A tu per tu con Mameli per parlare del suo nuovo EP “Fino all’ultimo respiro”. La nostra intervista al cantautore siciliano
“Fino all’ultimo respiro” è il titolo del tuo nuovo EP di Mameli, pubblicato lo scorso 22 novembre da EMI. Di seguito la nostra intervista.
Dopo avere pubblicato in quest’ultimo anno i tre singoli “Clandestino” (S1E0), “Mai Love” (S1E1) e “Okay Okay” (S1E2), l’artista rilascia come nuovo estratto “Mezz’ora d’amore” (S1E3), uno dei due inediti presenti nella tracklist insieme a “Dietro le nuvole” (S1E4).
Mameli descrive così il singolo focus del progetto: “Tengo molto a ‘Mezz’ora d’amore’ perché prende ispirazione da alcuni ricordi di me da piccolo. I miei si sono separati quando avevo tre anni, e in quel periodo mio padre era solito accennare a chitarra e voce un pezzo che per testo e melodia lo ricorda molto”. Ecco cosa ci ha raccontato.
Mameli presenta “Fino all’ultimo respiro”, l’intervista
Partiamo da “Fino all’ultimo respiro”, com’è nato e cosa rappresenta per te questo EP?
«Guarda, rappresenta il percorso di questo ultimo anno e mezzo, dopo il disco con Lorenzo Fragola, ed è una raccolta di storie di vita che ho vissuto, in prima o in terza persona. Ci tenevo a collegare alla musica anche una storia da raccontare, volevo affiancare qualcosa che unisse e che condisse le canzoni, che poi chiaramente sono una cosa più importante, il fulcro, ma con l’aspetto visivo siamo riusciti a dargli una loro caratteristica».
Com’è nata l’idea di concepire questo progetto in maniera seriale, come se fossero episodi di un unico insieme?
«A prescindere dal fatto che, musicalmente parlando, il disco ha comunque una sua identità, l’idea della serie mi andava proprio di farla perché volevo rappresentare ogni pezzo appunto come un episodio che prende spunto dalla mia vita per poi diventare “Fino all’ultimo respiro”. Ogni singolo è diventato un episodio di questa serie, poi abbiamo realizzato parallelamente una storia di due ragazzi che stanno dentro un ascensore, che vivono i loro patemi e fino all’ultimo respiro provano a mantenere in piedi una storia che però in realtà era già affondata».
“Mezz’ora d’amore” è il singolo che hai scelto per accompagnare l’uscita, hai dichiarato che si tratta di un pezzo ispirato in qualche modo dai ricordi della tua infanzia, ti va di raccontarceli?
«“Mezz’ora” d’amore” può essere letta in due chiavi diverse. Dal punto di vista seriale rappresenta il momento dell’addio dei protagonisti., mentre dall’altro è stata ispirata dai miei genitori che si sono separati quando ero molto piccolo. Mio padre mi suonava sempre delle canzoni, lai faceva musica per hobby e non per lavoro, scriveva e suonava con la chitarra. Una di queste canzoni mi è rimasta impressa, non è proprio “Mezz’ora d’amore”, però diciamo che da quell’idea di motivo è nata poi “Mezz’ora d’amore”. Sono andato avanti e mi sono immaginato questa canzone come se fosse il momento in cui i miei genitori si dicono addio. Naturalmente, non è stato facile raccontare questa storia, in termini testuali. Poi per la musica mi hanno aiutato Paolo Antonacci e Lorenzo Fragola, con cui ho scritto anche altre cose dentro questo EP».
La tua precedente pubblicazione è stata insieme a Lorenzo Fragola con il vostro joint album “Crepacuore”. Cosa ti ha lasciato a livello pratico quell’esperienza condivisa?
«Fare le cose in due è molto difficile, cioè due caratteri diversi, nonostante siamo amicissimi e ci consideriamo veramente fratelli. Ma quando poi si tratta di trascorrere un anno insieme e di pubblicare un album e non solo un pezzo, questa cosa non è sempre facile da gestire. Entrambi avevamo le nostre debolezze e le nostre convinzioni, poi c’erano anche giornate dove banalmente andavamo in studio e lui era super gasato di fare una roba, io ero tristissimo e ne volevo fare un’altra, o viceversa. Quindi fare un disco in due è veramente una roba tosta, però quello che mi ha lasciato è intanto un amico perché abbiamo legato tantissimo e io mi porto dietro una persona che è una di quelle che si contano proprio nelle dita di una mano».
Per concludere, qual è il tuo personale bilancio di questi anni di attività?
«Per essere un bilancio equo, dobbiamo mettere sulla piatto un po’ di cose. La prima è che comunque mi ritengo una persona fortunata, perché faccio questo nella vita da 7-8 anni ed è quello che sognavo di fare quando ero piccolo. Per questo motivo, mi sento di dire che mi sento privilegiato, mi sento molto fortunato perché ho la possibilità e la fortuna di farlo. Poi, da un punto di vista di carriera, mi sento molto più maturo, cresciuto e quindi vivo veramente ogni giorno come se fosse l’ultimo, tra virgolette, nel senso che ce la metto tutta per cercare di rendere autentico quello che faccio».
Nico Donvito
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