A tu per tu con la cantautrice tarantina, in uscita con il profondo e suggestivo singolo intitolato “Povero Dio“
La poesia di Mariella Nava non conosce limiti spazio-temporali, attraverso le sue canzoni ha saputo immortalare momenti e suggestioni che si ripetono, trasformano, ripropongono a seconda delle situazioni. Pensiamo, ad esempio, al ritornello di “Così è la vita”, a quel liberatorio “la la la la là” che ognuno di noi, in cuor suo, ha cantato a squarciagola in modalità silenziosa, per poi concedersi in maniera corale, risolutiva e liberatoria sui nostri balconi di casa. Questo il potere universale della musica, espresso all’ennesima potenza in “Povero Dio”, il nuovo singolo dell’artista, disponibile negli store digitali dallo scorso 13 maggio. In sintesi, l’ennesima carezza sull’anima.
Ciao Mariella, bentrovata. Sono contento di poter realizzare questa chiacchierata con te, in questo preciso momento storico assume un valore ancora più importante, proprio come il tuo nuovo singolo intitolato “Povero Dio“. Cosa rappresenta esattamente per te?
«Una catarsi infinita, questa canzone è nata con la voglia di raccontare cosa eravamo diventati prima del lockdown, la nostra vita era una corsa continua e frenetica, eravamo così presi da noi stessi che non riuscivamo nemmeno ad occuparci degli altri. Questo virus ha devastato la nostra nazione e il mondo intero, allo stesso tempo ha dato un’indicazione, ci ha posto di fronte ad una grande realtà: avevamo perso di vista il nostro ritmo biologico. Non so quando la nostra vita potrà riprendere regolarmente, ma sono certa che sentiremo una certa fatica fisica, perché il nostro corpo si è adagiato su di un bpm più lento, umano e, forse, anche più giusto. Questa canzone era dentro di me ormai da tempo, ho semplicemente lasciato che si aprisse quel cassetto per permettere, anche alle persone più distratte, di poterla ascoltare in questo clima di profondo cambiamento. C’è stato un terremoto, in questo sisma emotivo dobbiamo sforzarci di ritrovare l’indirizzo della felicità, con uno sguardo differente, nuovo».
Questo pezzo viene alla luce in un momento davvero particolare, da una parte l’emergenza sanitaria, dall’altra questo conseguente tsunami economico che crea la più totale incertezza. E’ incredibile come nella sua storia, l’uomo si sia ritrovato più volte a dover scegliere tra la salute e il proprio posto fisso. Da tarantina ne sai qualcosa… con quale spirito affronti tutto questo?
«Da cittadina del mondo, hai detto bene. vengo una realtà come quella di Taranto che, in tal senso, mi ha vaccinata. Nella morsa salute-economia, mi ci sono ritrovata sin da subito. da parenti ad amici, la vita della mia città è un continuo braccio di ferro, una città che si stravolge nella sua bellezza arrivando ad essere devastata da questo rosso sputato dalla ciminiera, le polveri di ferro, ma non è solo l’ex-Ilva, ci sono tanti altri danni, c’è l’amianto, il petrolio con la raffineria, non da meno anche la malavita che, come in tante altre realtà, interviene a complicare. Insomma, tutte situazioni che mi hanno resa forte, perché non puoi crescere se non hai la contezza di tutto questo, se non ti schieri da qualche parte, personalmente ho sempre scelto l’incolumità dell’esistenza, il diritto di esistere nella maniera più felice, più sana, più pura possibile, incorrendo il rischio di scontrarmi contro dei poteri, contro delle forze. Mi è capitato di sposare battaglie in favore della sanificazione del luogo, della bonifica, spesso in prima linea. Quella che stiamo vivendo oggi è una sanificazione più profonda, che va al di là di quanto ci viene indicato per decreto, occorre rispettarci e crescere come umanità, questo è un lavoro non da poco».
Quale impatto emotivo pensi che avrà tutto questo sulle nostre vite? Ne usciremo davvero migliori come dicono?
«I migliori sì, spero che anche qualche peggiore diventi migliore per qualche sano traslato delle cose. Non mi aspetto di certo tutti, anzi, tendenzialmente i peggiori peggioreranno come sempre, com’è naturale che sia perchè non possiedono gli strumenti. L’auspicio è che si applichino un pochino di più, che anche loro possano inserirsi in un cammino nuovo e utile per loro stessi. Bisogna che ci si soffermi sul perché abbiamo attraversato tutto questo, se ci sforziamo a trovare una ragione allora, forse, la nostra vita può cambiare davvero in meglio».
A livello discografico, sono stati fatti un sacco di appelli nei confronti dell’intera categoria, alcune dichiarazioni sono state anche travisate. Qual è la tua posizione a riguardo?
«L’industria musicale stava già a pezzi, diciamocelo chiaramente, perché da un po’ di tempo il disco era diventato un vero e proprio oggetto in via di estinzione, l’intero settore ha subito una grande perdita con l’avvento di internet, la rete ha fornito una fruizione facile, semplificata, diretta e, forse, con una produzione eccessiva, non selezionata come in passato, perlopiù gratuita. Nonostante questo, credo che la musica buona, anche in un percorso così difficoltoso, possa riuscire a trovare con le sue gambe un’utenza che dia un ascolto diverso, soprattutto in questo tempo in cui un po’ tutte le generazioni si sono riversate sullo streaming, perché non è che ci sia chissà quale altra alternativa. Tutti ormai utilizzano il digitale, per cui è cambiato anche il tipo di richiesta, c’è la necessità di una musica di offerta differente, ecco perché poi si sono aperte le persiane dei nostri balconi e le canzoni più gettonate, anche dai giovani, erano “Nel blu dipinto di blu” o “Azzurro”, non hanno di certo cantato un brano rap o almeno io non l’ho sentito (ride, ndr)».
“La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme”, prendo in prestito questa bellissima frase di Ezio Bosso per ricordarlo insieme a te…
«Una grande perdita per la musica, per i musicisti e per i giovani che si sono tanto riconosciuti nelle sue parole. Tutti quanti abbiamo imparato tanto dal suo modo di spiegare e semplificare anche le nozioni più complesse. La sua vitalità era incredibile, ci ha insegnato come una passione può regalare così tanta forza, perché lui trovava la sua energia proprio nella musica, la sviscerava nello stesso modo in cui una donna partorisce un figlio. Del suo esempio dobbiamo farne tesoro, è incredibile come tutto quanto confluisca sempre in questa direzione, ricordandoci che dobbiamo smettere di odiarci, che non dobbiamo perdere tempo in cose inutili perché la vita è effimera, veloce, fragile e dobbiamo impiegarla ricercando la bellezza. Lo sostengo da sempre, in modo particolare dall’inizio di questa quarantena: il segreto è la bellezza, credo che la utilizzeranno anche per il vaccino (sorride, ndr)».
Stiamo cambiando, così come cambierà la richiesta musicale da parte del pubblico. Al di là delle origini conterranee, la vittoria di Diodato a Sanremo è un ottimo auspicio perché torna a dare voce, respiro e rumore al cantautorato. In fondo, anche il Festival si ritroverà a fare i conti con un mondo che sarà profondamente diverso…
«Mi auguro che siano stati attenti a quel che è accaduto, alla musica che cambia perché il suono del mondo è cambiato. La rabbiosità che c’era prima, a tratti denunciataria ma non sempre così costruttiva, in qualche modo lascerà spazio alla pacatezza del pensiero, ad una maggiore attenzione del contenuto. Riguardo l’ultima edizione del Festival, ho apprezzato Diodato sin dal primo ascolto, così come l’eleganza di Tosca, anche Levante, ho fatto il tifo anche per le due giovani Gabriella Martinelli e Lula che hanno portato un brano per la mia terra, ma per campanilismo, bensì perchè per noi donne è più difficile, è giusto ricordarlo».
A proposito di progetti al femminile, come prosegue questo progetto in trio con Grazia Di Michele e Rossana Casale? Come si incastra “Povero Dio” in questa nuova fase del tuo percorso?
«Ognuna di noi ha una sua storia individuale, un proprio percorso da cantautrice, ce lo siamo già dette nella nostra pattuizione di trio (sorride, ndr), è bello stare insieme ma è anche bello che ciascuna di noi prosegua per la sua strada, ponendo attenzione ai vari incastri, per dare giusto risalto al nostro progetto comune. In questo momento di attesa e di preannuncio di qualcosa di nuovo insieme, ho voluto porre questo piccolo regalo, naturalmente ci siamo confrontate e stiamo lavorando a distanza. Molto presto, tra un mesetto, uscirà un singolo insieme e, si spera di poter riprendere anche il nostro tour che stava andando benissimo. Parallelamente continuerò a pubblicare anche qualcosa di mio ogni tanto, fino all’uscita di quello che sarà il mio prossimo disco. Non vedo l’ora di farlo uscire, ci sono un sacco di cose che mi piacciono tanto».
Per concludere, che messaggio ti senti di rivolgere a chi in questo momento non avverte solitudine solo dal punto di vista fisico, a chi vive nella più totale incertezza emotiva, a chi ha paura del futuro?
«Ho letto che, mai come in questo momento, ci sono telefonate ai vari centri d’ascolto di gente che si sente sola, o donne che denunciano l’aumento delle violenze domestiche. Tante diverse realtà che sono venute fuori in questo momento. Quello che mi sento di dire è che, grazie alla tecnologia, la solitudine è solo un’illusione, se ci riflettiamo bene non siamo soli veramente. Certo, in questo caos generale, bisogna cercare bene l’altra persona che è disposta ad ascoltarci, a regalarci un abbraccio distanziato. C’è sempre una persona disponibile, non bisogna pensa di essere soli, non è vero che il mondo è cattivo, personalmente ho una buonissima esperienza. E’ veramente difficile sentirsi soli in questo mondo, anzi, credo che sia proprio impossibile, guarda un po’ (sorride, ndr)».
Nico Donvito
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