“Mani giunte” di Paola Turci: te la ricordi questa?

Viaggio quotidiano nella colonna sonora della nostra memoria, tra melodie sospese nel tempo pronte a farci emozionare ancora. Oggi parliamo di “Mani giunte” di Paola Turci
La musica è la nostra macchina del tempo: basta una nota, un ritornello, ed eccoci di nuovo lì, in una stagione vicina o lontana, in un’auto con i finestrini abbassati o nella cameretta della nostra infanzia. “Te la ricordi questa?” è il nostro appuntamento quotidiano per riavvolgere il nastro delle emozioni, proprio come si faceva una volta con una semplice penna e una musicassetta. Oggi l’orologio del tempo ci riporta al 2002 con “Mani giunte” di Paola Turci.
Ogni giorno, alle 13:00, vi accompagneremo in un viaggio musicale alla riscoperta di queste gemme nascoste: canzoni che hanno detto tanto e che hanno ancora tanto da dire, pronte a sbloccare ricordi, evocare immagini, restituirci pezzi di passato con la potenza che solo la musica sa avere. Brani che forse oggi non passano più in radio, pezzi di artisti affermati lasciati in un angolo, o successi di nomi che il tempo ha sbiadito ma che, appena tornano nelle nostre orecchie, sanno ancora farci vibrare. Perché la musica non invecchia, si nasconde soltanto tra le pieghe del tempo, aspettando il momento giusto per colpire nel segno e farci esclamare sorpresi un: “Te la ricordi questa?”.
Ti sblocco un ricordo: “Mani giunte” di Paola Turci
Siamo nel 2002, Paola Turci inaugura la sua nuova era artistica: quella della piena indipendenza, lontana dai compromessi delle grandi major. Il brano con cui approda in questo nuovo circuito è “Mani giunte”, primo singolo estratto dal disco “Questa parte di mondo“, progetto che rappresenta a tutti gli effetti una rinascita per l’artista romana, che si spoglia di ogni filtro e decide di cantare la verità con la voce aspra, diretta, eppure carica di una sottile ironia e di amarezza.
“Mani giunte” è la confessione di chi, davanti alle macerie di un rapporto, sceglie la dignità della compostezza piuttosto che la rabbia urlata. Paola Turci lascia che la delusione si trasformi in distacco: “Lascerò tutti i miei figli ad un futuro incerto / Mangerò composta a tavola con mani giunte / Piangerò con discrezione e senza dar nell’occhio / Dormirò come se fossi morta”. Sono versi che evocano immagini di un dolore sommesso, mai ostentato, ma profondamente vissuto.
Eppure, dietro questa apparente accettazione, la cantautrice colpisce con una lama affilata: “I say fuck you. You will never know what’s goin’ on with my mind”. La rabbia diventa sussurrata, quasi elegante nella sua irriverenza. Non c’è bisogno di urla: basta uno sguardo, una parola lasciata a metà, per far capire che non si perdona chi ha mancato di rispetto.
Nonostante questo, però, Paola Turci non appare come una vittima, ma come una donna che ha imparato a conoscere i codici della sofferenza e li ha tradotti in nuova forza. “Mani giunte” ha segnato uno spartiacque nella sua carriera, un racconto sincero e privo di retorica di chi non si piega più alle illusioni e alla prepotenza, ma decide di perdonare se stessa, lasciando in eredità all’altro solo il peso dei suoi errori.
Il testo di “Mani giunte” di Paola Turci
Lascerò tutti i miei figli ad un futuro incerto
Mangerò composta a tavola con mani giunte
Piangerò con discrezione e senza dar nell’ occhio
Dormirò come se fossi morta
I say…
Pregherò affinché tu possa avere tutto ciò che vuoi
Soldi macchine e una donna al giorno
E la possibilità di avere tutto e subito
Senza aver bisogno di essere mai perdonato
I say fuck you. you will never know
What’ s goin’ on with my mind
So you better watch out
Non reagisci più e hai lo sguardo spento
Stai sudando freddo e parli al vento
Non fai più il superbo, ne l’ onnipotente
La tua voce incerta ti tradisce
Asseconderò ogni tua perversa inclinazione
Proverò ad interpretare ogni tuo malumore
Sarò pronta accanto a te quando verrà il momento
Quando il tempo ti restituirà quello che hai dato
I say fuck you. you will never know
What’ s goin’ on with my mind
So you better watch out.
Non reagisci più e hai lo sguardo spento
Stai sudando freddo e parli al vento
Non fai più il superbo, ne l’ onnipotente
La tua voce incerta è debole
What’ s goin’ on with my mind
Stai sudando freddo e imprechi contro il vento
Non fai più il superbo, ne l’ onnipotente
La tua voce incerta ti tradisce
Ti tradisce