A tu per tu con Marco Guazzone per parlare del singolo “Giovedì” in duetto con Malika Ayane. La nostra intervista al cantautore romano
Tempo di nuova musica per Marco Guazzone, che lo scorso 8 novembre ha pubblicato “Giovedì”, nuovo singolo realizzato con Malika Ayane, che entrambi hanno composto insieme ad Alessandra Flora e Lara Ingrosso.
Attualmente Marco Guazzone è impegnato in tournée nei teatri italiani per il “Malika Ayane a teatro 2024”, ma in una pausa tra una data e l’altra abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con lui.
Marco Guazzone presenta il singolo “Giovedì”, l’intervista
“Giovedì” è il titolo del tuo nuovo singolo in duetto con Malika Ayane, come sono nari rispettivamente questo incontro e questo pezzo?
«La canzone è nata tra Berlino, Milano e Roma, mentre l’incontro con Malika è avvenuto tanti anni fa e in realtà parte tutto da un tweet. La storia bellissima è che l’anno del mio Sanremo, era il 2012 e partecipavo tra le Nuove Proposte, lei scrisse un tweet durante la serata in cui diceva: “a me piace Guazzone”. E lì ovviamente sono impazzito, avevo vinto. Successivamente ci siamo incontrati e abbiamo cominciato a conoscerci, fino alla collaborazione di “Cosa c’è”, brano che faceva parte della colonna sonora del film “Fratelli unici” di Alessio Maria Federici. Quello è stato un momento bellissimo, perché ho avuto la possibilità di confrontarmi per la prima volta con il suo modo di scrivere, di concepire un pezzo registrato con un’orchestra. Di recente ci siamo ritrovati a Milano e siamo tornati a frequentarci e siamo finiti per scrivere a Berlino delle canzoni insieme. In una di queste session è nata “Giovedì”, così a un certo punto mi è venuto spontaneo di chiedere a Malika di cantarla con me. E lei, con mia grande sorpresa, ha detto subito sì».
Al di là dei punti di contatto che uniscono te e Malika, sia umanamente che musicalmente, ci sono anche delle differenze artistiche o caratteriali tra voi?
«Beh, sicuramente partiamo da curriculum e da esperienze diverse, perché confrontarsi con un artista del suo calibro è straordinario quanto stimolante. Lei ha questa capacità di scrittura che veramente io chiamerei pop d’autore, ma rappresenta un modo di scrivere raffinato ed elegante, ma che riesce a parlare a tante persone. Un grande insegnamento che sto imparando da Malika è la capacità del piano. Del piano inteso proprio come pianissimo, suonare delle cose con una morbidezza. Una leggerezza che, appunto, sullo spartito si definisce piano, pianissimo ed è proprio una sua cifra stilistica».
Negli ultimi anni hai pubblicato parecchi singoli, mi incuriosisce chiederti se c’è l’idea di un album oppure, un po’ in linea con i tempi, preferisci concentrarti sulla pubblicazione di singoli?
«Dal 2020, quando ho intrapreso il mio percorso solista, ho cominciato con l’idea di dedicarmi ai singoli, in primis perchè mi sono reso conto di essere molto fuori dai canoni rispetto a ciò che funziona adesso, cioè io ci metto parecchio per scrivere. Per “Giovedì” ci abbiamo messo un anno per scriverlo e così è stato per le altre canzoni, quindi tutto nasce dall’esigenza di rispettare dei tempi creativi, che sono poi anche dei tempi di vita, perché hai bisogno di assimilare le cose per poi trovare il modo di raccontarle. Però sono arrivato a un momento in cui sento l’esigenza di unire tutti questi capitoli, come se fossero racconti, e farne un libro e quindi un disco. Anche perché resto un fan degli album, quindi per l’anno prossimo l’idea è di raccogliere tutti i brani che sono usciti per trovare lo spazio di pubblicare un disco con ovviamente una serie di inediti a cui sto già lavorando, cercando di accorciare i miei tempi di scrittura».
Per concludere, pensando al tuo percorso, quali sono state le sfide più grandi che hai dovuto affrontare e in cosa ti senti arricchito?
«La sfida più grande è stata ritrovarmi per scelta da solo. Dopo tanto tempo con una famiglia musicale, che è stata quella della band, gli Stag, ho sentito l’esigenza di fare un percorso che mi esponesse in una maniera diversa. Questa all’inizio è stata la sfida più grande, perché nonostante sia qualcosa che sentivo e che avevo bisogno di fare, poi di fatto è difficile trovarsi soli con se stessi. E la cosa che forse in questo percorso ho capito di più, lavorare in squadra mi ha insegnato a fidarmi delle persone e a creare una connessione che affronta l’aspetto umano, l’aspetto intellettuale, l’aspetto creativo e l’aspetto musicale. Quindi questa è una grande lezione che ho imparato. Sì, sono un solista, ma la musica, per come ho capito che voglio farla, è un lavoro di squadra. E di una squadra, ovviamente, con cui condivido anche la vita. E forse proprio per questo poi nelle canzoni si sente questo grande accrescimento. Io mi sento più maturo, non solo perché sono più grande, ma perché ho lasciato entrare nella mia vita e nella mia scrittura delle persone che mi regalano ogni giorno il loro modo di vivere, il loro modo di raccontare le cose ed è un regalo preziosissimo».
Nico Donvito
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