A tu per tu con Marco Masini in occasione dell’uscita di “10 amori”, suo dodicesimo album di inediti in carriera, disponibile da venerdì 4 ottobre
In uscita il 4 ottobre, sia in vinile che in cd, il nuovo progetto discografico di Marco Masini intitolato “10 Amori” (Momy Records, Concerto / BMG), prodotto da Gianluca Tozzi e Milo Fantini, anticipato dal singolo apripista “Allora ciao” (qui la nostra recensione). intervista
Si tratta di un album importante che esce a sette anni di distanza dal precedente lavoro in studio e che coincide con un traguardo di vita altrettanto importante, ovvero i sessant’anni di vita che il cantautore ha compiuto lo scorso 18 settembre. Ecco cosa ci ha raccontato.
Marco Masini, l’intervista
Considerata la tua una nutrita discografia e dato che di amori negli anni ne hai cantati tantissimi, cosa aggiungono alla tua narrazione queste dieci nuove storie?
«Quello che aggiungono non lo so, io cerco di rappresentare in qualche maniera un’emozione, una sensazione, come ho sempre fatto, e cercare di condividerla attraverso dei racconti. Questa volta ho deciso di parlare dell’amore in tutte le sue sfaccettature, non solo inteso come sentimento per un uomo o per una donna, ma come amore universale. Prima di tutto per noi stessi, per una generazione, per un figlio, per i nostri ricordi, per un angolo della nostra adolescenza, della nostra infanzia, per un odore, per un ricordo, per un treno perduto, per un banco di scuola, per un padre, per una madre, per un animale. L’amore è un concetto enorme, non basterebbe una vita per rappresentarlo».
È la prima volta che all’inizio e alla fine di un disco metti un prologo e un epilogo al pianoforte. Com’è nata questa idea?
«Perché sostanzialmente, sia io che gli altri autori, consideriamo questo progetto un album di concetto, un po’ come si faceva una volta che si potevano presentare tre o quattro singoli per poterlo rappresentare. Oggi è diverso e quindi un lavoro come questo ha bisogno di essere spiegato per entrarci bene dentro, perché un concetto bisogna capirlo, bisogna metabolizzarlo, Con un’introduzione e con un epilogo, secondo me, si riesce a entrare prima e a finire meglio un concetto che comunque comprende tante sfaccettature dell’amore stesso».
La prima traccia è “Allora ciao”, singolo scelto come apripista, un brano che racconta la fine di una storia, un saluto senza rimpianti, cosa ti ha spinto a cominciare dalla fine?
«Perché non parla della fine di un amore, ma di un amore che non hai riconosciuto. È un amore che non hai capito fosse amore, il ricordo di una purezza, di una bellezza che tu non hai saputo cogliere per distrazione, perché a volte l’amore nasce congiuntamente quando si è tutti e due allineati, nel periodo giusto e nel posto giusto. In questo caso colui che non si accorge che questo sarebbe stato un grande amore, decide di lasciarlo al suo destino e di lasciarlo andare via e non fa nulla per poterlo recuperare, ma se ne accorge nel momento in cui ricorda dolcemente questa persona saluta, qualche anno dopo, anche con un po’ di ripianto. Quindi, non è esattamente la fine di un amore, ma il riconoscimento di un amore che poteva esserci e che non c’è stato».
Così come la musica e la moda, anche l’amore è ciclico, e lo racconti perfettamente nel brano “Dovevamo essere noi”, che riflette proprio le aspettative che si hanno da ragazzi nel dire: “noi siamo diversi, non commetteremo mai gli stessi errori degli adulti” e poi ci si rende conto dopo qualche anno che non è affatto così. Quali pensieri ti hanno suggerito questa riflessione?
«Ho sempre cercato di raccontare le sensazioni di ogni periodo storico che ho vissuto: negli anni ’90 ho raccontato la voglia di quella generazione, ma possiamo dire anche di tutte le generazioni, un po’ smarrita. In particolare in quel periodo storico, vivevamo in un momento di grande smarrimento ideologico, politico, sociale. Poi crescendo ci siamo resi conto che tutta quella rabbia che avevamo, tutta quella voglia che avevamo di cambiare il mondo, si è trasformata in desiderio di serenità, di tranquillità, di riappacificazione con noi stessi e con il mondo stesso. Di conseguenza, se l’analizziamo sotto il profilo generazionale e forse anche umano, per quanto riguarda la nostra generazione, è stato un fallimento. Ma da un certo punto di vista, come nello special della canzone si racconta, c’è la grande vittoria sentimentale di aver vissuto tutto questo insieme alla persona che poi alla fine ti è ancora accanto. Quindi un grande fallimento generazionale, ma una grande vittoria sentimentale».
A dimostrazione della versatilità dei temi trattati in “10 amori” e del fatto che non sia un disco totalmente autobiografico, non posso non chiederti un commento a proposito di “Splendido”, che affronta gli stati d’animo di un genitore separato che si ritrova a vedere suo figlio al venerdì, per poche ore, una sola volta alla settimana. Devo dire molto vero e toccante il modo con cui hai trattato questo tema…
«Dai dati che altro non sono che lo specchio della realtà, oggi l’amore dura sempre meno e, di conseguenza, ci sono tantissimi bambini che a due anni rimangono con i genitori separati. E questa cosa purtroppo è figlia di una comunicazione che ci porta ad avere più occasioni, ad avere incontri, ad avere un algoritmo che sceglie per te l’anima gemella. In passato si potevano far durare eternamente gli amori, perché avevi una possibilità e la voglia di scoprire insieme alla persona che amavi tutti gli aspetti della vita. Oggi purtroppo le scoperte le si fanno insieme a un gruppo, e nelle community ci possono essere tante variazioni sul tema, ci possono essere tanti condizionamenti e ci possono essere tante distrazioni».
Per concludere, quanto sono stati importanti un brano come “Il confronto”, che altro non rappresenta che un tuo dialogo davanti allo specchio, e una raccolta come “Masini +1 30esimo anniversario” per mettere tutto in ordine e arrivare poi a concepire questo nuovo album?
«Credo che siano stati importanti tutti i brani, sia quelli conosciuti che quelli sconosciuti. Sono state importanti le persone che sono state con me e quelle che mi hanno abbandonato, perché mi hanno insegnato a tenermi stretto un cerchio di collaboratori, di autori e di amicizie. Sono state importanti le porte aperte e quelle che mi hanno chiuso, così come i momenti brutti, dove ho imparato ad apprezzare quelli belli. “10 amori” è figlio di tutte le cose importanti che ho ricevuto nella vita. Se dovessi cambiare anche solo una piccola virgola di quello che mi è successo, potrei rischiare di non essere qui a raccontare di questo album e la cosa mi dispiacerebbe, perché dove sono e quello che ho fatto mi rappresenta e racconta tutto quello che ho vissuto. E non c’è cosa più bella che poterlo raccontare».
Nico Donvito
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