venerdì 22 Novembre 2024

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March.: “Faccio musica pop per non avere limiti” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore sardo, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Last September

A circa un anno e mezzo dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Marcello Mereu, meglio conosciuto con lo pseudonimo di March., artista della scuderia Cello Label, che avevamo già incontrato in occasione dell’uscita dell’album “Safe & unsound”. Si intitola “Last September” il suo nuovo singolo, realizzato in duetto con la tedesca Charlotte Pelgen, un brano country-folk-pop fresco, profondo e orecchiabile.

Ciao Marcello, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Last September”, che sapore ha per te questa canzone?

«Questa canzone ha per me un sapore particolare perché tocca un genere che non avevo mai sfiorato, avvicinandosi al country-folk. Personalmente a me piacciono tutte le sfumature della musica, questa volta volevo fare qualcosa di più ricercato perché ho ascoltato parecchio country, un genere che funziona molto nei Paesi anglofoni, tra tutti negli Stati Uniti, ma anche in Canada e in Australia. Volevo esplorare un po’, pur mantenendo sempre quella traccia pop che fa parte della mia musica».

Un bel pezzo country-folk-pop con una talentuosa ospite, com’è nato l’incontro con Charlotte Pelgen?

«E’ nato grazie a Lorenzo Vignando, il musicista che si è occupato dell’arrangiamento del brano. Charlotte è una talentuosa cantante e ukulelista tedesca, un’artista completa, mi ha colpito sin dal primo ascolto, così ho deciso di mandarle il pezzo, a lei è piaciuto e abbiamo dato vita a questa bella collaborazione».

A livello testuale, racconti quella sensazione tipica di una storia d’amore finita, quando ti lasci andare un po’ all’amara consapevolezza ma anche a qualche rimpianto. Come descriveresti il tuo rapporto con il passato e con il tempo che passa?

«Ho un rapporto bellissimo con il passato e questo, a volte, è un problema perché lo idealizzo tantissimo, tendo a sposare spesso la tesi del “si stava meglio prima”. Sono un nostalgico, questo sentimento l’ho voluto inserire in questo brano che parla di una storia finita, ma senza rancore, bensì analizzando il tutto, considerando che sul momento magari ci lasciamo prendere dalla voglia di chiudere, perché probabilmente non ne possiamo più, ma poi ci lasciamo andare a qualche rimpianto».

Veniamo all’attualità, in particolare all’emergenza sanitaria Coronavirus che sta mutando, seppur momentaneamente, la nostra quotidianità. Tu, personalmente, come stai vivendo tutto questo? Dove ti trovi esattamente?

«Sono a Parigi, vivo qui da qualche mese. Le restrizioni sono simili a quelle italiane, la situazione non è molto diversa. Personalmente la vivo con molta filosofia, sto cercando di utilizzare il tempo a disposizione nel miglior modo possibile, c’è gente che sta messa molto peggio al mondo, cerco di reagire positivamente».

E’ prematuro parlare di conseguenze precise, ma come pensi ne potrà uscire il settore discografico da tutto quello che sta accadendo? Te lo chiedo alla luce della tua esperienza internazionale, vivendo da tanto all’estero, avendo a che fare quotidianamente con realtà diverse…

«In verità penso che l’avvento del digitale sia già ben consolidato sul mercato, il fisico ormai era in declino, purtroppo perché essendo un nostalgico, come ti dicevo prima, continuo a preferire di gran lunga i dischi e i vinili. Da questo punto di vita non credo cambierà tantissimo, ciò che potrebbe cambiare è l’approccio alla musica dal vivo. Trovo interessante questo sviluppo dei live stream, non tutti gli artisti hanno la possibilità di fare concerti e di esibirsi dal vivo perché, parliamoci chiaro, ha un costo. Di conseguenza, poter raggiungere chiunque direttamente dal proprio salotto, lo trovo interessante, anche se manca sicuramente l’adrenalina che puoi ricevere dal pubblico durante uno spettacolo vero e proprio».

Al netto di tutto quello che succederà, quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere?

«Sto lavorando a tre progetti diversi: il primo è un album di duetti, intitolato “Duo”, dove ci saranno cinque collaborazioni in italiano e cinque in inglese, forse anche un featuring in spagnolo, ancora non abbiamo deciso definitivamente, la bellezza di questo lavoro è che tutti i brani ospiteranno voci femminili; il secondo è un disco solista tutto in italiano, per me è una novità; infine il terzo in inglese, completamente dance, ballabile, ricco di influenze anni ’80 e ’90».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«In realtà credo che la mia musica possa arrivare a tutti in generale, sia per le melodie ma anche e soprattutto per le parole. Il mio ascoltatore ideale è una persona che viene attirata da sound, ma che si ascolta con attenzione il testo. Faccio musica pop proprio perché mi piace non avere limiti, arrivare a chiunque, pur giocando e sperimentando con altre influenze, com’è stato il caso del country con questo ultimo singolo. Sinceramente vorrei raggiungere un pubblico più vasto possibile. non per manie di grandezza o megalomania, bensì per rendere universale il mio messaggio».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.