sabato, Aprile 20, 2024

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Matteo Camellini: “La musica ha il dovere e il potere di fare riflettere” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane cantautore emiliano, attualmente in radio con il singolo “Dire di no”

Tempo di nuova musica per Matteo Camellini, artista che ricordiamo per la vittoria del concorso nazionale “Festival Estivo” nel 2016 e la partecipazione ad “Amici” di Maria De Filippi dell’anno successivo. A due anni di distanza dal lancio del suo precedente singolo d’esordio “Illusione”, il giovane cantautore classe ’94 torna in radio con “Dire di no”, brano maturo che denuncia episodi di violenza fisica e psicologica, bullismo, omofobia e razzismo, abusi sempre più comuni all’interno della nostra società.

Ciao Matteo, partiamo dal tuo nuovo singolo “Dire di no”, cosa rappresenta per te?

«“Dire di no” è il mio secondo figlio discografico. Nasce dal bisogno di parlare ai giovani di argomenti per me importanti quali il bullismo, la violenza, il razzismo e l’omofobia. Viviamo nel 2019 e sembriamo essere tornati indietro quindi nel piccolo ho scelto, tramite la musica, di lanciare un messaggio alle nuove generazioni. Insieme al mio team di produzione abbiamo scritto un brano che in tre minuti vuole incoraggiare chi è stato vittima di uno di questi mostri a ‘Dire di no’ e ad andare avanti come la fenice che risorge dalla cenere. Credo fermamente che la musica oltre a intrattenere e divertire abbia il dovere e il potere di fare riflettere e, dopo il mio primo singolo ‘Illusione’ che parlava dell’attaccamento morboso ai Social Network come Instagram, con questo singolo ho voluto osare un po’ di più a livello di contenuti, senza perdere il mio genere elettronico e spensierato».

Un testo di denuncia, com’è stato il tuo approccio alla scrittura per un tematica così delicata?

«La scrittura di un brano dai contenuti così importanti ha avuto bisogno di tempo, di pazienza e di riflessione. Oltre a comporre e a cantare, insegno e ho quotidianamente modo di entrare in contatto con i ragazzi e ho scelto di ascoltarli. Molti di loro hanno tante cose da dire, tante cose di cui hanno paura e molti di questi non hanno il coraggio di condividerle. Io in primis da bambino sono stato vittima di bullismo e l’argomento mi tocca particolarmente. In più ho avuto la fortuna di viaggiare e il vivere a Londra mi ha aperto gli occhi più di quanto già non lo fossero. Le news ai telegiornali sul il razzismo, la violenza (su uomini e donne) e l’omofobia mi hanno davvero fatto riflettere e così ho deciso che il mio secondo singolo avrebbe dovuto lanciare un messaggio: positivo, attuale e sentito. Scrivo sempre partendo al pianoforte, mi confronto con Marco Baroni, co-autore del brano e Silver che mi ha aiutato nella composizione per poi portare il risultato al mio produttore, Alex Bagnoli. Abbiamo insieme scelto il modo in cui lavorare il brano, l’arrangiamento e il linguaggio scelto».

A cosa si deve la scelta di sonorità così potenti e, per certi versi, insolite per questo genere di argomenti?

«Sono un amante del genere pop in tutte le sue sfumature, dall’elettronico, all’acustico, all’indie. Per questo brano ho voluto puntare su un genere che fosse energico abbastanza da essere orecchiabile e ballabile senza però perdere una sfumatura dark nelle strofe. Nel ponte abbiamo scelto di aggiungere una traccia vocale distorta come fosse un urlo che sale dal profondo e nel ritornello invece abbiamo doppiato più volte le voci come fossero più persone a cantare. Sicuramente il genere è insolito quando si parla di queste tematiche ma ho pensato bene a qual è il mio pubblico ovvero i giovani e a un genere che potesse farli riflettere e donare grinta allo stesso tempo».

Hai raccontato di essere stato anche tu in passato vittima di bullismo, ti va di parlarne?

«Quando ero bambino ero spesso vittima di bullismo per le più svariate e stupide ragioni. Ho perso mia madre quando avevo 9 anni e alle elementari non mancavano cattiverie come: ‘Tu non puoi parlare perché non hai la mamma’ facendomi sentire diverso e escluso. Mi prendevano in giro per il mio aspetto, per come mi vestivo e addirittura ad alcuni compagni di classe non andavo bene perché a scuola ero bravo e mi impegnavo e il risultato era che non venivo scelto quando si formavano le squadre, nei giochi…  Non ho mai parlato di questo con nessuno finché non ho conosciuto la musica e ho avuto modo di sfogarmi e raccontarmi. Già a 8 anni scrivevo i primi testi ma è stata la mia esperienza a Londra a formarmi e a darmi la confidenza per cantarli. Il bullismo, come ogni forma di discriminazione va denunciata e combattuta. Siamo nel 2019 e non possiamo più chiudere gli occhi o ridimensionare situazioni che davvero incidono su chi siamo».

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip?

«Il videoclip, girato da James Kye in collaborazione con Soundless Studio rappresenta tre scene: la violenza fisica, il bullismo e la violenza sul luogo del lavoro. Ho voluto tre protagoniste femminili perché la violenza sulle donne è uno dei messaggi che volevo mandare. Tutte e tre subiscono un tipo di violenza, fisica e psicologica, ma scelgono di ‘Dire di no’. Nella prima scena la ragazza inizialmente è vittima di un contatto non corrisposto, scende dalla macchina, sbatte la portiera e si allontana; nella seconda la ragazza viene prima isolata dal suo gruppo di ballo ma alla fine sceglie di affrontarlo e riesce a integrarsi; nella terza vediamo la protagonista urlare contro il suo datore di lavoro nonostante gli sguardi indifferenti e non curanti dei suoi colleghi, da qui una frase del testo: tanto chi ha visto tutto poi non parlerà».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la passione per la musica?

«Ho sempre nutrito un fortissimo legame con la musica. Da bambino ero solito cantare in macchina con mia zia, ma in casa ero piuttosto timido. Mia madre era un soprano nel coro comunale di Sassuolo, mio padre un ex dj radiofonico e amante della musica a 360 gradi. Ho iniziato a scrivere testi quando avevo 8 anni ma lo studio del pianoforte e del canto è giunto poco dopo: partendo dal conservatorio di Reggio Emilia e finendo a Londra dove mi sono laureato alla BIMM Institute of Music».

Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato la tua crescita?

«Da parte di mio padre ho avuto modo di conoscere diversi generi musicali soprattutto rock. È stato lui a regalarmi il mio primo album degli U2 e tuttora andiamo insieme a concerti di Muse, Imagine Dragons e Kiss. Mia madre era un soprano e mi ha fatto amare la musica classica che ho studiato al conservatorio mentre mia zia era solita farmi ascoltare il pop e la dance: Michael Jackson, Aretha Frankiln e Gloria Gaynor. Io sono il risultato di questo mix e nonostante non abbia un genere musicale preferito, sicuramente sono un estimatore di quegli artisti capaci di comunicare i loro messaggi oltre che con la musica, con i loro personaggi e i loro video musicali. Sicuramente i Coldplay sono per me molto importanti, ma di attuale apprezzo Ed Sheeran e Dua Lipa. Lady Gaga è una grande artista capace di mutare forma come prima di lei Freddie Mercury, David Bowie e Elthon John».

Nel 2017 partecipi ad “Amici di Maria de Filippi”, cosa ti ha lasciato questa esperienza?

«L’esperienza di Amici ti forma molto e ti mette a dura prova, bisogna saper incassare i giudizi dei professori e sapere quando è il momento di parlare e quando non lo è, come nella vita. Poter cantare in quello studio dei miei brani è stato un grande traguardo come anche il poter dire di aver conosciuto discografici e artisti fenomenali! Chiunque voglia entrare nel mondo della musica sa bene che la televisione è uno strumento potentissimo oltre che pericoloso ma da un momento all’altro ti potresti ritrovare invece che sotto il palco, sopra. Un ricordo che porterò sempre con me, per quanto inusuale, è l’odore di elettricità di quello studio televisivo e la costante emozione e ansia nell’aria prima di salire sul palco».

In cosa si differenzia “Dire di no” rispetto al tuo singolo d’esordio “Illusione”?

«”Illusione” sicuramente è un brano più estivo, scritto e prodotto per un pubblico molto giovane che spesso sviluppa un’ossessione per i social quali Instagram e Facebook. Diciamo che essendo il mio primo singolo, ho un forte legame e inoltre grazie al Radio Bruno Estate ho avuto modo di cantare alle piazze davanti a migliaia di persone. “Dire di no”, d’altro canto è come ho anticipato prima un brano più maturo dal punto di vista delle liriche a cui però ho deciso di allegare una base comunque energetica. Con entrambi ho voluto lanciare messaggi sociali, ma penso che “Dire di no” sia oltre che attuale, molto più intenso. Credo moltissimo nell’importanza del messaggio che lancia e mi auguro che possa arrivare e aiutare più persone possibili oltre che a educare».

Da adesso in poi, in che direzione andrà la tua musica?

«Questa è una domanda difficile: sicuramente non abbandonerò la scelta di brani orecchiabili e leggeri ma vorrei sperimentare nella composizione e produzione di brani in inglese oltre che dalle sonorità più intime. Ho collaborato con diversi produttori e ora credo di aver finalmente inquadrato il mio genere e il mio target di pubblico. Ho sempre voluto scrivere e pubblicare un concept album in cui ogni brano è un collegato all’altro. Voglio concentrarmi sulla scrittura di brani che continuino a lanciare messaggi e che possano essere recepiti come un’ancora di salvezza. Per non parlare dell’aspetto dei video e dell’immagine di cui però non potrò rivelare nulla fino alla pubblicazione (sorride ndr)».

Per concludere, quale messaggio vuoi lanciare nei confronti di chi, ancora oggi, è vittima di abusi? 

«Ogni situazione necessita un discorso preciso e diverso ma in generale consiglio di parlare con i genitori o insegnanti in modo da renderli partecipi per poi insieme trovare la strada per prenderne consapevolezza, affrontare il problema,  denunciarlo e reagire. Spesso i ragazzi si vergognano a condividere queste cose ma è fondamentale che capiscano, che si può “Dire di no” e si deve trovare il coraggio per farlo. Io in prima persona ci sono arrivato solo dopo alcuni anni e il mio scopo anche tramite i live, è quello di raggiungere i ragazzi e ascoltarli e come una fenice risorgere assieme».

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.