A tu per tu con la giovanissima artista, indiscussa protagonista della dodicesima edizione di X Factor
Ciao Martina, partirei parlando del tuo “Cherofobia Tour”, come ti stai preparando a questi primi live?
«Ho iniziato ad allenarmi a livello aerobico in quanto ci saranno delle coreografie curate da Patrizio Ratto, per cui in alcuni momenti dello spettacolo mi vedrete anche ballare (sorride, ndr). Oltre alla palestra e alla preparazione fisica, a breve inizieremo le prove, sto frequentando lezioni di canto perché trovo che lo studio sia fondamentale e non si smette mai da imparare. C’è un po’ di agitazione, ma il lavoro di preparazione è importante per far sì che vada tutto al meglio».
Cosa proporrai durante lo spettacolo? Si accettano spoiler…
«In primo luogo tutte le canzoni presenti nel mio primo EP, più alcuni inediti e diverse cover, ma abbiamo cercato di non scegliere soltanto pezzi lenti. Tra i momenti che più mi entusiasmano c’è il medley che Lady Gaga ha proposto al Superbowl nel 2017, composto da “Poker face”, “Born this way”, “Telephone”, “Just dance”, “Million reasons” e “Bad Romance”. Poi posso anticiparti che ci saranno anche “La canzone di Marinella” di Fabrizio De Andrè in versione piano-voce e “Pesto” di Calcutta».
I numeri di “Cherofobia” sono impressionanti, un incredibile successo. Come te lo spieghi?
«Onestamente credo che abbia inciso molto il titolo, il termine “Cherofobia” ha incuriosito le persone, infatti è stata tra le parole più cercate su internet del 2018. Se la canzone si fosse chiamata in un altro modo, tipo “Fa paura la felicità”, non avrebbe ottenuto lo stesso successo. Poi, ha inciso sicuramente anche la verità del testo, in cui ognuno ci si può rispecchiare perché si adatta a tutte le età e le esperienze di vita».
Quando si ottiene un successo così importante si corre il rischio anche involontariamente di ripetersi. Cosa dobbiamo aspettarci dalle tue nuove canzoni?
«Il prossimo singolo si intitola “Piccoli eroi” e uscirà nelle prossime settimane, parla di bullismo per cui come tematica non affronta una problematica mentale, ma rappresenta comunque una condizione di disagio. Di conseguenza non ho scelto di propormi con qualcosa di totalmente distante, che ne so con una canzone d’amore, ho voluto mantenere comunque un legame. Come genere sto seguendo questo mix tra rap e cantautorato, tra parlato e cantato, perché è il tipo di linguaggio che più mi rappresenta oggi».
Facciamo un salto indietro nel tempo, nel tuo caso brevissimo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?
«Credo che sia nata insieme a me, ho scoperto la mia predisposizione per il canto da piccolissima, i miei genitori facevano gli animatori, ho sempre vissuto e respirato nella musica, sono sempre stata attratta dal mondo dello spettacolo. E’ stato un processo naturale, un po’ come bere un bicchiere d’acqua, non ti chiedi se ti piace o meno il sapore, lo fai e basta perché è necessario per la tua sopravvivenza».
Che bambina sei stata?
«Guarda, mi reputo affetta da “peterpanite”, perché non voglio assolutamente crescere. Quindi, sono stata e sono tutt’ora una bambina solare, molto estroversa, secondo mia mamma anche un po’ fanatica… probabilmente ha ragione lei perché ho recentemente ritrovato una foto di classe dove mi ero firmata scrivendo “mi ricorderò di te quando sarò famosa” (ride, ndr). Forse prima ero più determinata, crescendo ho perso un po’ di sicurezza, ma forse è un bene perché la vivo in maniera molto più tranquilla e serena».
Hai dichiarato più volte di essere cresciuta a “Pane, burro e Renato Zero”. Essendo anche io figlio di una mamma sorcina, quali sono le sue canzoni che ti hanno più colpito o, se vogliamo, “tormentato”?
«Beh, sicuramente “Triangolo” mi ha un pochino tormentato perché mio papà la metteva quasi sempre (ride, ndr), ma la canzone che più preferisco di Renato, sarà scontato dirlo, è “I migliori anni della nostra vita”, che credo sia un capolavoro. Per fortuna, ogni tanto, in macchina e in casa si ascoltava anche altro, ricordo che mi piaceva molto Edoardo Bennato, infatti tra le mie canzoni preferite c’è “L’isola che non c’è”».
Analizzandola a distanza di qualche mese, cosa ti ha lasciato l’esperienza di X Factor?
«Sicuramente più consapevolezza, ho avuto la possibilità di lavorare con tantissimi professionisti cercando di sfruttare al massimo le opportunità di un palco così importante. Penso di essere cresciuta anche a livello personale, di essere maturata anche grazie a questa bella e intensa esperienza, che considero un po’ come una panoramica su quello che è il mestiere del cantante».
Ti senti rappresentata dall’attuale mercato discografico?
«Che domandona (ride, ndr). Direi di no e forse è meglio così, perché riesco ad esprimermi ancora più liberamente, tirando fuori il più possibile me stessa, senza badare troppo ai paragoni».
In che modo descriveresti la tua generazione?
«Sento un gran parlare degli adolescenti di oggi, per lo più in maniera negativa, ma credo che non si possa generalizzare, come ogni generazione ci sono persone serie e altre più frivole, personalmente ho la fortuna di essere circondata dalle giuste compagnie, questo è importante e fondamentale per me. Ci sono tanti ragazzi meravigliosi, determinati e pieni di talento. Musicalmente parlando, in questo momento va di moda la trap o comunque canzoni che non hanno, secondo me, un grandissimo senso logico, ma non si può fare di tutta l’erba un fascio, perché ci sono giovani artisti promettenti che magari hanno meno visibilità».
Pensi che l’avvento del web abbia agevolato o complicato i rapporti umani?
«Forse entrambe le cose. Durante la mia partecipazione ad X Factor siamo stati isolati dal mondo, non avevamo telefoni e non potevamo comunicare con nessuno. A me è più mancato non poter parlare con la mia famiglia e i miei amici, rispetto ad andare a postare frasi o foto online. E’ stata un’esperienza formativa, perché mi ha permesso di concentrarmi su me stessa, senza badare ai commenti o ai like. Leggevo un articolo parlava proprio di questo, senza social si potrebbero leggere almeno 200 libri in più in un anno, questo dovrebbe farci riflettere. Poi, ovvio che il web abbia portato anche tanti fattori positivi, c’è tanta diffusione di informazioni, ma bisogna saper utilizzare la rete a proprio vantaggio e non lasciarsi intrappolare».
«Rispetto a quando ero più piccola sono sicuramente più organizzata, l’esperienza di X Factor mi ha portato inevitabilmente a progettare le mie giornate, addirittura ho comprato un’agenda dove trascrivo gli appuntamenti. Ho capito che per me è molto importante avere una lista di obiettivi, anche a medio termine, ho bisogno di sapere cosa devo fare tra una settimana o un mese, per potermi preparare psicologicamente».
Per concludere Martina, cosa vorresti riuscire a trasmettere al pubblico che ti verrà ad ascoltare dal vivo?
«Vorrei che le persone riuscissero a divertirsi e, allo stesso tempo, anche a riflettere. Vorrei cercare di abbattere qualsiasi tipo di muro e instaurare con il pubblico un dialogo, uno scambio reciproco di emozioni. Vorrei affrontare questi spettacoli con lo spirito tipico degli incontri di famiglia».
Nico Donvito
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