggia libera, uno sguardo mentre fai la spesa”.
Te ne accorgi quando entri in un bar, puoi trovare a qualsiasi ora persone che leggono per i fatti loro per poi iniziare a parlare con sconosciuti. Una solitudine che ha senso, perché significa accettare serenamente di essere un granello, perdersi in mezzo alla gente, e penso che perdersi sia una cosa meravigliosa. Trovo sia giusto prendersi il tempo per scavarsi dentro, soprattutto in un mondo che è sempre più veloce. Come vogliamo vivere il tempo che abbiamo a disposizione? Vogliamo continuare a cercare la cornice perfetta per la nostra immaginetta performante, oppure andare a fondo, stare anche in apnea, anche schiantandoci con tutta la forza che abbiamo? La trovo una possibilità stupenda, e chi ce l’ha dovrebbe sfruttarla fino alla fine.
“Ho imparato ad andare sotto, quando l’aria non c’è”, come nel refrain del tuo nuovo singolo.
Quando ho iniziato la mia carriera, soprattutto agli artisti giovani veniva chiesto rigore. Non si poteva andare a Sanremo a fare gli estrosi, altrimenti non saresti mai stato preso sul serio. Dovevi stare dentro una scatola, ma allo stesso tempo non avevi la certezza che quei binari già tracciati ti avrebbero portato da qualche parte. Mi piace che oggi queste tensioni si siano allentate. Oggi puoi partecipare al Festival anche se non sai cantare alla perfezione, e va bene così. Quando ho iniziato io sarebbe stato impensabile.
Qual è il tuo rapporto con la musica e la scena italiana ora che vivi all’estero?
Sono un po’ dispiaciuta che, quando si parla di musica italiana, si intende solo quella che passa in radio e che fa numeri. Così come le radio aiutano brani mediocri a diventare tormentoni, sarebbe bello se fosse dato lo stesso spazio anche a tutta la musica bellissima che esiste là sotto. A volte siamo talmente dentro il vortice che ne veniamo risucchiati e iniziamo a perdere tempo dietro cose come “quell’intervista è venuta male”, “quel pezzo non ha abbastanza stream”, “chissà cosa penseranno i follower se faccio questo”… e credo che uscire da certe dinamiche, anche geograficamente, aiuti a capire cos’è davvero importante. Capisci che conta ciò che ti rende felice e onesto: i concerti, ad esempio, quelli ci salvano sempre.
A proposito, tra qualche mese parte il tour, la prima data è fissata a Trento il prossimo 10 novembre. Qual è il rapporto con il tuo pubblico quanto torni in Italia?
Riesco a vedere solo la parte bella, essenziale, di ciò che faccio: parlare con le persone che vengono ad ascoltarmi, sentire di chi si è innamorato con La prima cosa bella, di chi ha fatto figli, o di chi si è lasciato e ora non riesce più ad ascoltare quella canzone. Quando succede sento un’enorme gratitudine, che nessun numero o nessuna intervista venuta bene può eguagliare. Si torna sempre lì, a ciò che ti fa dare un senso agli anni che hai a disposizione: trovare la serenità. Riuscire a farlo è un dono, e chi ci riesce deve condividerlo. Regalare serenità, e birrette (fa un brindisi).
Le date del tour:
10 novembre Trento – Auditorium Santa Chiara
13 novembre Torino – Teatro Colosseo
15 novembre Milano – Teatro Dal Verme
16 novembre Mestre (VE) – Teatro Toniolo
18 novembre Bologna – Teatro Celebrazioni
23 novembre Spoleto – Teatro Nuovo Menotti
27 novembre Firenze – Teatro Puccini
29 novembre Senigallia (AN) – Teatro La Fenice
30 novembre Roma – Auditorium Parco della Musica
3 dicembre 2024 Napoli – Teatro Augusteo
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